di Alessio Calò
Le varie e simpatiche omo-iniziative legislative in
discussione all'interno delle aule del nostro bel Parlamento, in particolare
quella sul matrimonio omosessuale (la dicitura non è proprio questa perché i
pidi(oti)ni si credono scaltri in fatto di neo-lingua), mi hanno portato a
riflettere e ad indagare sulla vera natura del matrimonio, per capire quale sia
la causa che, paradossalmente, in una società individualista e quindi
divorzista come quella in cui viviamo da ormai 40 anni, porta il mondo
omosessuale (anzi, una sua piccola fettina gay) a rivendicare il diritto di
avvalersi di un istituto giuridico che ormai non interessa più nemmeno agli
eterosessuali.
In un suo straordinario intervento
di qualche anno fa (che consiglio vivamente di leggere) il Card. Caffarra offre
- con gli strumenti della sola ragione - una solida e profonda fondazione del
concetto di matrimonio: esso si basa "sulla natura della persona
umana, in quanto esso realizza nell’unità le sue inclinazioni sessuali di
ordine sia spirituale che biologico, secondo la verità intera della persona
medesima". "La "naturalità" del matrimonio consiste
[quindi] nel suo essere il fine dovuto della reciproca inclinazione-attrazione
fra la persona umana-uomo e persona umana-donna", e, in quanto fondato
sulla natura umana, precede la libera autodeterminazione degli individui: "l’affermazione
del matrimonio come istituzione la cui intima configurazione non dipende dalla
libera determinazione di chi si sposa è la conseguenza necessaria della
fondazione del matrimonio nella natura della persona umana". Infine,
"è in ragione del bene della persona che la comunità coniugale è esigita,
e non semplicemente a causa del fatto che è voluta e fin che è voluta":
ecco quindi le ragioni della fedeltà dei coniugi e quindi dell'indissolubilità
del matrimonio.
Vediamo quindi come la natura umana esiga che il matrimonio sia eterossesuale e indissolubile: con le forze della sola ragione (e senza scomodare la teologia, che comunque permettere di comprendere la natura sacramentaria del matrimonio, conferendone un valore estremamente più elevato) si può quindi manifestare una razionale e vigorosa opposizione agli abomini del divorzio, breve o lungo che sia, e delle unioni, etero o omosessuali che siano.
D'altronde, logica vuole
che se il matrimonio si definisce come comunione dei coniugi nel dono reciproco
di sé (naturalmente aperto alla vita), esso debba essere definitivo e complementare (nonché fecondo). Questo ragionamento comporta quindi anche l'affermazione del legame indissolubile che esiste tra coniugalità e genitorialità.
Riflettendo su quanto detto, si nota bene come la
concezione moderna di matrimonio sia molto distante dall'ottimo antropologico:
l'amore coniugale, che si fonda sulla natura umana e richiede l'impegno della
volontà ed il discernimento dell'intelletto in vista di un progetto comune destinato ad altissime Vette, non è certamente l'amore (o
meglio, l'innamoramento) romantico, che richiama solamente l'emozione sensibile ed il sentimento fugace e si basa sulla libera autodeterminazione degli individui.
Sottolineato questo, la proposta provocatoria ma
condivisibilissima di Messori di ripristinare il matrimonio combinato, comparsa
in un'intervista rilasciata un paio di anni fa, mi porta a suggerire
a tutti i giovani che leggono questo blog di chiedere (celermente) ai
propri genitori di darsi da fare per trovar loro un fidanzato/a, al fine di convolare presto
a sante nozze. In realtà, visto il livello etico-antropologico di molti
genitori, suggerisco di affidarsi a qualche bravo sacerdote, che potrebbe
avvicinare giovani "soli" da benedire un giorno all'altare. Pensateci bene: chi
meglio di un buon sacerdote conosce (grazie ad una seria attività pastorale)
virtù e vizi dei propri fedeli e delle loro famiglie, così da combinare
matrimoni (e anche patrimoni) come Dio comanda?
Siccome sento già alcuni borbottii, soprattutto da
parte femminile, ricalibro subito il suggerimento, adattandolo ai tempi
moderni, caratterizzati dal giusto rispetto per la libertà degli individui, in questo caso giovani. Si potrebbe stabilire una soglia anagrafica oltre la quale sarebbe opportuno richiedere una mediazione matrimoniale esterna per chi, a causa di vari motivi, non fosse riuscito ad
organizzarsi in tal senso. La soglia di età che suggerisco sarebbe di 30 anni. Mi
sembra una proposta ragionevolissima: non lede l'autonomia del soggetto (anzi
lo porta al suo naturale compimento, senza che poi pianga una solitaria
vecchiaia), e soddisfa le necessità della Chiesa (nonché della società stessa), che ha tanto bisogno di neonati-virgulti che possano un giorno portare frutto.
Sposarsi è meglio (lo dice anche san Paolo: 1 Corinti
7,9); in casi "estremi" è ancora meglio farsi aiutare, magari da una persona saggia che
ci conosce e ci ama, e che conosce e ama la Chiesa.
Caro Alessio Agato Calò,
RispondiEliminase nessuna ti si fila "neanche di striscio" non è che devi per forza invocare i matrimoni combinati....
Tra l'altro se già due persone che si amano statisticamente si fanno le corna dopo sette anni di matrimonio, figuriamoci cosa farebbero due che non si amano proprio e stanno insieme solo per fare un piacere ai genitori o peggio al prete.
EliminaMicus
Sono felicemente fidanzato, e tu dovresti rileggere meglio l'articolo.
EliminaGrazie dei commenti
AAC
Caro Micus, il problema è - per così dire - di presupposti. Quelli che, come dici tu, "si amano e dopo sette anni si fanno le corna" in realtà non hanno nessuna seria idea della vita matrimoniale. Si sposano sulla base del sentimento del momento, pieni di buone intenzioni: ma la passione e il sentimento sono sempre volubili, se non si fondano su qualcosa di più solido.
EliminaSembra brutto dirlo, ma spesso e volentieri "l'amore" non ha nulla a che vedere con la solidità dell'unione matrimoniale e della vita familiare.
Sfondi una porta aperta. Sono anni che mi lapidano perché alle coppie in crisi dico che il matrimonio non è solo amore, ma una missione.
EliminaMicus
Il mio è un discorso che si basa sulla legge naturale. I casi di cui parli tu sono accennati nell'intervento di Caffarra.
RispondiEliminaGrazie dei commenti
AAC
Articolo da incorniciare ;)
RispondiEliminaPaolo Maria Filipazzi
Non capisco il senso del commento di Micus. L'articolo non pone affatto il matrimonio in contrapposizione alla vita consacrata, che mantiene inalterata la sua grandezza.
RispondiEliminaIn virtù del battesimo siamo tutti sacerdoti, e anche se non ordinati o consacrati anche i laici devono aspirare alla verginità ed al celibato/nubilato affinché la loro vita sia tutta orientata a Dio, poi ognuno ha i suoi carismi e la sua vocazione. Lo Spirito Santo illumina l'uomo circa lo stato di vita da condurre...se restare celibe o sposarsi.
RispondiEliminaMicus
"Chi meglio di un buon sacerdote conosce (grazie ad una seria attività pastorale) virtù e vizi dei propri fedeli e delle loro famiglie, così da combinare matrimoni (e anche patrimoni) come Dio comanda?"
RispondiEliminaPerché, ci sono in giro buoni sacerdoti? Cioè persone che siano pastori d'anime e non animatori parrocchiali, tenutari di corsi prematrimoniali, fundraisers, organizzatori di campeggi e viaggi in terre più o meno sante, doposcuolisti, cantanti e pensosi predicatori?
Se poi in parrocchia vi arriva il prete filippino o ghanese? E se, dopo 10 anni, il buon parroco di Carugate di Sotto - che aveva appena imparato a conoscere le sue pecorelle e le loro inclinazioni - viene trasferito a Vergate Brianzole?
E poi, ammettilo, per apprezzare i matrimoni combinati bisogna essere cattolici davvero: e i cattolici per davvero sono defunti con il vecchio don Lisander.
Peccato: era una buona idea, ma manca il materiale umano.
Manlio Pittori
La verginità o il celibato consacrati, attenzione. Si può essere vergini/celibi perché si disprezzano gli altri, o perché non si vogliono avere grattacapi, o perché non si trova un compagno: questo non è affatto meglio del matrimonio.
RispondiEliminaAi non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere» (1Cor 7,8-9)
RispondiEliminaMicus
Appunto: come lui, che si era consacrato a Dio. Non credo che san Paolo avrebbe detto che la verginità delle vestali era superiore al matrimonio cristiano.
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