La liturgia sta
alla vita cristiana come il Big Bang all'universo. Un piccolo cambiamento
all'origine può modificare tutto lo svolgimento.
Che un gesuita e
una ballerina si permettano di modificare la liturgia, quasi a imporre una
modifica dal basso è semplicemente un sacrilegio. Ma Roberta non desiste: «Perché
questo accada, bisognerà rivoluzionare la disposizione attuale: via i banchi, tutto
lo spazio occupato dall’assemblea lasciato libero perché i fedeli possano
muoversi, danzare il rito. Se c’è un Papa che può capire la sfida, sembra
proprio l’attuale: gesuita, argentino, molto fisico nel modo di porsi,
spregiudicato e stratega quanto occorre».
Francesco vigili.
È vero che ogni ventata rivoluzionaria fa sentire forti, ma nove volte su
dieci le ventate rivoluzionarie hanno solo reso più eretico il popolo, e hanno
dannato anime. Specialmente quando erano movimenti dal basso. Comunque, nel caso
permanessero dubbi, c'è sempre il parere illuminato e politicamente corretto
del prelato negro, il quale – con piglio degno dei più sagaci moralisti e del
loro articolato ‘oggetto morale’ – mentre apprezza la danza africana in
liturgia, riconosce che quella propriamente non è danza, ma solo "un
movimento aggraziato che esprime gioia", e che fa tutt’uno con
l’espressione culturale nera o gialla che sia.
E così si riporta
il discorso alla sua radice culturale. Il problema della danza è infatti un
problema di cultura. E la cultura è una cosa che il popolo ha scritta in se
stesso, non è un pallino di due teorici superbi, individualisti e
rivoluzionari.
Ora, sarà un caso,
ma nella cultura occidentale la danza è il filo rosso che – dalle discoteche,
ai ghetti, alla ruleta sexual, ai rave party – connota le manifestazioni più
apertamente antinomistiche e dissolutrici. Ma, per carità, non
sarò io a volermi contrapporre a Nietzsche. Soprattutto se l'intero episcopato
sceglie di mandare a putt*** la liturgia per il gusto di un flash-mob
brasileiro.
Ciò detto, lungi da
me apparire uno stoccafisso vetero-liturgista! Piuttosto, parlando di putt***
mi veniva una curiosità: a quando la reintroduzione della prostituzione sacra
in liturgia? Non nego che guarderei alla cosa con interesse. Guarderei con più
interesse anche alle danzatrici, soprattutto se poco velate.
Roberta stia
tranquilla, non ne farò voce con nessuno: sarà la nostra rivoluzione del basso!
Come data di inaugurazione proporrei il 22 luglio, memoria della Maddalena.
Del resto, a ben
vedere, bisogna avere in sé il caos per partorire una stella che danzi.
Provo vergogna e disgusto.
RispondiEliminaMi vien da dire che certe "ventate rivoluzionarie" fanno venire la laringite (con conseguente afonia) alla liturgia!
RispondiEliminaÈ la medesima questione che c'è alla base delle musiche troppo elaborate che attirano l'attenzione sugli esecutori e la distolgono dal gesto liturgico: uno sfregio alla liturgia stessa. O, ancora, ai preti show-men, ecc. L'elenco di ciò che ci si può inventare per distogliere l'attenzione dal mistero celebrato è lungo e può essere reso ancora più lungo.
È sempre bene ricordare i quattro punti richiesti ad un'azione liturgica che ricordava il Card. Arinze:
1. Fare memoria (celebrare),
2. Contrizione (chiedere perdono),
3. Azione di grazie e
4. Intercessione (richiesta di grazie).
Francesco S.
"Ora, sarà un caso, ma nella cultura occidentale la danza è il filo rosso che – dalle discoteche, ai ghetti, alla ruleta sexual, ai rave party – connota le manifestazioni più apertamente antinomistiche e dissolutrici."
RispondiEliminaUna risposta che mi viene in mente: http://www.youtube.com/watch?v=SYHPNgSUIoE
il problema non è che il gesuita e la ballerina ne facciano teoria, la cosa grave è che già lo mettono in pratica!
RispondiEliminaA questo punto suggerirei di ospitare un puntata di "Amici di Maria De Filippi" direttamente in una cattedrale...
RispondiEliminaQuinto Fabio Massimo