di Satiricus
Siamo entrati in una nuova
stagione di fervore tradizionalista: crollati un buon numero di taboo
sessantottini, attenuato il furore del rinnovamento-a-tutti-i-costi e
soprattutto sconfitta la censura illiberale dei progressisti (merito di
internet e non di una ritrovata coerenza a sinistra) ecco che il web e il
sociale pullulano nuovamente di voci cattoliche reazionarie. Finalmente un
confronto alla pari è possibile. Io, svezzato nell’alternativa creative
tra il martinismo (quello ambrosiano novecentesco, non quello esoterico
ottocentesco) e il fratelenzismo (quello di Bose – che in tedesco significa
“arrabbiato, cattivo, malizioso etc.”), non posso che rallegrarmene. Ovviamente
la circolazione di idee implica la possibilità del contraddittorio. Ben venga,
purché onesto.
Do spazio in questo articolo a
tre tipologie di contestazione della tradizione, da ognuna delle quali possiamo
imparare qualcosa. La prima, che quasi mi dispiace riportare, ci ricorda che,
piaccia o dispiaccia la materia, il dono dell’informazione, dell’onestà e della
verità di cronaca non si dovrebbe negare a nessuno. Per cui va completamente
bocciato l’intervento del 3.11.12 su Famiglia Cristiana, per la penna di Annachiara Valle,
che dipinge il pellegrinaggio tradizionale Una cum papa nostro come una
«sfilata» di persone che avrebbero «voluto enfatizzare il ritorno indietro
piuttosto che l’apertura verso il mondo contemporaneo», intente a
strumentalizzare l’immagine di «Ratzinger», con l’appoggio della «Congregazione
per il culto divino e i sacramenti» la cui «lealtà» (al papa, alla Chiesa, al
Concilio? Non si capisce) sembra dover essere ancora «provata visto lo stallo dei
negoziati tra Vaticano e Fraternità sacerdotale San Pio X». Così si scopre che alcune Congregazioni
curiali sono in mano alla San Pio X: qualcuno li informi, potrebbe fargli
piacere. Zero al quoto per Annachiara Valle. Presentati così, i tradizionalisti
sembrano la parodia di The Walking Dead. Tralasciamo questa ode all’ignoranza
fatta sistema e passiamo oltre.
Il secondo commento, più
interessante e quantomeno sensato, è pubblicato dal pirotecnico Langone sul Foglio lo scorso 31 ottobre. Qui il
bersaglio è l’ultima fatica della coppia Gnocchi&Palmaro, “Ci salveranno le
vecchie zie”, attivissimi nel propagandare una versione ironica e irenica dei
benefici legati al mondo tradizionale, un po’ meno preoccupati di mettere a
fuoco gli empasse anche solo culturali del cattolicesimo preconciliare ed
eventualmente le ragioni della sua parziale impraticabilità odierna. In questo
senso non ha torto Langone nel ricordare che «è
alle giovani nipoti che bisogna dedicare libri», piuttosto che alle «vecchie
zie», e giustamente ci mostra che lo sciattume contemporaneo si deve
alla complicità delle vecchie zie prontamente passate al ruolo di
«cattoprotestanti decrepite», e che, per quanto motivato, il tradizionalismo
sembra restare a livello di «conventicola» nonostante i Motu Proprio del papa.
«Gli amici che vanno in vacanza nei paesi esotici mi riportano notizie di
chiese brulicanti, in particolare brulicanti di pargoli, e non ci vuole molto a
capire dove soffia lo Spirito». Va bene, Camillo, ma nell’attesa che gli
europei ricomincino a figliare, e nell’attesa che il prolifico Islam si
converta, noi qualche tentativo dovremo pur farlo, o no? L’alternativa non può
essere solo scrivere preghiere in solitario per Lelefantino o attendere indolenti
che lo Spirito cambi linea di tiro. Viene in mente il commento di Louis Salleron: «questa mancanza di reazione mi sembra tragica: infatti, Iddio non
salva i cristiani senza di essi, né salva la Chiesa senza di essa».
Carissimo Langone, te ne prego e
supplico, con tanti figuri meritevoli d’invettiva, ti spiacerebbe dedicarti a
cotali, lasciando in pace quelli del tuo stesso regno, anche perché un regno
diviso in se stesso, Qualcuno ha detto, va in rovina?
Ultimo atto, all’ultimo dell’anno,
a firma di uno che conosco senza che lui mi conosca, ancora sul Foglio (che
Lelefantino stia dettando una virata programmatica?): Paolo Rodari stimmatizza i nuovi crociati. È a suo modo
interessante perché osserva dall’esterno le cose (differentemente da Langone) e
lo fa con una certa intelligenza (differentemente dalla Valle e Famiglia
Cristiana). Per cui con tocchi di fioretto, anzi direi con pennellate
manieriste, cerca di giustificare l’orientamento tradizionale sano,
distinguendolo dalle sue estenuazioni bacate. Cerca. Non pare ci riesca. Nel
fare questo adotta tre approcci: anzitutto rifrigge il tormentone don Corsi, la
ragione della cui fortuna mediatica mi sfugge completamente, trattandosi a mio
avviso dell’ennesimo dei tanti preti che fanno sparate e turbano la fede
popolare, per la precisione uno dei pochissimi che lo fa da destra e non da
sinistra; quindi Rodari va a caccia dei preti ultratradizionalisti borderline
viventi, l’operazione è virtuosa – va riconosciuto – neanche i vecchi album
delle figurine Panini presentavano rose di nomi tanto introvabili, nella caccia
alle streghe salta fuori anche il «padre spirituale dei cosiddetti “nostalgici
mussoliniani”»; come terzo aggancio vengono evocati i sociologi, la scelta di
invocare dei periti tecnici va di moda, da Monti in giù, e così anche il bravo
Rodari indulge al politically correct e sceglie di risolvere
gordianamente il nodo tradizionalista spostando la partita dal piano religioso
a quello delle scienze umane. Vada per l’intervento di Introvigne, che essendo
di ala tradizionale saluta benignamente «un sano conservatorismo che alberga
nel cattolicesimo, con campioni ben piantati anche nel collegio cardinalizio». Inquietanti
le dichiarazioni di Diotallevi – che avevo avuto modo di sentire in radio l’11
gennaio 2012 in una tavola rotonda a sfondo risorgimentale –: «in queste fasi di passaggio, si creano gruppi marginali, ma
anche molto numerosi, di individui segnati da una grande debolezza interiore».
Meno male che quelli col vizio di giudicare saremmo noi tradizionalisti. E
questo come lo chiamate, un complimento? Giusto per evitare fraintendimenti, Rodari
chiude la disamina lasciando la parola a don Nicolini, padre spirituale dei
“nostalgici dossettiani”, il che poi significa che l’ideale moderato di Chiesa
per Rodari è a sinistra-sinistra. Non so perché, ma da tutti questi
equilibrismi atti a stroncare gli eccessi marginali a destra riesce infangata
la gran parte dell’ala tradizionale; mentre un solo caso di estremismo di
sinistra conferisce aura eroica a tutto il movimento progressista. Chissà se
Paolo voleva ottenere proprio questo.
Morale della favola: sono molto
contento del dibattito in corso, sono ancor più contento di avvertire una
crescente vivacità culturale sui temi esposti. La cultura ha a che fare con la
vita, si fonda sulla natura umana, e ne comporta la nobilitazione verso il
sommo ideale: «homini cultura sui est necessaria» (S. Pufendorf). Altro paio di
maniche le ideologie, idee in lotta contro idee, esempi che non riguardano la
vita reale usati come campione ermeneutico, caccia alle streghe, creazione di
nuovi mostri, celebrazioni di vecchi idoli, nostalgismi in ridda contro
nostalgismi, petizioni di ignoranza incaricate di spiegarci il reale, mitomanie
auto celebrative: anche qui, è cosa certa, non soffia lo Spirito.
Pubblicato il 08 gennaio 2013
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