di Satiricus

Era da un po’ che attendevo di scrivere su questo tema, e pure di iniziare la mia collaborazione con la truppa di C&dM, ma non mi decidevo mai a farlo – un po’ per pigrizia e un po’ vittima del rispetto umano. Non ho potuto più trattenermi quando ho letto l’intervento abbacinante di Francesco Colafemmina prima sul suo sito e poi sulla Nuova Bussola Quotidiana: una appropriatissima requisitoria contro i figli spirituali del beato Alberione, rei di aver pubblicato un testo sull’infanzia di Gesù – proprio nei giorni in cui usciva l’ultima fatica editoriale del Papa – affidandolo a un autore massone, Antonio Panaino. Eh sì, perché aspettare? Mandiamo tutti insieme gli auguri di un Santo Natale agli amici della San Paolo. Quelli di Colafemmina, serviti con un buon Campari.
Permettetemi di
prenderla larga. Prima delle San Paolo, prima della Grande Loggia, prima degli
intellettuali reazionari e prima dei saggisti mercenari: io, contesto Goethe.
Sì, il grande vate, del quale mi vanto non aver mai letto neppure una riga, che
poco meno di un secolo fa divenne la grande icona di un rinnovamento culturale
destinato a lasciare un grande segno: Goethe, e il suo Faust, modelli ideali
della gioventù tedesca – proprio di quella gioventù tedesca – degli anni
’30. E ci mancherebbe altro. Un autore eccelso, una penna accattivante, una
trama convincente, un successo commerciale garantito: come opporvisi? Tutti
contenti di tener dietro ai segni dei tempi. Tutti? Tutti o quasi. Tra
le penne che si levarono tempestivamente, quella di un’ebrea intellettualoide,
un po’ fissata con le petizioni di principio, da poco convertita al
cattolicesimo, che avrebbe pagato con la vita il suo schieramento reazionario e
oscurantista. È di Edith Stein il monito vibrante, non contro la San Paolo, non
contro Panaino, ma contro il maggior poeta che la Germania abbia mai celebrato:
Non abbiamo da
giudicare l'uomo Goethe, la sua fede, cosa accadde tra lui e il Signore in quei
momenti che decidono dell'eternità dell'uomo. Questi sono misteri di Dio, in
cui occhio umano non può penetrare. Siamo davanti al più grande poema del più
grande poeta tedesco e ci domandiamo: possiamo porre quest'opera in mano alla
gioventù tedesca e al popolo tedesco, e dire: prendete, fatelo vostro,
lasciatevi completamente pervadere dallo spirito che in esso vive e da esso
parla; è il meglio che abbiamo da offrirvi, ciò che è massimamente
necessario? Leviamo lo sguardo all'immagine del Crocifisso e diciamo: no. (da Natura e soprannatura nel “Faust”
di Goethe)
Adesso, a costo di
sapermi condannato a una vita da claustrale carmelitano o a una reclusione
punitiva da qualche altra parte, faccio mie le parole di Etidh e – per dirla
secondo un lessico aggiornato – le retwitto. Così:
Non abbiamo da
giudicare l'uomo Curtaz, la sua fede, cosa accadrà tra lui e il Signore in quei
momenti che decidono dell'eternità dell'uomo. Questi sono misteri di Dio, in
cui occhio umano non può penetrare. Siamo davanti al più grande novità della
più grande editrice cattolica italiana e ci domandiamo: possiamo porre
quest'opera in mano alla gioventù cattolica e al popolo cattolico, e dire:
prendete, fatelo vostro, lasciatevi completamente pervadere dallo spirito che
in esso vive e da esso parla; è il meglio che abbiamo da offrirvi, ciò che è
massimamente necessario?
Leviamo lo sguardo all'immagine del Crocifisso e diciamo: no.
Leviamo lo sguardo all'immagine del Crocifisso e diciamo: no.
Carissimi amici, non temete,
ben meno di Goethe c’è qui: c’è Paolo Curtaz. Curtaz, non un massone patentato,
né certo un anticattolico decostruzionista. Un bonomo. Uno che, come molti e
troppi nella triste stagione di emorragie vocazionali postconciliari, aveva
intrapreso la via più alta, la via della perfezione (si sarebbe detto qualche
decennio fa), ma poi gli è sfuggita di mano. Paolo, Paolo – un tempo don Paolo
– visto e sentito in occasione di un paio di conferenze: a mio modesto avviso
non è nocivo. Anche se mi lascia sempre un po’ di saudade vedere questi
non più preti che per campare continuano a scrivere libri da preti, di preti e
per preti. Amen. No, non riesco a dire nulla contro il buon Paolo, che da parte
sua ha ogni diritto a provarci, in qualsiasi settore gli garbi. Tanto più –
aggiungo – che pare non aver ancora preso le derive apertamente (cioè sui
libri) eretiche di don Vito Mancuso o nascostamente (cioè nei discorsi privati)
antiromane dell’economista Enzo Bianchi. Paolino, non posso che augurarti tanta
fortuna. E ti lascio stare dove sei. Il problema per me sta altrove. Altrove si
orienta il mio fastidio. Il problema sta in chi si mette di piglio per
pubblicare certi autori: il problema da sempre e per sempre sono ’ste
strabenedette San Paolo! Sono loro a reclutare l’amico Paolo, sono loro ad
affidargli non un libretto a caso sulle solite esegesi di moda o sui problemi
giovanili, bensì la collana sull’Anno della Fede. Perbacco, carissimi signori
della San Paolo, noto finalmente un’idea intelligente: nella foresta di
opposizioni che teologi e catecheti hanno sollevato contro l’augurio di
Benedetto XVI (Motu Proprio Porta Fidei), nella generale contestazione
del suo consiglio di tornare al Catechismo lasciando perdere per un po’ l’esasperazione
della Parola di Dio e tanto più i patetici trionfalismi nostalgici
pro-conciliari, in questa selva di “no” voi avete detto un “sì”, e avete
escogitato una piccola collana, quattro testi che riprendessero le quattro
parti del Catechismo seguite da un po’ di commento popolare. Bravi. Peccato
aver affidato l’impresa a un teste tra i meno quotati in casa cattolica.
Ora, gentilissima
editrice alberoniana, so che sto per farvi domande inutili. Da un équipe
che non disdegna di pubblicare Antonio Panaino non mi attendo più nulla. Però alcune
cose io devo chiederle. E parto con la mia cascata di: perché? Perché con tutta
la gente che prepariamo nei seminari, nelle università, nei movimenti, nelle
parrocchie, nelle scuole della parola abbiamo bisogno di affidarci sempre più
spesso ad autori borderline? Perché? Perché gli affidiamo i titoli più
appariscenti, le vetrine più luminose, le collane più accattivanti? Perché un
tema tanto delicato a un personaggio in qualche misura compromesso? Perché
l’amatissimo formato del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica
abbinato a una penna quantomeno opinabile? Perché, voi che invocate “meno
maestri e più testimoni”, ci rifilate un maestrino testimonialmente
impresentabile? Cosa o chi cercate di raggiungere con questi “nomi”? Cosa
pensate di ottenere? Io non lo capisco
La fede non è questione
di idee o di dottrina, i libri che ci parlano di fede – specie se rivolti alla
gente comune – dovrebbero darci qualcosa in più di un paio di nozioni o di
consigli pratici. Ci serve una buona guida spirituale: le librerie cristiane hanno
da offrirci questo. O questo o la logica di mercato. E la direzione spirituale
non è questione di consigli chiacchierati, ma è comunicazione tra spiriti
feriti, in cui le anime più forti sostengano nella risalite quelle più fiaccate.
Credo profondamente in questo; ecco perché resto perplesso di dover ricevere
consigli dal buon Paolo – che per me è e resta un contro-testimone, anche se
nei testi è ammiccante, simpatico, modesto. Gli manca l’essenziale, rispetto al
suo impegno di saggista. Possibile che una casa editrice non se ne avveda?
Me lo spiego. So bene
infatti che questa mia fede nella comunicazione spirituale non è più condivisa. È pane quotidiano dei grandi santi della nostra tradizione, ma non dei
grandiosi teologi sulla cresta dell'onda. E' esperienza quotidiana della Chiesa
nei secoli, ma non strategia convincente nell'era della pastorale d'assalto.
Anche qui abbiamo perso, abbiamo già perso. Il buon senso anzitutto. E
poi la trasparenza.
Pastorale d'assalto,
ideologia a buon mercato, Popolo di Dio trasformato in populismo-di-dio: sono
questi i motivi per cui gli editori progressive devono volgersi sempre
più spesso a penne eclatanti.
Basta, mi fermo. Come
primo articolo sono sicuro di aver già ecceduto – lo farò sempre, credo di
servire solo a questo. Concludo, mitigandomi con altre sagge parole della
signorina Stein, che sento calzanti:
Ciò non significa
cedere ad una critica priva di maturità. Significa soltanto salvaguardare da
un'ammirazione cieca, significa solo ammonire che noi siamo in possesso d'un
criterio assoluto che non è lecito deporre e di un simbolo mediante il quale la
nostra via si differenzia da qualsiasi altra via.
Cara San Paolo, giusto
per evitare confusioni: il Simbolo è Cristo, non il compasso. Buon Natale.
Questa ansia antimassonica rasenta il delirio. Si diventa ridicoli come i complottisti delle scie chimiche e via dicendo, suvvia!
RispondiEliminaForse non hai colto il succo: "Perché con tutta la gente che prepariamo nei seminari, nelle università, nei movimenti, nelle parrocchie, nelle scuole della parola abbiamo bisogno di affidarci sempre più spesso ad autori borderline? Perché? Perché gli affidiamo i titoli più appariscenti, le vetrine più luminose, le collane più accattivanti? Perché un tema tanto delicato a un personaggio in qualche misura compromesso?"
RispondiEliminaTutti dobbiamo campare, anche Curtaz che ha la grande capacità di spiegare la Parola in modo semplice, concreto e attuale. Però è vero che la San Paolo, fa' scelte discutibili e troppo allineate con il mondo. Penso sia un problema di marketing. Spesso leggo commenti di Curtaz alla parola del giorno e devo sempre tener presente chi è per valutare ciò che scrive. Comunque come terapia preventiva, ho disdetto (da anni), l'abbonamento a Famiglia Cristiana.
RispondiEliminaPensavo che disdire l'abbonamento a Famglia Cristiana fosse un dovere per ogni credente.
EliminaAnch'io e sono felice di averlo fatto, ne sconsiglio pure la lettura: se devo leggere quello che si pubblica su Famiglia cristiana, mi leggo piuttosto "Essere cristiani" di Kung o "L'Unita'", per me pari sono con il settimanale che si dice cristiano e che, da tempo, non lo e' piu'.
RispondiElimina