24 dicembre 2023

Breve critica ragionata al Natale contemporaneo



di Alfredo Incollingo

In un articolo del 2010 pubblicato su La Repubblica l'antropologo Marino Niola dimostrava indirettamente l’inconsistenza delle cosiddette «festività natalizie», un’espressione di comodo per indicare il Natale, il Capodanno e l’Epifania.

«Le feste di Natale sono l’ultimo grande ciclo rituale dell’Occidente. Un lungo, estenuante serial cerimoniale cui è d'obbligo partecipare. Anche controvoglia» (1). L’artificiosità delle festività natalizie contemporanee è così evidente da essere indigesta anche al più sfrenato viveur.

Il Natale italiano è ridotto a una farsa nazionalpopolare, condita con le canzoni sdolcinate di Michael Bublé o George Michael, l’eterna sfida «panettone vs pandoro», i Babbi Natali ovunque e i classici film pornocomici di Christian De Sica e Massimo Boldi, comunemente chiamati «cinepanettoni».

A rimetterci in tutto ciò è Cristo, la cui nascita fa da sfondo a ben altri eventi. Il messaggio evangelico è messo da parte o è annacquato con il solito «volemose bene». C’è ben altro a cui pensare, per esempio al Capodanno, a come lo si deve festeggiare e soprattutto con chi.

Naturalmente, il Natale contemporaneo è il frutto di una secolare profanazione dell’evento che ha cambiato la storia dell’umanità, la nascita di nostro Signore Gesù Cristo, come felicemente ricordava Benedetto XVI (2).

«Le feste natalizie», scrive il Niola, sono «il risultato di una millenaria stratificazione di simboli. Che hanno attraversato i tempi e sono giunti fino a noi. Come una staffetta della storia che ci consegna uno straordinario patrimonio di tradizioni, di abitudini, di ritualità» (3).

«I dodici giorni che vanno dal 24 dicembre al sei gennaio, dalla vigilia di Natale alla notte dell’Epifania», scrive l’antropologo, «sono quel che resta dei riti di fine anno del modo antico ai quali il Cristianesimo ha dato un nuovo, decisivo, significato. Trasformando le cerimonie solstiziali precristiane - quelle che accompagnavano il trionfo del sole sull’oscurità invernale - nella celebrazione del dio che viene alla luce per redimere il mondo dalle tenebre del peccato» (4).

Esiste un filo conduttore che lega il 25 dicembre cristiano e i riti dedicati al Solstizio d’Inverno celebrati dai pagani nello stesso giorno. Non esistono contraddizioni in fin dei conti, come ha ben dimostrato Alfredo Cattabiani (5): «La coincidenza con il solstizio d’inverno fece sì che molte usanze solstiziali, non incompatibili con il cristianesimo, venissero recepite nella tradizione popolare. D’altronde non si trattava di una sovrapposizione infondata, perché fin dall’Antico Testamento Gesù era preannunciato dai profeti come Luce e Sole. Malachia lo chiamava addirittura "Sole di giustizia"» (6).

Dietro le sovrastimate festività solstiziali c’è un’idea di divinità che si concretizza pienamente nel Dio che si incarna nel «seno della Vergine Maria» per diventare uomo.

La riduzione della Natività di Gesù a mera tradizione popolare è un atto tipico dell’età moderna, che ha contribuito alla «deritualizzazione della vita» menzionata da Niola (7).

Nonostante le giuste valutazioni dell’antropologo sul carattere profano delle odierne festività natalizie, non bisogna dimenticare come La Repubblica , che ha ospitato il suo articolo, abbia indirettamente favorito la desacralizzazione del Natale e, in generale, la «deritualizzazione della vita». È la cultura laicista che pregna il quotidiano fondato dal giornalista Eugenio Scalfari ad aver reso la Natività di Gesù una festa come tante altre.

Si può parlare con fondamento di un movimento intellettuale (e popolare) che dagli albori della modernità attacca tutti i fondamenti della teologia cristiana (cattolica). Scriveva lo scrittore inglese C.S. Lewis: «Tutte le obiezioni contro Dio nascono dall’idea di un Dio lontano, che non vuole salvare concretamente gli uomini. Ma questa idea nasce, a sua volta, dalla comodità: un Dio lontano è sempre più comodo di un Dio vicino» (8).

Se il Signore si limita ad osservare i travagli dell’umanità, perché si deve celebrare la nascita di un Dio fatto uomo che alla fine si disinteressa delle sue creature? Questa semplice domanda ricorre spesso tra coloro che negano il carattere divino del Natale, sostenendo che in realtà il Signore è completamente indifferente alle difficoltà del genere umano.

Esiste anche una moda, un costume tirannico (9), parafrasando un concetto di Pier Paolo Pasolini, che considera il Natale un giorno di evasione dalla quotidianità e di shopping compulsivo. Chi non si adegua a questa visione, è automaticamente un emarginato.

Pier Paolo Pasolini, distante anni luce dalla fede cattolica, ha ben descritto l’avvento e la vittoria di un nuovo fascismo, diverso da quello mussoliniano. È più capillare e autoritario, ma si veste di un manto gaudente ed edonista che ha fatto facilmente breccia nei cuori e nelle menti di noi occidentali.

È un potere senza identità (10), identificabile pressappoco con la «civiltà borghese capitalistica» (11), scrive Pasolini, il quale «attribuisce vagamente ad esso dei tratti "moderni", dovuti alla tolleranza e a un'ideologia edonistica perfettamente autosufficiente: ma anche dei tratti feroci e sostanzialmente repressivi: la tolleranza è infatti falsa, perché in realtà nessun uomo ha mai dovuto essere tanto normale e conformista come il consumatore; e quanto all'edonismo, esso nasconde evidentemente una decisione a preordinare tutto con un spietatezza che la storia non ha mai conosciuto» (12).

Il neocapitalismo è il Nemico, con la N maiuscola: «Il nuovo potere borghese [...] necessita nei consumatori di uno spirito totalmente pragmatico ed edonistico: un universo tecnicistico e puramente terreno è quello in cui può svolgersi secondo la propria natura il ciclo della produzione e del consumo» (13). La «nuova borghesia» pasoliniana ha mercificato soprattutto il Natale, rendendolo l’occasione propizia per consumare merci, come se fosse un’edizione speciale del Black Friday.

Già Galbraith Chesterton, negli anni Trenta del Novecento, commentando gli articoli natalizi pubblicati dalla stampa inglese, definiva la Natività come «un gigantesco spot pubblicitario» e così concludeva aspramente una nota sull’ Illustrated London News il 23 dicembre 1933: «Milioni di persone rette e di valore ci tengono ancora al Natale; e in tutta sincerità lo mantengono sacro e felice. Ma vi sono coloro che, approfittando di istinti naturali come la giocosità e la ricerca del piacere, lo hanno trasformato in qualcosa di molto più vile della giocosità o della ricerca del piacere. Hanno tradito il Natale. Per loro l’essenza del Natale, così come l’essenza del pudding natalizio, è diventata qualcosa di stantio da seppellire con i loro tesori; e hanno solamente moltiplicato i sei centesimi in trenta denari» (14).

Con la mercificazione del Natale, l’uomo è ridotto ad automa che mangia, beve e soddisfa tutti i bisogni, anche quelli più bassi. Diventa un numero nelle noiose statistiche natalizie sugli indici di consumo. La Natività, al contrario, ha dato dignità all’essere umano, come affermava san Giovanni Paolo II: «Natale è la festa dell’uomo. Nasce l’Uomo. Uno dei miliardi di uomini che sono nati, nascono e nasceranno sulla terra. L’uomo, un elemento componente della grande statistica. Non a caso Gesù è venuto al mondo nel periodo del censimento; quando un imperatore romano voleva sapere quanti sudditi contasse il suo paese. L’uomo, oggetto del calcolo, considerato sotto la categoria della quantità; uno fra miliardi. E nello stesso tempo, uno, unico e irripetibile. Se noi celebriamo così solennemente la nascita di Gesù, lo facciamo per testimoniare che ogni uomo è qualcuno, unico e irripetibile. Se le nostre statistiche umane, le catalogazioni umane, gli umani sistemi politici, economici e sociali, le semplici umane possibilità non riescono ad assicurare all’uomo che egli possa nascere, esistere e operare come un unico e irripetibile, allora tutto ciò glielo assicura Iddio. Per lui e di fronte a lui, l’uomo è sempre unico e irripetibile; qualcuno eternamente ideato ed eternamente prescelto; qualcuno chiamato e denominato con il proprio nome» (15).

La principale conseguenza della svalutazione del Natale è la diffusione di un modello irreale della famiglia. I media hanno costruito un’immagine falsamente felice del quadro familiare medio, soprattutto durante le festività natalizie. Lo scopo è vendere. Chi è felice, acquista e fa alzare gli indici dei consumi.

Sembra a tutti gli effetti che le antipatie o gli eventuali litigi familiari non esistano. Tutte quelle famiglie che, purtroppo, si ritrovano fuori da questo quadro sono automaticamente emarginate.

L’immagine dolce e penetrante del Presepe, e soprattutto della Sacra Famiglia, è stata declassata a puro folklorismo o a «un residuo tossico di epoche pregresse, un avanzo putrefatto di società primitive e reazionarie, un ingombro arcaico di cui liberarsi» (16).

Maria e Giuseppe hanno penato per proteggere e per crescere il Bambin Gesù, perché tutte le famiglie vivono momenti di difficoltà. Con la fede si superano tante asprezze della vita, a discapito di oggetti o ideali usa e getta.

Si è persa l’immagine realistica e sana della famiglia cristiana, comunitaria e rispettosa, che si riunisce nel giorno di Natale in un caldo abbraccio, poiché «è la festa che unisce le generazioni, i sessi, le famiglie, i cugini, le zie, le quattro età della vita: l’infanzia, la giovinezza, la maturità e la vecchiaia» (17).

Se poi di (vera) gioia vogliamo parlare, non possiamo non ricordare le parole di don Luigi Giussani sull'allegrezza natalizia: «Alla radice di tale allegrezza e di tale gioia, è la parola “tenerezza”, perché il Natale è il mistero della tenerezza, della tenerezza di Dio a me. Tenerezza che non è compiacimento nel sentimento che proviamo di Dio o di Cristo, perché il compiacimento nel sentimento che provo è ancora quello che ho detto in principio, vale a dire il compiacimento di quello che facciamo noi. Tenerezza non è compiacimento nel sentimento che proviamo, ma l’abbandonarsi, il sentirsi presi dall’amore che ci ha presi, da Colui che ci ha presi, il sentirsi presi da questa Presenza, il sentirsi presi da ciò che ci è accaduto, la presenza di ciò che è accaduto» (18).

Il Natale ci deve infondere la speranza, la stessa che alle volte crediamo perduta. Anche l’umanità era immersa nel peccato e sembrava non avere una via di salvezza. Contrariamente a quanto avrebbero mai pensato i sapienti pagani, Dio ha deciso di farsi uomo per darci le armi spirituali necessarie per combattere il male.

1 - M. NIOLA, Quel che è rimasto dei riti dell’Occidente, in «La Repubblica», 23 dicembre 2010, p. 46.

2 - BENEDETTO XVI, Udienza generale, Aula Paolo VI, Mercoledì, 21 dicembre 2011: https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2011/documents/hf_ben-xvi_aud_20111221.html.

3 - M. NIOLA, Quel che è rimasto dei riti dell’Occidente, cit., p. 46.

4 - IBID.

5 - A. CATTABIANI, Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno , Milano, Edizioni CDE, 1989, pp. 49-124.

6 - A. CATTABIANI, I simboli del Natale, in «Il Timone», anno III (2001), n° 1, p. 48.

7 - M. NIOLA, Quel che è rimasto dei riti dell’Occidente, cit., p. 46.

8 - «Un Dio lontano è sempre più comodo di un Dio vicino». La carta vincente (natalizia) del diavolo Malacoda , in «Tempi.it», 27 dicembre 2014: https://www.tempi.it/un-dio-lontano-e-sempre-piu-comodo-di-un-dio-vicino-la-carta-vincente-natalizia-del-diavolo-malacoda/.

9 - P.P. PASOLINI, Scritti corsari, Milano, Garzanti, 2008, p. 10.

10 - IVI, p. 45.

11 - IVI, p. 14.

12 - IVI, p. 46.

13 - IVI, p. 15.

14 - G.K.Chesterton: «Così abbiamo tradito il Natale», in «Avvenire.it», 9 dicembre 2018: https://www.avvenire.it/agora/pagine/gk-chesterton-e-il-natale-svenduto.

15 - SAN GIOVANNI PAOLO II, Messa Urbi et Orbi,Natale 1978: https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/messages/urbi/documents/hf_jp-ii_mes_19781225_urbi.html.

16 - M. VENEZIANI, Buon Natale, anzi buona natalità, in «Panorama», anno LIX (2021), n° 52: https://www.marcelloveneziani.com/articoli/buon-natale-anzi-buona-natalita/.

17 - M. VENEZIANI, Il segreto di Natale, in «Il Tempo», 24 dicembre 2018: https://www.marcelloveneziani.com/articoli/il-segreto-di-natale/.

18 - L. GIUSSANI, Natale: il mistero della tenerezza di Dio, in «Tracce», anno XXXII (2005), n° 11: https://mtracce.clonline.org/tracce/it/2005/m12/id18671.

 

1 commento :

  1. Va bene la critica alla degenerazione commerciale , ma anche basta con certi presunti antidoti . Esperti che mascherano dietro dotte citazioni , teorie anticristiane ormai bollite e screditate. Quindi i vari antropologi culturali , esoteristi alla Cattabiani , pasoliniani della retorica poveraccista
    e via dicendo

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