di Samuele Pinna
“L’ecclesiastico non va in villeggiatura” è l’“infiorettamento” di uno dei detti dell’allora rettore del Seminario e adesso mio arcivescovo. Tenuto debito conto dell’assioma, sono stato ospite del Sonnblick – che possiamo rendere con Vista del Sole – il superlativo albergo dell’Alto Adige gestito da una famiglia di autentica cattolicità. Giocoforza, ho iniziato a conversare con loro di tutto e, in particolare, della mia amicizia col Papa emerito Benedetto XVI, di cui parlo nel mio ultimo libro ( https://www.breviarium.eu/2022/06/29/epilogo-essere-chiesa-nello-spirito-if-press/ ). Siccome ho imparato che il prete non va in vacanza, complici i bravissimi albergatori, ho sfruttato i giorni sulle Dolomiti per un intenso lavoro fisico sia nel movimento (grazie a passeggiate incantevoli) sia nella tavola (con mangiate pantagrueliche). E in questo tempo indimenticabile, anche grazie alla famiglia Brunner che mi ha accolto con i miei genitori, ecco un’importante scoperta.
Qui i sacerdoti sono amati perché fanno – incredibile a dirsi – i sacerdoti: sono, cioè, ricordati per la santità della vita, per la predicazione coinvolgente e chiara, per la capacità di farsi voler bene dalla gente insegnando il dato cristiano senza compromessi e senza censure. Un toccasana sentire tali discorsi in un periodo – il mio attuale – “diversamente lavorativo”, soprattutto quando mi sono arrivati echi dalla mia terra ambrosiana di una questione che ancora arrovella, ossia come distribuire l’Eucarestia. Rimango perplesso e un poco basito (soprattutto dopo aver letto la precisa nota della CEI) nel vedere che molti confratelli negano la comunione sulla lingua. Non entrando nella questione sanitaria, mi ripasso mentalmente alcuni passaggi storici per chiarirmi le idee.
A quanto ne so, Memoriale Domini (del 29 maggio 1969), ripresa nei documenti pontifici successivi, stabilisce che i fedeli debbano ricevere in modo ordinario la comunione sulla lingua. La ricezione della comunione sulla mano è permessa da indulti a opera dei santi papi Paolo VI e Giovanni Paolo II (entrambi poco convinti della loro efficacia), che consentono anche questa modalità. Tuttavia, il modo più giusto, insegnato ancora dalla Chiesa, è (o dovrebbe essere) quello di ricevere la particola in bocca (da qui l’invenzione delle pinzette liturgiche in epoche travagliate da pandemie). Ciò che mi colpisce in tutto il dibattimento è il “dogma al contrario” che ne viene fuori: si cerca di giustificare qualcosa che non è norma per imporne un’altra rifacendosi peraltro al diritto, senza tenere conto che quest’ultimo stabilisce l’esatto contrario di ciò che si vorrebbe. E – notavo – ci si accanisce e si vuol avere ragione non a partire dai fatti, ma dall’idea (o, meglio, ideologia) che uno ha nella testa, facendo diventare regola indiscutibile ciò che non lo è, e rigettando quella che dovrebbe essere la regola per tutti.
D’altronde, se vige l’aspetto della “discrezionalità” a riguardo del rispetto del corpo legislativo canonico (ovvero ognuno fa quel che vuole), anche per un presbitero (e allora sarebbe inutile leggere i decreti), dovrebbe sussistere tale discrezionalità anche per i fedeli laici che avrebbero in egual modo diritto di ricevere la comunione in bocca, in mano o con qualsiasi parte del corpo reputino opportuno… forse risulta più conveniente attenersi alle norme vigenti. E le “leggi” non sono cambiate, perché – repetita iuvant – il modo più corretto di ricevere la comunione è e rimane sulla lingua, mentre sulla mano è una concessione, essendo solo permesso e una deroga alla norma principale.
Non nego di provare un poco di scoramento, ma una lettura mi ha risollevato l’animo: trattasi di uno stralcio dell’intervista a monsignor Luigi Giussani di Vittorio Messori. Tra l’altro, in modo birichino, mi piace citare il Giuss nelle parrocchie che frequento, perché molti pensano subito che io sia un ciellino (quasi fosse un’infamia). Ricordo addirittura che nella chiesa dov’è sepolto il Venerabile Marcello Candia mi interrogarono sulla mia appartenenza al Movimento (il che, a loro dire, sarebbe stata un’onta), dimentichi che il Dottor Macapà, il Santo che ritenevano di ammirare, fu sostenuto dall’amicizia di don Giussani, oltre ad aver coinvolto nei suoi primi viaggi in Brasile (sua terra di carità tra i poveri più poveri) i giovani di GS.
Mi devo fermare per guardare malinconicamente fuori dalla finestra. Vedo, così, la bellezza del creato e, tra i Guten Morgen, gli Auf Wiedersehen, e i Guten Appetit sentiti più volte nelle mie giornate, ripenso alla necessità di ritrovare con urgenza un’identità cristiana vera, conscio che tutti (tutti!) gli “aperturismi” scriteriati degli ultimi decenni non hanno aggiunto uno iota al Cristianesimo, ma anzi l’hanno condotto a un declino sotto gli occhi di chi vuole essere onesto (per esempio, la partecipazione al culto in Occidente è ai minimi storici). Certo, chi si nutre di ideologia trova sempre un colpevole (che non è mai lui), il quale rovina il suo progetto di “liberazione”. L’unica evidente – di liberazione – è, però, quella tra i banchi delle chiese, così poco frequentate ultimamente. A dare speranza – mi faccio meditabondo – è soltanto la vista del sole, sebbene non sia quella pur pregevole offerta dall’hotel in cui dimoro, ma la contemplazione del Sol Invictus. Lui soltanto può salvare la nostra povera umanità che davanti all’immensità della natura si fa piccola e fragile. Gli avversari non sono solo al di fuori della Chiesa, ma anche al suo interno (l’assai famoso “fumo di Satana entrato nel Tempio di Dio” di paolina memoria) e mai una divisione così lacerante è stata presente all’interno del Corpo di Cristo (le divisioni ci sono sempre state, ma era lampante chi fosse dentro e chi fuori dalla cattolicità). Si fanno ancora più vere le riflessioni di don Giussani, il quale stabiliva, coadiuvato da Messori: «“Oggi siamo tornati a una situazione simile a quella in cui visse sant’Ambrogio, quando quasi tutta la Chiesa sembrava divenuta ariana”. L’arianesimo – sarà bene ricordarlo [precisa Messori] – è l’eresia che declassa il Cristo, riducendolo a un uomo eccelso, ma non della stessa sostanza del Padre. Un ritorno all’arianesimo, ma anche il ritorno di un’altra eresia: il pelagianesimo.
Dunque, la negazione del peccato originale, la relativizzazione dell’importanza di battesimo, grazia, penitenza, preghiera. “Insomma – afferma don Giussani – circola nella Chiesa un miscuglio di antiche eresie presentate da qualcuno come cose nuove.
C’è un battere continuo sulla sola ragione, intesa però in senso illuministico, come la mia opinione, come ciò che in quel momento sembra a me vero. È qui, soprattutto, che vedo in azione un processo che insidia mortalmente il cattolicesimo di oggi: il pericolo di una protestantizzazione, per cui la Chiesa non è più la struttura di salvezza in cui continua a vivere Cristo, il quale parla attraverso il Magistero, ma è un club di lettori dello stesso libro. […]. Della confusione in cui è stata gettata la Chiesa – continua a dire don Giussani –, soprattutto a danno dei membri più semplici e indifesi, sono responsabili certi teologi con la loro leggerezza e il loro terrore di non essere graditi, alla moda, accettati, applauditi. Da un lato la ricerca teologica aveva, come sempre nella Chiesa, un suo preciso diritto. Dall’altro lato la divulgazione teologica – su giornali e libri – è stata maneggiata in modo irresponsabile, quando non strumentalizzata, come sfogo intemperante, come autoaffermazione vanitosa… Ciò che rimproveriamo a certa teologia post-conciliare è l’avere scelto di essere subalterna alla cultura laicista; di essersi fatta, e volontariamente, cortigiana e serva della mentalità egemone. E non si accorgono che quel laicismo che mette loro tanta soggezione e bisogno di riverirlo, è in agonia, assieme a tutta la modernità nata dall’illuminismo settecentesco… Comunque non possono pretendere di parlare secondo lo spirito del Concilio e si rifanno ai testi conciliari coloro che rimuovono al contempo l’insegnamento del Magistero, dei Papi soprattutto, ossia l’interpretazione autentica del Vaticano II”» (da Inchiesta sul cristianesimo).
Pubblicato il 19 luglio 2022
0 commenti :
Posta un commento