02 gennaio 2022

Mons. Negri e la liturgia


Come è noto, Monsignor Luigi Negri è stato un grande fautore della corretta liturgia e un promotore, dopo il Motu Proprio Summorum Pontificum, della liturgia tridentina. Ciò gli ha procurato numerose antipatie nella diocesi di Ferrara-Comacchio, dove fu vescovo. Eppure il pensiero di questo mirabile successore degli apostoli riguardo la Messa era perfettamente allineato con il pensiero storico della Chiesa, forse per questo ha avuto così tanti nemici.

Al riguardo, riportiamo alcuni passaggi di un'intervista, consultabile per intero sul sito luiginegri.it.

La Liturgia non è prodotto degli uomini:

Il primo delitto è pensare che la liturgia è qualcosa che gli uomini, i cristiani fanno per Dio. Allora se la Liturgia vale perché è bella, perchè esprime a sufficienza il sentimento dei fedeli allora, per esempio, se ci metto una chitarrina la gente si sente più sollecitata, più contenta. Ma la Liturgia non consiste in ciò che piace. Quando nel venerdì santo si sta un’ora è mezza o due ore ad adorare la Croce e si ripete con la Chiesa: “regnavit a ligno Deus” non si prova certo piacere. Nel venirci incontro della Liturgia è Dio che ci viene incontro e noi non la costruiamo, essa è la storia di Dio con noi. Con la Liturgia ci mettiamo in condizioni di capire sempre di più ciò che è già accaduto. Don Giussani quante volte ci ha ricordato Laurentius Eremita e la sua frase: “Pensai che tutta la vita sarebbe passata nella memoria di quello che era accaduto  e questo pensiero mi riempie di pace”. La Liturgia, dunque, non si fa, la si accoglie come la tradizione della Chiesa ce la consegna. Non si cambia secondo le fogge del tempo quello che è l’estremo gesto della misericordia di Dio che ci viene incontro e ci viene incontro per restare con noi.

La Liturgia, il dogma e l'impostazione personale della propria vita:

Fra le conseguenze del riconoscere che Cristo è presente v’è anche il riconoscimento del Suo Mistero come dogma e morale perché un Cristo senza dogma e morale sarebbe solo un’opinione. La coscienza della Sua presenza diventa anche discorso teologico. Il cristiano è colui che, in forza del riconoscimento di Cristo, imposta la sua vita come un continuo passaggio dalla fede alle opere.

La Liturgia segue delle regole:

La Liturgia è il punto più profondo della presenza carnale di Cristo. La Chiesa ha stabilito le modalità concrete di questa presenza. Si può usare un’altra bevanda o un altro cibo diverso dal pane? Forse che, se è più dietetica la soia, si può consacrare la soia? No se non uso la cosa indicata da Cristo e dalla Chiesa, questo si chiama sacrilegio. La Chiesa, fortunatamente per noi, ha stretto sulla verità. La Liturgia ci dice che la Chiesa non è luogo di opinioni. La Chiesa ha ricevuto un mandato: testimoniare Cristo come l’unica possibilità di salvezza. Questo è il mandato. Tanto era il desiderio di Cristo nelle primissime generazioni cristiane che l’unica preghiera che dicevano era: “Vieni Signore Gesù”. È preciso il mandato della Chiesa. Nella Diocesi di Ferrara ho dovuto insistere perché i sacerdoti dicessero il Credo nella sua formula integrale e cattolica. Le variazioni spontanee delle parti essenziali della Liturgia possono avvenire perché la Liturgia è concepita come una cosa dell’uomo anziché come obbedienza. La Messa cattolica è tale perché è celebrata in comunione col Vescovo. Anche nella società civile possono avvenire cose simili. Il Parlamento italiano ha per esempio certamente un suo mandato. Non fa parte però di quel mandato riunirsi addirittura in seduta comune per sentire una ragazzina, Greta, che parla del clima.

Nella Liturgia incontriamo Gesù:

Il sacrificio di Cristo (la Sua morte) e la Sua Resurrezione sono avvenimenti unici. La novità di Cristo ci viene incontro nella sua presenza storica e nella sua eternità soprastorica. L’Incarnazione e quindi l’Eucarestia cioè diventano principio di una storia attuale.

 

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