09 febbraio 2021

Tatarella e i destri per Draghi



di Paolo Maria Filipazzi

Lasciatecelo scrivere, infischiandocene delle critiche che potremmo ricevere: grazie a Dio esistono Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni! Se non altro, in questo inquietante clima di unanimismo in cui l’ennesimo “salvatore” terreno, al secolo Mario Draghi, viene osannato e fatto oggetto di aspettative messianiche (ancora…), sarà salvaguardato almeno un principio minimo di normalità politica: quello per cui in democrazia esistono una maggioranza ed una opposizione in dialettica.

Ovviamente, non poteva non emergere, in linea perfetta con le tare comportamentali tipiche degli ambienti “di destra”, il fenomeno dei destri che sostengono Draghi in nome di un ideale di destra non meglio precisato, ma che è con ogni evidenza pensato ad usum Delphini di coloro che la Destra, quella con la D maiuscola, dovrebbe combattere all’ultimo sangue.

Sta, per esempio, girando, in queste ore, un “appello” di “ex An” che accusano Fdi di avere rinnegato la svolta di Fiuggi e la “destra di governo”, appello tristissimo per diverse ragioni. La prima è che, scorrendo i nomi dei promotori, vi si trovano numerose vecchie conoscenze che da Fratelli d’Italia erano uscite anni fa, quando il partito faticava a prendere voti e, dandolo frettolosamente per già morto, pensarono furbescamente di abbandonarlo. Ora scontano, una volta tanto, il prezzo della loro furbizia. Il secondo è che, leggendo tale appello, di fatto ci si trova di fronte ad una confessione pressoché completa: la “destra di governo” fu, effettivamente, almeno per alcuni, non un progetto politico, ma semplicemente un escamotage per inserire nel gioco delle nomine e delle spartizioni coloro che ne erano stati sempre esclusi. In quest’ottica, in effetti, è davvero incomprensibile la stessa idea di stare all’opposizione di qualsivoglia governo e, di conseguenze, ogni discorso di coerenza, di linea politica, per tacer di valori, principi ed ideali (ma forse, nonostante siamo ormai ultratrentenni, siamo ancora troppo ingenui, tanto è vero che per noi certe cose strane come quelle elencate hanno conservato un residuo significato).

A questo punto, però, non possiamo tacere nemmeno di un articolo, scritto nientepopodimeno che da Pietrangelo Buttafuoco (!!!) e pubblicato lo scorso 3 febbraio su Il quotidiano del Sud, in cui veniamo informati che Giuseppe Tatarella sicuramente sosterrebbe Draghi. Il diretto interessato, defunto nel 1999, non conferma né smentisce.

Ora, quando è troppo è troppo.

Non avendolo conosciuto personalmente, per ragioni anagrafiche, non vogliamo essere noi a pretendere di essere gli interpreti autentici del pensiero di Tatarella, e magari eredi titolati dello stesso saranno pronti ad affermare il contrario di quello che stiamo per sostenere.

Tuttavia, poiché Tatarella non è stato un fantasma, ma un uomo in carne ed ossa il cui operato politico, i cui scritti, dichiarazioni e pensieri sono ben documentati, ci sembra di poterci esporre a proposito basandoci sui documenti.

Se c’è una testimonianza del pensiero di Tatarella da tenere sempre fissa davanti agli occhi, riteniamo che si tratti dell’ intervista che quest’ultimo rilasciò a La Stampa il 10 agosto 1994 e che costituisce, forse, una delle interviste più importanti mai rilasciate da un politico nella storia repubblicana.

Ad un intervistatore che, visibilmente shockato, lo accusava di “sindrome dell’opposizione”, quello che forse fu l’unico statista che la Destra italiana abbia mai avuto, rivelò l’esistenza di quei poteri invisibili e ostili che in quell’occasione ribattezzò “poteri forti”, coniando un’ espressione che da allora ha avuto molta fortuna.

Da questa intervista Tatarella si guadagnò la nomea di essere uno dei padri del complottiamo italiano, perennemente citato in tutti gli excursus giornalistici sulla storia del fenomeno. Fra questi ne indichiamo uno d’annata, apparso su Repubblica il 7 luglio 1997, dal titolo Fini e la sindrome del Britannia: in occasione di una dichiarazione sui poteri forti rilasciata dall’ allora presidente di Alleanza Nazionale, il foglio radical chic derideva coloro che credevano alla “leggenda” (sic) elaborata qualche anno prima da Tatarella, e che faceva il paio con l’altra leggenda della crociera del Britannia.

Nel caso qualcuno non se lo ricordi, infatti, quest’ultimo avvenimento, che rappresentò l’inizio della fine della nostra Nazione, è stato per anni negato spudoratamente dall’intero panorama politico e giornalistico.

A rompere le uova nel paniere fu Francesco Cossiga che, il 24 gennaio 2008, alla trasmissione Unomattina, commentando l’ipotesi di un incarico di governo a Draghi (già allora!) fece sul suo conto le seguenti dichiarazioni : “E’ il liquidatore, dopo la famosa crociera sul Britannia, della svendita dell’industria pubblica italiana quand’era direttore generale del Tesoro, e immaginati cosa farebbe da Presidente del Consiglio dei Ministri”. Da allora la crociera del Britannia è diventata un fatto storico reale, seppure si sia cercato di sminuirlo.

Il 22 gennaio 2020 (meglio tardi che mai), veniamo a sapere, grazie al Fatto quotidiano, anche quali furono i contenuti del discorso tenuto dal nuovo messia in quell’occasione.

A tal proposito, torniamo alle giornate del primo governo Berlusconi. Verso la fine del 1994, come riportato da Repubblica il 26 settembre di quell’anno, in un articolo dal titolo Privatizzazioni addio. Berlusconi non le farà, il Cavaliere, durante una cena in casa Agnelli, di cui possiamo immaginare i partecipanti, deve comunicare, non senza un certo imbarazzo, agli stupiti astanti, che non procederà alla vendita del patrimonio dello Stato e, per giustificarsi, confessa che Alleanza Nazionale (in particolare, proprio il suo vicepresidente, Giuseppe Tatarella) si è messa di traverso.

Basta leggere per intero l’articolo sopra citato (facilmente reperibile sul web) per rendersi conto degli strali cui il giornale più à la page della sinistra fece oggetto Alleanza Nazionale, così come non pensiamo sia necessario dilungarsi sulla fine che di lì a poco fece quel primo governo di centrodestra.

A distanza di 27 anni, non possiamo che constatare, dolorosamente, come Tatarella sia stato sconfitto.

Lasciatelo almeno riposare in pace.


 

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