22 giugno 2019

Sinodo. Il progetto mondialista delle Tre A che spaccherà il Brasile

di Paolo Maria Filipazzi
“Vogliono rubarci l’Amazzonia”: con queste parole il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, nel corso di un’intervista al quotidiano Valor Economico, esplicita la sua preoccupazione per il Sinodo sull’Amazzonia che la Chiesa cattolica sta per celebrare. Secondo Bolsonaro “quelli stanno cercando di creare nuovi paesi” all’interno del territorio brasiliano. “Si tratta” spiega il leader brasiliano “della 'triple A', un territorio di 136 milioni di ettari, che include le Ande e l'Amazzonia, fino all'Atlantico: una grande fascia che verrà posta sotto controllo mondiale, in nome della protezione ambientale". E, rispondendo ad attacchi ricevuti nel corso degli ultimi mesi, chiarisce: “la stampa all’estero dice che voglio distruggere l’Amazzonia, in realtà quello che voglio è che l’Amazzonia resti nostra”.

L’intervento di Bolsonaro è un macigno gettato nello stagno già agitato del Sinodo, il cui instrumentum laboris, presentato pochi giorni fa, è, senza troppi giri di parole, inaccettabile. Ora, però, emerge un nuovo aspetto a riguardo: di mezzo non c’è solo la proclamazione di eresie e sciocchezze ambientaliste e politicamente corrette varie ma, come spesso accade in casi del genere, il perseguimento di piani ed interessi che con la missione che Cristo ha assegnato alla Chiesa c’entrano ben poco.

A riguardo già da tempo il governo brasiliano stava mostrando inquietudine. A febbraio il Ministro della Sicurezza Istituzionale, generale Augusto Heleno Ribeiro aveva lanciato l’allarme, dichiarando, sulla base dei rapporti dell’intelligence, che la Chiesa stava tramando contro l’interesse nazionale brasiliano, in particolare puntando il dito contro il cardinal Hummes, prelato iperprogressista molto vicino all’ attuale Pontefice, dal quale è stato nominato relatore proprio del Sinodo incriminato. Anche il generale Heleno non ha usato mezzi termini: “Il compito del governo sarà quello di neutralizzare l’impatto di questo incontro e di rafforzare la sovranità del Brasile, per impedire che interessi stranieri finiscano per prevalere in Amazzonia”.

Per chi non lo sapesse, la presenza missionaria della Chiesa in Amazzonia è, qui come altrove, da tempo disgraziatamente inquinata da intrecci con ONG di vario genere, e l’attività di questa alleanza preoccupa le autorità brasiliane, che hanno più che un sospetto che clero progressista ed attivisti siano al lavoro per favorire, sotto il paravento di frescacce varie, interessi economici che avrebbero tutto da guadagnare da uno smembramento del Brasile che sottragga tali aree al controllo dello Stato per lasciare di fatto l’Amazzonia in balia di speculatori stranieri.

Si tratta qui di un fatto probabilmente senza precedenti nella storia più recente della Chiesa: un governo che, abbandonando le formali dichiarazioni ossequenti, entra senza troppi complimenti nel merito di un’assemblea sinodale, i cui contenuti sono quindi, da qui in poi, destinati ad essere oggetto di dibattito politico, e con ogni probabilità di polemica accesa, in Brasile. Ciò che va sottolineato è, però, che qui non si dibatte di questioni di fede e morale, ma di faccende che esulano totalmente dall’ambito di competenze della Chiesa, la quale sta invadendo un campo non suo per sostenere torbidi progetti politico-economici, inducendo il governo di uno Stato sovrano ad alzare gli scudi.
La crisi della Chiesa, portata al deragliamento da coloro che dovrebbero guidarla, è sempre più evidente e drammatica.

Dichiarazione di Bolsonaro
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