Lo scorso 27 aprile si è svolta ad Ancona una conferenza organizzata dall’Associazione culturale oriente occidente su un tema tornato recentemente di attualità dopo la strage avvenuta il giorno di Pasqua nello Sri Lanka: le persecuzioni contro i cristiani.
Per affrontare questo argomento è necessario non limitarsi a come la cosa viene presentata dai media; non si è trattato solo di un “terribile attentato” senza responsabili definiti. È stato un atto sistematico e deliberato di terrorismo islamico: non solo l’ISIS lo ha rivendicato, ma è stato fatto proprio in rete da svariati islamici, i quali si sono mostrati contenti dei fatti avvenuti.
Il relatore, Roberto de Mattei, ha esposto la realtà del martirio dal punto di vista della fede dei martiri, poiché va notato che nel recente attentato parte delle vittime sono morte durante le funzioni liturgiche pasquali mentre altre sono state colpite in albergo; ciò può servire a ricordare una verità negletta: di fronte alla morte siamo tutti uguali, ma non di fronte al Giudice. Mentre la morte è egualitaria, il giudizio per definizione divide perché di fronte ad esso viene portata a compimento la scelta di fondo delle nostre vite, i vari giudizi attraverso i quali abbiamo dato ordine alla nostra vita. Alla luce della Fede sappiamo che la morte in odium fidei spalanca le porte del Paradiso alle vittime; sebbene una parte delle persone assassinate sono state uccise per odio alla loro fede cristiana, altre sono state colpite negli alberghi perché per certe frange jihadiste rappresentano la decadenza morale occidentale – non dunque in odio alla fede cristiana, ma per questioni culturali. Secondo le parole di sant’Agostino, “ciò che rende martire non è la pena subita, ma la ragione della morte”; non è l’essere uccisi innocentemente che rende martiri, ma il movente dell’omicidio, il quale deve essere stato compiuto in odio alla fede professata dalla vittima.
La strage di Pasqua è avvenuta meno di tre mesi dopo la firma del documento di Abu Dhabi sulla “fratellanza universale” firmato anche dall’imam di al-Azhar. Il relatore ha posto alcune domande: i jihadisti rappresentano l’islam? L’imam di al-Azhar rappresenta l’islam? Chi lo rappresenta? Mentre per il cattolicesimo è evidente la presenza di un’autorità sovrana e dunque rappresentativa, non vi è nell’islam una figura il cui giudizio è ritenuto vincolante da tutti i musulmani.
Allargando lo sguardo nello spazio colpisce il fatto che le persecuzioni contro i cristiani non sono causate solo dall’islam, ma anche da nazionalisti indù, buddhisti (in Mongolia e nel sud-est asiatico) e da Stati che si rifanno all’ideologia comunista.
Guardando alla storia il martirio accompagna la Chiesa perennemente, non solo nei primi 3 secoli della sua esistenza ma anche nei cosidetti secoli cristiani, specie in territori di missione, per giungere alle recrudescenze moderne dal 1789 ad oggi. La palma del martirio è stata riconosciuta durante la Rivoluzione francese a 440 beati, mentre altri 590 sono in corso di riconoscimento. La guerra civile spagnola (anni ’30 del XX secolo) ha portato alla beatificazione di 522 martiri nel solo 2013, a cui si aggiungono le carmelitane di Guadalajara, assassinate nel luglio del 1936, un secolo e mezzo dopo le loro consorelle di Compiègne, martirizzate durante il Terrore giacobino. La guerra civile spagnola portò ad un numero impressionante di vittime tra il clero: 7000 tra sacerdoti e religiosi uccisi dai miliziani, tra cui 12 vescovi, mentre è più difficile calcolare il numero dei fedeli laici caduti per odio alla fede, e dev’essere ricordato che i santi martiri non sono solo coloro giunti alla gloria degli altari con la canonizzazione, ma tutti coloro uccisi in odio alla Fede sono in Paradiso, secondo le parole evangeliche “chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà” (Mt 10,39) anche se il martirio è noto solo a Dio. Sono poi state menzionate le varie persecuzioni operate nel XX secolo da parte dei vari regimi comunisti, non solo in Unione Sovietica ma anche in Cina, Albania, Vietnam, Romania etc. senza dimenticare la Cina, dove il martirio e le persecuzioni proseguono tuttora.
Accanto al martirio esiste anche la persecuzione incruenta consistente nel linciaggio mediatico, nell’isolamento morale e nell’emarginazione psicologica dei cristiani come persone o come gruppo religioso. È la guerra culturale così come venne teorizzata da Gramsci, il cui fine è di portare il secolarismo integrale al popolo tramite il comunismo attraverso una indiretta laicizzazione di tutto – la prassi comunista che estirpa il cristianesimo dallo spazio pubblico relegandolo al rango delle opinioni private e dei sentimenti soggettivi, ciò che vediamo oggi ad opera di altre forze non più emanazioni dei soviet; malgrado il crollo dell’URSS tale concezione culturale del mondo è rimasta in piedi. La visione secondo la quale non esistono principi assoluti ma solo l’etica delle circostanze e dei fatti compiuti è di fatto l’idea di base dell’occidente, ed è una forma di martirio bianco nel quale non si versa il proprio sangue materialmente ma si patisce a livello psicologico e spirituale per via della Fede. Tale forma di martirio può portare all’accettazione del dolore e delle sofferenze che si dovranno attraversare per via della Fede in Cristo; una gran fonte di merito di fronte a Dio, e la via seguita dai confessori della Fede. Questa forma mentis è incomprensibile al mondo moderno segnato dal relativismo e dall’edonismo – il primo nega l’esistenza delle verità assolute, il secondo nega ogni senso al dolore – mentre appartiene in tutto al cristiano testimone della Fede; come affermato nella Veritatis Splendor, la negazione più radicale del relativismo è il martirio.
La confusione tra bene e male rende impossibile l’ordine sociale e comunitario, e il cristianesimo non è una religione individuale, ma è il corpo mistico di Cristo nella comunione dei santi, dove ognuno con le proprie azioni aiuta gli altri. Il sangue versato dai martiri perfezione e purifica la fede dei cristiani; secondo l’espressione di s. Giustino i martiri sono tralci di vite sfrondati per aumentare il frutto: più sono inflitti tormenti, più gli altri sono santificati, poiché ogni sofferenza sopportati riversa della Grazia sul corpo mistico dei cristiani, la Chiesa. L’insegna della religione cristiana è la Croce, che accompagna la storia e le vite personali nei sacrifici di beni minori in vista di beni maggiori, e che rappresenta la nostra lotta personale. La Croce resterà sempre, come anche le vessazioni – bisogna non spaventarsi ma rafforzarsi, perché la voce della verità non si soffoca: Dio non muore.
La vera vittoria è continuare la lotta per la buona battaglia legittimamente combattuta fino alla fine della propria vita. Il combattimento non è contrario allo Spirito Cristiano, ma lo è l’agire di coloro che vogliono estinguere l’amore di Dio dentro la Chiesa. Ognuno di noi, vedendo le notizie e lo stato attuale delle cose, è incline al pessimismo e immagina un futuro del tutto grigio. Ma la storia non appartiene all’uomo; solo Dio ne è padrone e non ci sono perdite irreversibili. L’unica perdita è non combattere e così perdere il proprio diritto al premio eterno, togliendo ogni speranza di salvezza terrena. Cristo è il Re della storia, e non importa quanto il proprio martirio (bianco o cruento) sia conosciuto agli uomini o abbia esposizione mediatica: di fronte a Dio nulla è sconosciuto, e nessun atto di amore nei suoi confronti resta senza ricompensa.

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