di Giuliano Guzzo
Si fa un gran parlare, in questi giorni, di biotestamento. Ed è comprensibile, essendo appena stata approvata la legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento. Solo che non è sempre stato così, anzi. Per anni l’argomento, pur ciclicamente emerso sui grandi media – per lo più in occasione delle vicende di Piergiorgio Welby, Eluana Englaro e dj Fabo – non è interessato, diciamolo, quasi a nessuno. Fra i pochi che se ne sono occupati, al di fuori del circuito accademico intendo, credo che possa essere incluso il sottoscritto: scrissi il mio primo articolo di bioetica, su una rivista che ora neppure esiste più, proprio sul biotestamento e i suoi rischi. Dieci anni fa.
Si fa un gran parlare, in questi giorni, di biotestamento. Ed è comprensibile, essendo appena stata approvata la legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento. Solo che non è sempre stato così, anzi. Per anni l’argomento, pur ciclicamente emerso sui grandi media – per lo più in occasione delle vicende di Piergiorgio Welby, Eluana Englaro e dj Fabo – non è interessato, diciamolo, quasi a nessuno. Fra i pochi che se ne sono occupati, al di fuori del circuito accademico intendo, credo che possa essere incluso il sottoscritto: scrissi il mio primo articolo di bioetica, su una rivista che ora neppure esiste più, proprio sul biotestamento e i suoi rischi. Dieci anni fa.
Da allora ho partecipato, anche come relatore, a diversi dibattiti ed è il
ricordo di uno di questi che, ora, vorrei condividere. Si trattava di una
serata di approfondimento – sul biotestamento, appunto – che vedeva tre
relatori: un medico, che doveva esporre la sua esperienza pluridecennale
nelle corsie d’ospedale, una persona favorevole alle DAT e il sottoscritto,
che invece era (ed è) del tutto contrario. Ebbene, rammento come il
dibattito si sviluppò pur con incolmabili divergenze tra me e la relatrice
pro biotestamento, in modo in fondo pacifico, cosa non scontata in questi
casi. Ricordo pure gli argomenti che, in quella come in altre occasioni,
cercai di esporre.
No, non mi riferisco all’idea secondo cui la vita è di Dio e quindi solo
Lui può toglierla. Non alludo neppure a qualche astrazione filosofica ma
solo, molto banalmente, alle trappole che le DAT comportano: la cristallizzazione di volontà terapeutiche su un futuro e una
condizione del tutto sconosciuti; la possibilità assai elevata che
le volontà terapeutiche di ognuno di noi (spesso senza che ce ne rendiamo
del tutto conto) mutino; il rischio che si diano disposizioni senza
minimamente conoscere gli scenari clinici sui quali ci si esprime; l’altra
probabilità che il fiduciario, pur in buona fede, interpreti male le
volontà del testatore che l’ha nominato, e così via.
Portai anche con me, quella sera, un modulo di biotestamento: un misero
foglietto A4 con due vaghissime caselle su cui decidere, barrano, il
proprio destino. Alla vista della banalità di un testamento biologico,
ricordo che la mia controparte iniziò a scaldarsi: aveva parlato per
mezz’ora delle DAT senza però avere il coraggio – chissà come mai – di
esibirne un esempio. Un classico, da parte dei cantori
dell’autodeterminazione assoluta. Forse perché, vedendo che cosa in pratica
sono le DAT, la gente capirebbe che è più serio il modulo di consenso
informato dell’igenista dentale, rispetto a quello con cui si decide della
propria morte?
Chissà. Fatto sta che, a fine dibattito, avvenne un fatto rimastomi
impresso. Il medico, che durante la serata aveva correttamente evitato di
esporsi pro o contro il biotestamento, mi avvicinò e, a tu per tu, mi
disse: «
La ringrazio, perché ha parlato bene. Sul biotestamento, le cose stanno
proprio come dice lei. Per noi medici conta avere un rapporto libero
col paziente, assisterlo. Le DAT non servono»
. La sala, quando il dottore mi fece questa confidenza, era ormai mezza
vuota. Nessuno sentì, ma per me fu una vittoria. Il pubblico, infatti, non
era tutto dalla mia parte, anzi. Chi però conosceva meglio di tutti il
“fine vita”, sì. E quello, a me, fu più che sufficiente.
da GiulianoGuzzo.com
Pubblicato il 19 dicembre 2017
da GiulianoGuzzo.com

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