
Il libro "Ultime Conversazioni", la lunga intervista a Benedetto XVI appena uscita a firma di Peter Seewald, ha infiammato il dibattito nel mondo cattolico, riguardo quanto ci sarebbe scritto sulle motivazioni delle dimissioni del Papa tedesco. In realtà, a parte qualche spasmodico tentativo di ricercare fra le righe messaggi in codice, al riguardo degli argomenti scottanti che in questi anni stanno togliendo il sonno ai cattolici, non c'è scritto granché e, sotto questo aspetto, che il libro non riservasse colpi di scena era prevedibile. Qualche punto interessante però si può trovare, in particolar modo riguardo la persona Joseph Ratzinger.
Il volume parla della storia di un giovane sacerdote che,
dopo il seminario, prese la strada dell'insegnamento totalmente ignaro di cosa
la vita gli avrebbe riservato, ma sempre pronto ad obbedire alle chiamate che
gli giunsero dall'alto. L'intelligenza brillante e il metodo con cui si applicò,
portarono il teologo a diventare subito una specie di celebrità nel mondo
accademico tedesco e la novità del linguaggio ratzingeriano ben presto lo portò
ad essere considerato un "progressista". Quest'ultimo però, per chi
conosce i suoi scritti e alla luce di ciò che spiega Benedetto nel ricordare la
sua vita, non appare un aggettivo esatto. Un punto centrale del volume è
probabilmente questa distinzione che, se
non tenuta in considerazione, rischia di trarre in inganno nella valutazione
dell'uomo e del sacerdote. Il progressismo del giovane Ratzinger è infatti un
metodo espositivo rinnovato, un nuovo approccio alla teologia, un linguaggio
novecentesco applicato alla dottrina di sempre. Non è il progressismo deleterio
di chi ancora oggi vuole negare verità di fede e rileggere il cattolicesimo in
un'ottica mondana.
L'approccio teologico nuovo venne portato da Ratzinger al Concilio
Vaticano II e inizialmente fu dirompente, ma ben presto lasciò il passo a chi,
con la scusa di un nuovo linguaggio cercò davvero di fare della Chiesa una
struttura svuotata e "moderna" nel senso stretto del termine.
L'operazione modernista non riuscì, ma i semi del male vennero piantati.
Lo
stesso Ratzinger ammette di essersi interrogato poco tempo dopo, con i suoi
interlocutori, sull'esito del Concilio. Già nel 1966 denunciò che gli
avvenimenti stavano prendendo una brutta piega. Anche in ambito liturgico, il
futuro Papa non fu d'accordo con il pensionamento frettoloso dell'antica
liturgia, ritenendo che un rito millenario non potesse essere liquidato in poco
tempo. Proprio per ricostruire un legame che riteneva spezzato, scrisse durante
il suo pontificato, il Motu Proprio Summorum Pontificum.
Le critiche e le riflessioni post conciliari valsero al
professor Ratzinger molti grattacapi, tanto che il suo amico Kung iniziò ad
odiarlo e lo odia tutt'ora.
Ratzinger però non era solo un teologo di fama. La sua
attività di insegnante lo portò ad avere a che fare con molti studenti dei
quali curava anche l'anima. Un aspetto della storia di Benedetto poco
conosciuto è proprio il suo rapporto con i giovani, dai quali a quanto pare era
molto amato e cercato. In misura diversa, ma in qualche modo simile, un altro
grande "pastore" di giovani fu Karol Wojitila e non è un caso che
entrambi durante i loro pontificati abbiano saputo toccare le corde del cuore
dei ragazzi di tutto il mondo.
A parte questi aspetti, nel libro non c'è molto e chi ha già
avuto modo di leggere l'autobiografia troverà la possibilità di fare un veloce
ripasso della vita e delle opere di Joseph Ratzinger, il cui ruolo storico e
spirituale probabilmente sarà chiaro nei prossimi anni.
Scriveva Joseph de Maistre che l'Ordine, dopo la
rivoluzione, non potrà essere identico a quello pre rivoluzionario.
"Questa rivoluzione - scrive il Conte - non può finire con un ritorno
all'antico stato di cose, che sembrerebbe impossibile, ma con la rettifica
dello stato in cui siamo caduti". Ciò vuol dire che non si riporteranno
indietro le lancette dell'orologio, ma che nascerà qualcosa di nuovo, nel segno
della millenaria tradizione cristiana, mondato dalle eresie dell'oggi. A mio
parere, mi si permetta un giudizio del tutto personale, la "rettifica"
si baserà sugli scritti di un mite teologo tedesco che per un caso fortuito
divenne Papa. Joseph Ratzinger ha fornito le fondamenta per permettere alle
nuove generazioni di riedificare la Chiesa. Nei prossimi anni sarà evidente.
Pubblicato il 19 settembre 2016
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