«Io farei tanti passi indietro pur di
mantenerci nella pace e pur di mantenerci nell'amicizia». Così monsignor Cipolla, che effettivamente fa
piangere. E’ l’esito del franceschianesimo, la fede che rinuncia alla
cultura, sperando di piacere. La fede in braghe di tela che fa il paio
con grasse fette di ignoranza imbarazzante. Ridatemi uomini di un qualche
peso, non dico uomini di Chiesa, ma uomini di peso. Datemi, dal Veneto come il
Cipolla, Kamel Layachi, che veste con più decoro, conosce meglio la teologia
e - di questi tempi serve - non deve pagare il soldo a nessun capetto, ma può
parlare liberamente e quindi sapientemente: «Il presepe ci ricorda la
nascita di un profeta tra i più grandi nella storia dell'umanità. Il sacro
Corano ricorda più volte Gesù e dedica un'intera sura a sua madre, la vergine
Maria. Perciò la rappresentazione della natività cristiana è una bellissima
tradizione e un punto d'incontro e di conciliazione tra due fedi religiose. Non
c’è ombra di discordia nel presepe, forse chi lo vieta e lo bandisce dalle
scuole è animato da spirito laico o da un atteggiamento ateo ma evocare un
presunto turbamento dei musulmani è contrario alla verità». Oppure datemi
un cadavere, quello di Ernest Hello, cattolico francese del Settecento, un lupo
solitario, sufficientemente lupo e sufficientemente solitario da potersi
dedicare ancora alla ricerca della Verità, senza sconti né in uscita né in
dottrina, senza debiti con pecore né comunità. Scrive una sorta di capolavoro,
“L’uomo”, che si apre con un capitolo sulla “Unità” in cui i due termini in
rima sono Dio e pace, demonio e neutralità: “La Vita, l’Amore, l’Unità si
sostengono dunque o piuttosto non fanno che uno”, e la loro alternativa è
l’uomo “superiormente separato; perché è separato dolcemente, senza agitazione,
senza terrore, senza rimorso; ha il silenzio della tomba, che è la parodia
della pace”. Ovviamente si tratta di un uomo guidato dal demonio, al quale
questi assicura: “ - tu gusti il riposo del savio; vedendolo neutro tra la
verità e l’errore, gli dice: - tu li domini entrambi; vedendolo inattivo, gli
dice: tu non fai del male; vedendolo senza risorsa, senza vita, senza reazione
contro la menzogna e il male, vedendolo destituito della collera dell’Amore,
come parlava De Maistre, gli dice: - io ti ho ispirato una filosofia savia, una
dolce tolleranza, tu hai trovato la calma nella carità; perché il demonio
pronunzia spesso le parole di tolleranza e di carità”. Datemi qualsiasi
cosa, ma non ricacciatemi nelle prigioni della menzogna (Gv 8,32), nemmeno
in nome dell’amore, o tantomeno in nome dell’amicizia, specie se sono falsi
nomi per servilismo e pigrizia.
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