di Giuliano Guzzo
«La parte non russa e federale dell’inchiesta è stata secretata all’ultimo momento», precisa ai propri lettori Corriere della Sera a proposito delle 323 fitte e dettagliatissime pagine del report dell’Agenzia mondiale Antidoping Wada che inchioderebbe la Russia come responsabile del più esteso fenomeno di doping e corruzione della storia dello sport moderno. Capito? «La parte non russa»
dell’inchiesta è blindata: non sia mai che qualcuno, in queste ore, si
faccia l’idea che il problema del doping non riguardi solo il Paese
governato dal malefico Putin. E siamo alla prima stranezza.
La seconda, però, è ancora più spassosa: nel dossier Wada si parla di
“sabotaggio” dei Giochi Olimpici di Londra 2012 da parte della Russia
dato che, a quanto pare, la quasi totalità di atleti saliti sul podio o
entrati in finale sarebbero stati dopati. Curioso, molto curioso. Sì,
perché ai Giochi Olimpici di Londra 2012, dopando come cavalli i propri
Atleti, la Russia ha conquistato 24 ori. Peccato che ad Atlanta 1996 i
russi abbiano agguantato 26 ori, ad Atene 2004 ben 27 (totalizzando, fra
l’altro,10 medaglie in più che a Londra), a Sidney 2000 addirittura 32.
Saremmo cioè di fronte al primo caso nella storia di doping che,
anziché migliorarli, peggiora i risultati.
Sempre che, ovviamente, la Russia non fosse solita – discostandosi
dalle pratiche invece onestissime di altri Paesi – dopare da decenni i
propri atleti: ma di questo, nello scandalo pure gigantesco di queste
ore, nessuno pare parlare. Non resta così che la sospetta impressione
che quella di queste ore – per dirla col Marcello Foa, giornalista
nonché esperto di questi stregoni dell’informazione che sono gli spin
doctor – altro non sia che «una tempesta perfetta per incrinare il
morale dei russi e spostare il focus: dai successi della lotta all’Isis
ai dubbi su un governo corrotto e immorale. Basta poco per cambiare
l’immagine e la reputazione di un Paese…».
Già, basta davvero «poco per cambiare l’immagine e la reputazione di un Paese…». Soprattutto alla luce di un quadro – quale è quello delineato in queste ore con straordinario
coordinamento da tutti i mezzi di informazione – che vedrebbe, (pure) a
livello sportivo, un Paese eccezionalmente disonesto in mezzo ad altri
che invece impongono ai loro atleti una scrupolosa osservanza di tutte
le regole. Compresi, si capisce, i Paesi i cui atleti stracciano quelli
russi. E se qualcuno avesse per caso la curiosità di quale sia «la parte non russa» può accomodarsi e aspettare. Anche se, più che curiosità, per vedere «la parte non russa» di questa inchiesta, occorre fede.
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