E’ facile presentare la nuova enciclica di Papa Francesco, Laudato si‘, come un nuovo manifesto dell’ambientalismo globale. Tentativi in questo senso si sprecano, basti pensare al quotidiano L’Unità, testata storicamente tutt’altro che tenera
con la Chiesa e i cattolici, che ieri ha fatto il proprio ritorno in
edicola con l’enciclica pubblicata a puntate. La passione per il
documento del pontefice argentino esige però una cosa: che non lo si
legga. Se lo si fa, infatti, non solo non mancano sorprese, ma accade –
specie se si sposa la cultura dominante – che si perda letteralmente la
pazienza. Cosa che è accaduta, nei giorni scorsi, allo scrittore e
giornalista Carlo Patrignani secondo cui «al di là dei forti accenti
ambientalisti e anti-tecnologici di stampo heideggeriano, l’enciclica
di Papa Francesco, ennesima apostasia contro il male, insito nel
progresso scientifico, già salutata come rivoluzionaria, presenta
passaggi insidiosi per non dire inquietanti». Quali saranno mai questi «passaggi insidiosi per non dire inquietanti»? (Huffingtonpost.it, 22.6.2015).
Il Nostro non esita a segnalarlo: «Laddove si riferisce
all’embrione umano: “Non è praticabile un cammino per l’accoglienza dei
deboli quando non si dà protezione a un embrione umano”». Ad
irritare Patrignani, oltre al fatto che in un’enciclica dedicata alla
cura del creato si sia fatto riferimento alla necessità di dare «protezione» all’essere umano più piccolo in assoluto, sono le stesse parole «embrione umano»: «Come
si può conferire l’aggettivo “umano” a un sostantivo “embrione” quando è
appurato da tempo, grazie ai progressi della scienza, essere un ammasso
di cellule indistinte che in prospettiva possono differenziandosi
diventare feto che, a sua volta, diventa solo con la nascita […] essere umano?».
Ora, per replicare a simili rilievi urge anzitutto una precisazione: un
conto, con riferimento all’embrione, è la sua identità umana – aspetto
biologico -, un altro è la sua identità personale, aspetto che invece
possiamo considerare bioetico. Il Nostro, però, neppure si pone il
problema dell’identità personale dell’embrione, arrivando a negarne
perfino, «grazie ai progressi della scienza», l’identità umana.
Tocca rilevare che, se da un lato l’identità personale dell’embrione –
come detto – investe il piano bioetico, sul quale il dibattito è per
molti versi aperto e perfino vivace -, quella umana, checché se ne dica,
non è affatto in discussione giacché numerosi ed autorevoli testi di
embriologia e biologia da diversi anni utilizzati anche
nell’insegnamento universitario riportano il concepimento quale momento
dell’inizio della vita umana attraverso la fecondazione, cioè l’unione
di spermatozoo ed ovulo che determina la formazione dello zigote anche
prima dell’impianto nell’utero materno: dal testo fondamentale di Sadler
a quello di Gilbert, da quello di Kalthoff a quello di Yanagimachi sono
davvero molti i riferimenti bibliografici che si possono portare a
suffragio di questa che, a ben vedere, non è neppure più una ipotesi né
tesi scientifica ma, in vero da anni, una lapalissiana evidenza che
proprio «grazie ai progressi della scienza» siamo pacificamente nella condizione di riconoscere come tale.
Come e perché l’embrione umano sia già persona è poi questione, come
detto, da affrontarsi con argomenti bioetici anche se per risolverla, a
ben vedere, basterebbe applicare rettamente l’aristotelico principio di
non contraddizione (Cfr. Metafisica, 1005 b 19-20). Torniamo però al cuore della critica mossa su Huffingtonpost, dove i riferimenti alla vita umana prenatale vengono qualificati – abbiamo visto – come «passaggi insidiosi per non dire inquietanti»; in effetti, al di là del giudizio che su di essi s’intende dare, oltre a quello ricordato sulla necessità di dare «protezione a un embrione umano», in altri passi dell’enciclica il Papa critica duramente quanti «invece di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso […] si limitano a proporre una riduzione della natalità» (Laudato sì, n.50, p.38) spiegando che «la difesa della natura» non è «compatibile con la giustificazione dell’aborto» (n. 120, p.94). Non c’è quindi alcun dubbio che, pur affrontando esplicitamente la tematica ambientale, Laudato si’ esprima e sottolinei una ferma contrarietà all’aborto. Come mai?
Si potrebbe, con una battuta, ricordare che si tratta pur sempre di
un documento scritto da un Papa. La verità è però un’altra e cioè che
l’antropologia cristiana – da sempre – è strettamente connessa al
concetto di persona umana, al cui valore riconosce un indiscutibile
primato. Ecco perché Papa Francesco, pur dedicando l’enciclica alla
salvaguardia della casa dell’umanità, non ha perso occasione – anche se
forse questo “particolare” è sfuggito alla redazione de L’Unità – di denunciare una certa «ossessione di negare alla persona umana qualsiasi preminenza» che giustifica una paradossale lotta «per le altre specie che non mettiamo in atto per difendere la pari dignità tra gli esseri umani»
(n. 90, p.70). Prima viene dunque l’uomo, sempre. Il che, si badi, non
risulta affatto in contraddizione con la difesa del creato ma ne
costituisce una fondamentale promessa dal momento che se perdiamo di
vista il rispetto della vita umana difficilmente si potrà, al di là di
ragioni ideologiche ed evanescenti, comprendere ancora il vero
significato dei valori del rispetto e della vita, che diventerebbero
solo pretesti ed elementi di una battaglia confusa e ipocrita.
(“La Croce”, 1.7.2015, p.5).
C'è tanto da dire su questa enciclica...Dilungarmi in questa sede non sarebbe opportuno. Chi fosse interessato può visionare qualche considerazione in merito sul blog di cui indico qui sotto l'indirizzo.
RispondiEliminaTommaso Pellegrino - Torino
www.tommasopellegrino.blogspot. com