di Giuliano Guzzo
Quanti saranno, oggi a Roma? Quanti sposi, quanti giovani e quanti
nonni si raduneranno nel pomeriggio in piazza San Giovanni per dire
insieme no all’indottrinamento gender nelle scuole e un forte sì alla famiglia, invitando tutti, politica in primis,
a diffidare dalle imitazioni? Si stimano decine di migliaia di
adesioni, alcuni parlano addirittura di centinaia di migliaia. Vedremo.
Il gioco dei numeri, del resto, sarà anzitutto di quei giornali che
faranno di tutto per delegittimare la manifestazione di oggi: cercando
di presentarla come di pochi, se i presenti non fossero tantissimi,
tentando di presentarla come di pericolosi omofobi, se invece – come
pare – i presenti saranno tantissimi. Meglio allora non fermarsi ai pur
importanti numeri, perché il raduno di popolo oggi a Roma ha un senso
diverso, che non è tanto e solo di riempire una piazza bensì d’evitare
uno svuotamento.
Lo svuotamento definitivo dei valori della famiglia.
Sono infatti decenni che tentano di farla a pezzi, ma la famiglia
resiste: fiera, gioiosa, tostissima. Hanno provato a vivisezionarla e
sterilizzarla rispettivamente col divorzio e con l’aborto, sperando di
spezzarla in due e impedendo che si allargasse a tre; ma lei pur
accusando il colpo, non ha ceduto. Così hanno preso a calunniarla,
insinuando che sia il luogo prediletto della violenza e dell’oppressione
patriarcale, che sia meglio lasciarla sola. Eppure la famiglia non s’è
fatta intimidire, continuando a generare compagnia e solarità, a
trasmettere valori e insegnamenti. Per questo ora contano di farla fuori
privatizzandola e immettendola nel mercato, ponendole accanto – in nome
di un’uguaglianza fasulla, volta a parificare cose diverse – surrogati
come le unioni civili. Per questo ora tentano, violentando la realtà, di
spiegare che i componenti senza cui non solo non c’è, ma neppure può
esserci famiglia – l’uomo e la donna, così diversi e così complementari
grazie a mascolinità e femminilità – sono archibugi sessisti.
Di qui l’indottrinamento gender nelle scuole, i cosiddetti
stereotipi di genere agitati come spauracchi, l’inverno demografico
negato – questo sì, problema vero – e la famiglia presentata
come una delle tante famiglie possibili, e neppure la più interessante.
Ecco, gli sposi, i giovani e i nonni che oggi s’incontreranno a Roma
manifesteranno per questo: perché i figli possano essere tenuti lontani
da simili, oscene menzogne. Perché i bambini, già costretti a
sopravvivere all’aborto di Stato per nascere – e circa uno su quattro,
infatti, non nasce -, non siano chiamati anche a sopravvivere alla
rieducazione di Stato. E che ce lo chieda l’Europa o ce lo suggerisca il
presidente Obama o ce lo proponga qualche parlamentare o tenti di
spiegarcelo qualche professore con l’aria da saputello non fa
differenza: perché ogni tentativo di genitalizzare l’identità sessuale
per fare spazio a infinite nuove identità gender è follia. Una follia
talmente ridicola che può essere distrutta semplicemente con un sorriso.
Ed oggi, a Roma, di sorrisi ce ne saranno tanti.
Pubblicato il 20 giugno 2015
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