di Marco Mancini
Conosciamo tutti la
Fraternità Sacerdotale San Pio X, la comunità tradizionalista fondata da mons.
Lefebvre e divenuta scismatica a seguito delle illecite ordinazioni vescovili
del 1988. Del tutto superfluo è riaprire in questa sede il discorso sul suo status
canonico, sulle scomuniche comminate in quell’occasione ai suoi Vescovi e poi revocate: si ricordi, comunque, che i sacerdoti della Fraternità sono, per quanto in maniera
illecita, validamente ordinati.
La sede del Distretto italiano della
Fraternità si trova ad Albano Laziale, in provincia di Roma. Qui diversi
sacerdoti lefebvriani vivono, pregano, studiano, esercitano la cura di anime,
amministrano i Sacramenti. Celebrano riti
funebri, per ogni fedele, senza curarsi del giudizio degli uomini, come
dovrebbe fare ogni buon sacerdote cattolico. Li hanno celebrati, dunque, anche per
Eric Priebke. Ne è seguita la canea che sappiamo.
La scena barbara, incivile, di un feretro circondato, assaltato, preso
a calci da decine di esponenti del c.d. “antifascismo militante”, mossi
dall’odio verso un povero corpo morto, si colloca a pieno titolo nel novero
delle infamie di questo Paese, alla stessa stregua della “macelleria messicana”
(Ferruccio Parri) di Piazzale Loreto. E’ l’Italia peggiore, che torna
periodicamente, dietro la maschera buonista, a mostrare il suo vero volto,
quello di una ferocia luciferina. Feccia,
umana prima ancora che politica.
A ciò si aggiunga che, come insegnano
le teorie istituzionaliste, ogni organizzazione tende, con il passar del tempo,
a garantire la propria sopravvivenza indipendentemente dalle funzioni per il
cui svolgimento essa era nata. Così è per la NATO, che è sopravissuta alla
Guerra Fredda e ci tiene ancora legati al carro statunitense, nonostante la
Russia non rappresenti più una minaccia per la nostra libertà. Così è anche per l’ANPI, l’Associazione
Nazionale Partigiani d’Italia. La guerra civile è terminata da quasi
settant’anni, i partigiani che preferirono riparare sui monti piuttosto che
collaborare con i tedeschi sono quasi tutti morti, eppure questa organizzazione
continua a pullulare di iscritti, in gran parte giovani. E, con il pretesto di
custodire lo “spirito partigiano”, riceve contributi pubblici per centinaia di
migliaia di euro l’anno: soldi anche
nostri, che foraggiano un’associazione dalla chiara matrice politica, pronta
a bastonare chiunque si azzardi a discostarsi dall’ortodossia della “Repubblica
nata dalla Resistenza”.
A questi rottami della storia il gesto di pietà umana e cristiana
compiuto dai sacerdoti della Fraternità San Pio X dev’essere parso un affronto
intollerabile. Sabato scorso, quindi, hanno
organizzato una patetica manifestazione, alla quale ha presenziato qualche
centinaio di persone. Al grido di “I castelli romani sono antifascisti, ora e
sempre Resistenza!”, i partecipanti hanno sfilato per le vie di Albano Laziale.
Dagli altoparlanti dell’ANPI sono risuonate parole dolci all’indirizzo della
Fraternità: “Quella confraternita di nazisti vestiti di nero non è ospite
gradita: via la comunità di San Pio X da Albano. Finché saranno qua non avranno
pace, non camperanno sereni”. Un
avvertimento, insomma, in perfetto stile mafioso. Tempo qualche settimana e
gli eroici partigiani del terzo millennio faranno magari saltare in aria la
cancellata del Priorato, nella classica escalation che è tipica prerogativa di
tutte le mafie che si rispettano.
Il problema è che questa gente non è solo cattiva: è anche
tremendamente stupida. Talmente stupida da non capire di assomigliare molto a
quel “fascismo” che vorrebbe debellare, con quelle frasi che, se
pronunciate da qualche leghista nei confronti di una comunità religiosa islamica,
susciterebbero lo sdegno di tutti i benpensanti. Si pensi solo alla vera e
propria religione politica che questi figuri hanno costruito attorno
al mito della “Costituzione”, anche sabato issata sugli scudi, perché – si sa –
“tutto il mondo ce la invidia”. Un culto feticistico, ben più intenso di quello
del Littorio, su cui pure ha scritto con dovizia lo storico Emilio Gentile.
Tornano in mente, oltre alle
freddure di Flaiano (“In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i
fascisti e gli antifascisti”), gli
scritti corsari di Pasolini, il suo j’accuse
contro il “fascismo degli antifascisti”, la sua commiserazione nei confronti
dell’antifascismo che egli definiva “archeologico” e a proposito del quale
si poneva il dubbio se fosse “ingenuo e stupido” o “pretestuoso e in malafede:
perché dà battaglia o finge di dar battaglia ad un fenomeno morto e sepolto,
archeologico appunto, che non può far paura a nessuno. Insomma, un antifascismo
di tutto comodo e di tutto riposo”. Così
scriveva Pasolini, individuando nella “società dei consumi” il vero, terribile
fascismo da combattere.
“Antifascisti di tutto comodo e di tutto riposo”: sì, mi pare un’ottima
definizione per le iene che sogliono avventarsi sui cadaveri sperando così di
diventar leoni.
Pubblicato il 12 novembre 2013

Condivisione totale! Ottimo Marco! Ora e sempre resistenza... alla Repubblica nata dalla Resistenza!
RispondiEliminaEMR
ti assicuro che non aspettiamo altro
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