Si è
recentemente spento Don Andrea Gallo, un sacerdote genovese, assunto ad icona da
parte dei cosiddetti “cattolici” progressisti, ma soprattutto di chi cattolico
non è ma pretende che la Chiesa parli e agisca come dice lui. C’è chi mi ha
detto che non valeva la pena di ricordarlo, visti i suoi insegnamenti in frequente contrasto con la dottrina
cattolica che avrebbe dovuto seguire e predicare, e che sarebbe stato più
opportuno passare sotto silenzio la sua scomparsa. Tuttavia, è dovere dei
cattolici non solo elogiare i buoni maestri, a partire dal Papa, ma anche
denunciare quelli cattivi. Inoltre, la sua vicenda umana, non priva di aspetti
positivi, ha qualcosa da dire.
In
breve, Andrea Gallo, nato nel 1928 a Genova, entrò in seminario a vent’anni e
iniziò gli studi religiosi sia a Roma, sia nel Brasile dove l’estremismo della
destra conservatrice e latifondista aveva costretto al suicidio il Presidente
nazionalista e corporativista Getúlio Vargas (1954), e l’oppressione sociale
costituiva il brodo di coltura che avrebbe di lì a poco partorito le Comunità Ecclesiastiche di Base (1957) e la Teologia della
Liberazione. Nel 1959 fu ordinato sacerdote e nel 1964 lasciò i
salesiani, a suo dire troppo istituzionalizzati, per essere incardinato nella
Diocesi di Genova. Iniziò con alcune esperienze da sacerdote in situazioni
molto difficili: la nave-riformatorio Garaventa, la parrocchia del Carmine, il
carcere di Capraia, fino a fondare nel 1970 la comunità di base di San
Benedetto al Porto, di cui è sempre stato parroco e animatore.
Nel
corso della sua lunga vita, Don Gallo non
si è mai messo in luce per quanto riguarda la sua vocazione sacerdotale, quanto
per il suo impegno sociale e politico: attività in sé positiva e doverosa,
ma meno importante rispetto alla salute delle anime, la quale dovrebbe essere
viceversa la primaria preoccupazione di un sacerdote. Invece, il presbitero
genovese ha sempre preferito occuparsi d’altro. Il suo pluridecennale impegno
nel sociale, a fianco di emarginati di ogni tipo – tossicodipendenti,
prostitute, poveri –, non è affatto in discussione, ed è anzi meritorio, specie
se raffrontato alla vita egoistica di non pochi dei suoi critici. Cito, ad
esempio, l’ultima sua iniziativa, lo scorso mese, contro la piaga del gioco
d’azzardo. Tuttavia, non doveva essere il centro della sua attività. Un
cristiano, e ancora di più un sacerdote non può mai mettere l’uomo davanti a
Dio.
Infatti,
le sue prese di posizione sono spesso e volentieri state in contrasto con la
dottrina cattolica, che era invece suo dovere insegnare, spiegare e difendere. Va
bene la condanna contro i settarismi e
le lobbies interne alla Chiesa, comprese quelle meno apparenti («C’è poi una lobby omosessuale molto forte:
un gruppo di vescovi che nasconde la propria omosessualità e la sublima non
nella castità bensì nella ricerca del potere; cercano di allungare la catena
che li unisce creando altri vescovi omosessuali»). Passino le posizioni
antimperialiste e anticapitaliste, mutuate dalla Teologia della Liberazione –
giuste ancorché contaminate da certo marxismo pauperista d’accatto –, che
l’hanno portato a battersi a fianco dei No Dal Molin, a rendere omaggio al
Presidente Chávez. Si chiuda anche un occhio sul feticismo per la Costituzione
e sullo stantio antifascismo.
Tuttavia,
restano inaccettabili le sue “aperture” – ma sarebbe meglio dire “tradimenti
del depositum fidei a lui affidato – nei confronti della legalizzazione delle
droghe (pur avendo constatato nel suo apostolato sociale la tragedia della
tossicodipendenza), dell’ordinazione femminile, dell’abolizione del celibato
sacerdotale, dell’anarchismo, del bolscevismo, delle unioni omosessuali, della
contraccezione, dell’eutanasia, persino del crimine dell’aborto! Questa sua
totale sottomissione di fronte agli idoli del mondo moderno e della sovversione
anticristiana, propria di ampia parte delle sinistre occidentali, gli aveva
valso l’amicizia ed il plauso di molti personaggi pubblici, in genere di
sinistra, al punto da essere elevato ad “antipapa”, fautore di un’immaginaria
“altra Chiesa” che rinneghi la propria missione e dottrina, ad uso e consumo
della propaganda laicista e radicale. E tuttavia, non si può non notare come le
gerarchie ecclesiastiche, in tutto questo tempo, siano venute meno al loro
dovere paterno di riprenderlo ed ammonirlo a tornare sulla retta via. Invece, il suo funerale sarà celebrato dal
Card. Bagnasco, suo Arcivescovo e Presidente della CEI, senza un accenno ai
suoi errori, col rischio di indurre in scandalo i fedeli.
La
prima riflessione di fronte alla sua morte emerge con evidenza dalle reazioni
alla sua morte: i suoi ammiratori, ossia ampia parte del circo mediatico e
intellettuale, l’hanno ricordato, esaltato, elogiato, trasformandolo subito in un santino laico da agitare contro la Chiesa,
un’icona astratta priva di attinenza con la sua dimensione umana – come
avvenuto per i volti del Che stampati a milioni sulle magliette, negli
innumerevoli opifici dove schiavi senza volto nutrono il Moloch del consumismo.
Alla maggior parte di loro non interessava l’uomo, bensì il caso curioso di un
prete che desse voce e ragione ai loro pregiudizi. I suoi detrattori, invece,
che ne hanno sempre condannato l’operato, indegno di un sacerdote, hanno elevato innumerevoli preghiere per
la sua anima immortale, affidandolo alla Misericordia Divina. Coloro che lo
attaccavano da vivo, gli hanno mostrato genuino amore da morto, memori anche
della sua dignità sacerdotale, da lui stesso più volte trascurata.
La
seconda riflessione sta nella sua parabola umana: ispirato da buone intenzioni,
le stesse di cui è lastricata la strada dell’inferno, nei confronti dell’essere
umano, ha dimenticato che è questo ad
essere stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, e non viceversa. In
buona fede, ha dimenticato che Cristo era stato oggetto di scandalo per il
mondo. Nonostante la sua pretesa ispirazione salesiana, non ha imitato davvero
Santi come Giovanni Bosco e Giuseppe Benedetto Cottolengo, modelli sia
d’impegno sociale sia di fedeltà alla Chiesa. Ebbene, Don Gallo ci mostra che la bontà d’animo non è sufficiente, in
mancanza di virtù cristiane come l’obbedienza e il timor di Dio. Con lui se
ne va una brava persona, ma un cattivo prete. A suo favore, si può al massimo
dire che, diversamente da De Capitani, Barbero ed altri spretati, non ha mai
abbandonato del tutto la Chiesa. Preghiamo, dunque, che la Divina Misericordia
salvi lui e le anime che ha indotto in errore.

Funerale in pompa magna. Mi attendo comizi politici di Vendola e amici.
RispondiEliminaQuesto non lo trovo giusto, ma la mia preghiera c'è già stata.
Dove si dimostra che i laici sono migliori dei preti!
RispondiEliminaBagnasco farà con don Gallo come si è fatto con Martini: non una parola sull'adesione a idee e dottrine anticristiane praticate dai pastori che conducono il gregge in bocca ai lupi!
La rinascita dovrà partire dai laici, perchè dai preti, salvo rare eccezioni, non possiamo aspettarci nulla!
Ci sono migliaia di preti fedeli alla Chiesa e a Cristo che fanno in silenzio il loro dovere, tenendo fede alla vocazione che hanno ricevuto. C'è chi lo fa in un modo, chi in un altro, a seconda dei carismi personali che hanno ricevuti. Ciò che lei dice, dunque, è profondamente ingiusto. Parla così sol perché qualche cattivo prete fa più rumore di tutti gli altri!
EliminaInfatti, ciò che di più importante danno i preti non viene affatto da loro, giacché chi accetta di farsi prete accetta di essere uno strumento attraverso cui passa la Grazia di Dio. È questo il più grande valore del sacerdote!
2Invece, il suo funerale sarà celebrato dal Card. Bagnasco, suo Arcivescovo e Presidente della CEI, senza un accenno ai suoi errori, col rischio di indurre in scandalo i fedeli".
RispondiEliminapotresti sempre scomunicare bagnasco, andrew: ma dovrai prima prendere gli ordini almeno e attendere il prossimo conclave; insomma hai di fronte una prospettiva di medio periodo, almeno.
Infatti don Gallo era amato in quanto brava persona ... nessuno ha tirato fuori che fosse amato perché prete, anzi, il fatto di essere prete forse gli ha creato anche qualche problema che da comune cittadino non avrebbe avuto.
RispondiEliminaNoi Cristiani Cattolici ci scordiamo troppo spesso quanto ha detto il Signore: " Et inferi non praevalebunt! ", c'e' pero' anche scritto nel Vangelo che a chi e' stato dato molto, molto verra' chiesto:per questo e' necessario affidare questo sacerdote alla misericordia del Signore e pregare per lui; attenti poi a dire che devono essere i laici e non i preti ( o la gerarchia se preferite) a riformare la Chiesa, lo diceva anche Lutero e lo sostengono molti dei neo modernisti del nostro tempo. Per me, e lo dico per esperienza personale, l'esempio di un prete santo mi copre l'immagine di dieci preti peccatori. San Francesco d'Assisi diceva che se avesse incontrato un prete e un angelo, avrebbe baciato prima dove si era posato il piede del sacerdote; stiamo attenti a non cadere nello spirito del 21° Concilio ecumenico che tanto male ha fatto e continua a fare alla Chiesa di Cristo.
RispondiElimina"Il cazzotto sottolinea l’idea"... della virgata che ne pensate?
RispondiElimina