Con questo contributo inizia a collaborare con noi Lorenzo Roselli, nato a Roma il 18 agosto 1994; da allora non ha mai smesso di essere
inopportuno. Studente di Liceo Classico senza mai aver pienamente compreso il
perché, si potrebbe facilmente accostare a Torquemada, se questo avesse
ascoltato Metal. Bigotto ma con senso dell’umorismo, aspira a conquistare il mondo almeno nelle
partite di RisiKO, dato che ad Age Of Empires ha miseramente fallito. E’ possibile
incrociarlo ai festini della gioventù abbiente romana, dove suole leggere saggi
di filosofia politica sorseggiando gassosa.
Cos’è un mito nella politica? Semplicemente è una mistificazione, falsificazione, clichè non più rispondente alla realtà di cui l’Italia è sempre stata affetta.
Di esempi se ne potrebbero fare molti: dall’estremismo
(appellativo che spesso e volentieri si dà alla coerenza, di qualsiasi colore essa sia) ritenuto pericoloso perché estremista, alla “sobrietà” che diventa
valore aggiunto di un governo incapace quanto i precedenti, fino ad arrivare alla
cosiddetta “energia pulita” affidata a delle ventole eoliche sulle colline
calabresi provocanti invece inquinamento atmosferico.
Il mito di cui intendo
parlare, tuttavia, non è di quelli più “gettonati”, trattandosi di qualcosa che
per veramente tanti, tantissimi italiani è una realtà indiscutibile: il voto
cattolico ed il suo peso nella politica italiana. Quante volte media,
opinionisti da Porta a Porta, sondaggisti e, per proprietà transitiva, vicini
di casa, esordiscono con il classico “Berlusconi ha vinto conquistando il voto
cattolico”, “il voto cattolico farà da ago della bilancia”, “in lizza per ottenere
il voto cattolico”? Chi di noi non ha sentito queste affermazioni così tante
volte da non poterle contare? Quello che però ho avuto modo di udire raramente,
è una definizione più specifica di quello che sarebbe il “determinante”
elettorato cattolico, ed in particolare in cosa consisterebbero le sue pretese
ed aspirazioni.
Qualche anno fa l’Istituto Demopolis pubblicava un sondaggio richiesto dal
programma “Otto e Mezzo” su La7 straordinariamente realista, il quale indicava
nell’UdC dei bei tempi andati (quella di Buttiglione e Tabacci, per intenderci)
il partito con più preferenze cattoliche. Francamente spero non sia più così,
vista la mala piega presa dal partito in tempi recenti, anche se le alternative
non sono a loro volta migliori.
Concludendo, ritengo sia rincuorante citare l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII: "Patire e sopportare è il
retaggio dell’uomo."
Partiamo da un presupposto:
per poter considerare un elettore “religioso”, aggettivandolo per tanto come
cattolico, evangelico, ebreo, buddhista, pastafariano, dobbiamo basarci su
qualcosa in più dell’orientamento religioso riportato su Facebook, dato che il suddetto elettore dovrebbe trarre
ispirazione dalla sua dottrina d’appartenenza, per fare una scelta di voto. In
Italia invece è sempre esistita, la curiosa tendenza a scindere l’aderenza alla
fede cattolica nell’aspetto personale dalle scelte in campo politico, della
serie “non vi è alcuna incongruenza nel prendere regolarmente la Comunione di Domenica e
militare con zelo nei Radicali il resto della settimana”.
Tra l’altro non mi è nemmeno
mai stato ben chiarito con quale metro si misurino le percentuali delle
preferenze di voto cattoliche, ovvero se gli istituti sondanti individuino come
cattolico il praticante o il “proclamante”. Per la cronaca, tra i proclamanti
(corrispondenti circa al 72% degli italiani) si celerebbe l’ingente numero dei
“credenti nominali ,” ritenuti cattolici perché aventi sacramenti ulteriori al
Battesimo, oltre che gli altrettanto numerosi “cattolici non credenti nella
Chiesa”, condizione che a rigor di logica negherebbe qualsiasi “cattolicità”,
ma tutto ciò probabilmente non è di primario interesse per i sondaggisti.
Rimangono i cattolici
praticanti, in altre parole coloro che manifestano la loro appartenenza
religiosa almeno nella messa domenicale.
Secondo dati diffusi
dall’Istituto EURISPES, a questa categoria apparterrebbero circa il 30-40% dei
“proclamanti”, su per giù il 20% degli italiani.
Ora, un 20% dell’elettorato
rimarrebbe comunque una percentuale discreta, in grado per lo meno di fare il
famoso “ago della bilancia”, se non fosse… eh sì, se non fosse per la questione
tutta italiana citata poche righe fa. In questo paese, essere cattolico osservante
non implica alcuna etica politico-sociale, quella dimensione religiosa che si
ferma alla sfera personale senza alcuna concretizzazione esterna (sogno di
intellettualoidi e benpensanti laici di vario genere), in Italia è realtà.
Oltretutto un’ampia componente dei cattolici praticanti italiani è composta da
persone anziane, consistenti per lo più nella classica vecchietta casa-chiesa
che, sebbene garante spesso e volentieri di una fede sincera nella sua
semplicità, può avere difficoltà a trasfondere gli insegnamenti della propria
fede in un quadro politico-sociale. La Dottrina Sociale
della Chiesa Cattolica diviene quindi un valore minoritario all’interno di una
minoranza, che potrebbe riguardare forse un ottimistico 10% dell’elettorato
italiano. E del resto, quando si è messa anche solo in discussione una nel
nostro Parlamento una revisione della 194? Quando sono stati inserite nei
programmi elettorali operazioni di tutela nei confronti dei comatosi e dei
non-nati? Quando è stato proposto di sovvenzionare le scuole cattoliche, come
avviene in tutto il resto d’Europa? E quando si è pensato di fare riforme in favore
dell’ultra-povertà italiana, al momento sostenuta principalmente dalla cattolica Caritas?
La domanda che sarebbe lecito
porsi, in sostanza, potrebbe essere questa: dove si troverebbe quello che è il
vero “voto cattolico”? Credo lo si debba chiedere a voi lettori, quattro gatti
che ancora spolverano parole come “Distributismo”, “Valori non negoziabili”, “Economia
etica”.
Non siamo pertanto una massa preponderante
e “bevona” che ha portato il nostro paese allo sfacelo, come appena dimostrato,
ma possiamo essere il "sale della Terra" (Matteo 5:13), una minoranza significativa
perché assettata di quella Giustizia che nel nostro paese manca e da tempo.
Pubblicato il 21 agosto 2012
Non esiste un vero voto cattolico perché se un cattolico interpreta in una maniera una questione potrà accadere che "altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, come succede abbastanza spesso e legittimamente."
RispondiEliminaQuindi, come mi sembra hai delineato, ogni cattolico deve essere sale nella sua forza politica e si unirà agli altri quando si troverà di fronte ai valori non negoziabili (che tra l'altro, come tutte le cose importanti della vita, sono pochi : tutela della vita, diritto dei bambini ad avere mamma e papà e poco altro) e ad esempio non comprendono né le scuole cattoliche né le soluzioni economiche per risolvere il grave problema degli ultra poveri.
non sono molto d'accordo con l'utente che ha commentato prima di me: anche se la DSC non viene spesso citata tra i c.d. valori "non negoziabili", fa a pieno titolo parte della dottrina cattolica che un elettore (e un politico) deve seguire ed applicare, ma che tristemente si trova sempre negletta (da parte di tutti gli schieramenti politici, o quasi).
RispondiEliminaComprendo il punto della Pisa, ma la DSC, dottrina sociale della Chiesa, è richiamata, ad esempio da Rosy Bindi, Maurizio Lupi e Dario Antiseri per parlare di 3 cattolici che politicamente tra loro non hanno nulla in comune, chi la interpreta nella maniera giusta? quali sono i valori non negoziabili che la dottrina sociale della Chiesa pone alla politica?
RispondiEliminaMi viene da citare il passo successivo della Gaudium et Spes che ho postato precedentemente : " Ché se le soluzioni proposte da un lato o dall'altro, anche oltre le intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti collegate con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che nessuno ha il diritto di rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l'autorità della Chiesa.
Invece cerchino sempre di illuminarsi vicendevolmente attraverso un dialogo sincero, mantenendo sempre la mutua carità e avendo cura in primo luogo del bene comune."
A maggior ragione la DSC non può essere un mezzo per rivendicare in favore della propria opinione l'autorità della Chiesa.
non mi è molto chiara la conclusione,
RispondiEliminaper il resto ottima analisi
m