di Gregorio Sinibaldi
Il cattolicesimo progressista, benché egemone nei media e nella Chiesa reale, sente ogni giorno che passa l’inconsistenza e l’incongruenza delle sue tesi di fondo e così teme, giustamente, per il proprio destino. Le sue tesi, a metà strada tra il modernismo condannato da san Pio X, e il latitudinarismo dei cattolici liberali, convergono in una sorta di opzione pastorale, che è la sintesi del loro (ingarbugliato) pensiero.
Il cattolicesimo progressista, benché egemone nei media e nella Chiesa reale, sente ogni giorno che passa l’inconsistenza e l’incongruenza delle sue tesi di fondo e così teme, giustamente, per il proprio destino. Le sue tesi, a metà strada tra il modernismo condannato da san Pio X, e il latitudinarismo dei cattolici liberali, convergono in una sorta di opzione pastorale, che è la sintesi del loro (ingarbugliato) pensiero.
Sinteticamente, questa opzione
può definirsi così: se il cattolicesimo e la Chiesa saranno prive di potere, di
potenza, di forza – come è il caso da decenni – essi avranno un successo
maggiore tra la gente, di quanto ne ebbe il cattolicesimo medievale e
tridentino, nei lunghi secoli della cristianità.
Questa tesi è stata una pia illusione,
forse un’utopia, ma oggi, col senno di poi, si rivela un’assoluta scemenza. Sia
dal punto di vista storico. E sono i fatti a parlare e a mostrare che alla
secolarizzazione della società non c’è fine, anzi si va ora verso la
criminalizzazione del cattolico coerente col Vangelo. Sia ancor più dal punto
di vista teologico. Nel senso che sebbene sia sempre possibile avere più successo
nel futuro che nel passato, l’idea che una Chiesa meno solida e identitaria,
sia destinata a convincere l’incredulo, è come tale, assolutamente risibile.
E così gli stessi progressisti
che giubilano per l’avvento di un papato francescano, ecumenico e vicino agli
ultimi, sono poi quelli che vogliono vivere con un piede nella Chiesa e uno
nell’ateismo, mezza anima nella fede e mezza nel dubbio, credere in Dio sì, ma
credere nei miracoli, nel paradiso e nell’inferno, anche no.
Una delle sconfitte storiche del
democristianismo novecentesco si situa proprio qui. Aldo Moro e Giuseppe
Dossetti, ma anche i democristiani francesi, belgi, olandesi o spagnoli,
immaginavano un futuro trionfale per il centro sinistra, in cui la sinistra
estrema sarebbe stata moderata dal centro cattolico, il quale però avrebbe
tagliato i ponti con la sua ala destra.
E il mondo sarebbe dovuto
diventare più omogeneo, più pacifico, senza tabù né differenze etniche,
nazionali e religiose, tutte in qualche modo dissolte dal prevalere della nuova
gioventù, sradicata, adultizzata e
cosmopolita.
Ed invece, per uno scherzo della
Provvidenza, è il sovranismo (politico-ideologico-religioso) a trionfare: in
Europa, Stati Uniti, Africa, mondo arabo, Cina, etc. E il mondo non va verso la
pacificazione e l’umanizzazione integrale, ma proprio il contrario…
Così i cattolici progressisti non
sanno più come leggere l’attualità, visto che gli occhiali con cui l’hanno
letto finora sembrano essere scaduti e inutili.
Sul settimanale Credere (anno VII, n. 1, 5 gennaio 2020,
p. 62) assai diffuso nelle parrocchie e nei centri di cultura cattolica, il
giornalista Enzo Romeo presenta una santa martire poco conosciuta, ma assai
stimabile, santa Margaret Ward. Fin qui tutto normale, anzi un plauso netto per
aver rispolverato una martire inglese “condannata per non aver abiurato alla
fede cattolica”, e canonizzata 50 anni fa da Paolo VI.
Ora, però la linea prevalente
nella stampa cattolica e parrocchiale, benché assolutamente non l’unica (si
pensi al raccomandabilissimo Timone,
diretto da Lorenzo Bertocchi), è proprio quel progressismo di cui si tracciava
la genesi e lo spirito.
Ebbene, una martire cattolica,
uccisa dai protestanti inglesi e morta appesa ad una forca, per il settimanale
dei Paolini, diventa… una “martire del sovranismo”! Si dice infatti che
Margaret, “pagò con la vita la scelta di opporsi al sovranismo autarchico di
Elisabetta I”. Ovvero, il motivo essenziale del martirio non sarebbe
strettamente religioso – anglicani vs. cattolici – bensì politico. E il
responsabile del martirio fu… il “sovranismo autarchico” e “il clima d’odio
instaurato dalla monarchia inglese”.
Insomma, una martire cattolica uccisa in odium fidei dagli anglicani e dalla tirannica Elisabetta, diventa oggi, 5 secoli dopo il martirio e a mezzo secolo dalla canonizzazione, una martire del sovranismo. Il che è una palese affabulazione storica. Con l’accusa, neppure tanto larvata, che il sovranismo ha già ucciso e se tornasse in auge ucciderebbe ancora.
Sono questi i cattolici progressisti che auspicano un futuro di pace e di distensione tra i popoli e tra uomini di diverse tendenze politiche?
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