13 gennaio 2020

Celibato. Qualche considerazione e un'enciclica di Paolo VI

Mentre scende la sera, ventiquattro ore dopo l'uscita della notizia-bomba riguardante il nuovo scritto di Benedetto XVI e del cardinale Robert Sarah sul celibato sacerdotale, urgono un paio di considerazioni.


  • Le voci anti-ratzingeriane si stanno alzando pian piano, ma ci pare di notare una certa stanchezza nel campo progressista. Mettere in dubbio il celibato sacerdotale è stato troppo? Forse anche i sostenitori del bergoglismo tout court si stanno accorgendo del fallimento?
  • Il testo viene presentato come un'opposizione a Bergoglio. Eppure quest'ultimo non ha ancora pubblicato l'esortazione post sinodale relativa al sinodo amazzonico. Voci di corridoio dicono che il documento fosse già scritto, ma sia stato bloccato per via dell'imminente uscita del libro in questione.
  • Il testo che è riproposto su vari siti offre un'analisi della situazione del celibato molto ampia e viene anche notata la crisi del clero uxorato in ambito orientale. Mentre, dunque, chi propone le grandi aperture si basa su frasi e concetti vaghi, il duo Ratzinger-Sarah propone un'analisi della realtà, oltre che teologica.
  • Sarah, da figlio dell'Africa, ribadisce che i popoli indigeni non hanno alcun bisogno di clero sposato di serie B, ma proprio perché non ancora evangelizzati devono poter conoscere il sacerdozio nella forma più pura.
Che dire dunque? Mettere in dubbio il celibato sacerdotale è tipico dei giullari che ormai infestano il mondo cattolico con i loro numeri, che non fanno ridere nessuno. Vorrebbero accusare Ratzinger e Sarah di chissà quale misfatto, e dire che il duo afro-tedesco non ha detto niente di nuovo! Hanno solo ribadito ciò che è ovvio da 2000 anni!

Ricordiamo che l'ultimo pronunciamento magisteriale al riguardo, anche abbastanza definitivo, fu SACERDOTALIS CAELIBATUS, di Papa Paolo VI. Il pontefice, nel 1967, constatando già i disastri del Concilio (che si era chiuso da meno di due anni e non è negabile la responsabilità dello stesso pontefice nell'esito disastroso), soprattutto in ambito morale scrisse una lunga enciclica per ribadire la necessità del celibato, già messo in discussione dal clero progressista dell'epoca.

Alcuni stralci a caso:
1. Il celibato sacerdotale, che la Chiesa custodisce da secoli come fulgida gemma, conserva tutto il suo valore anche nel nostro tempo, caratterizzato da una profonda trasformazione di mentalità e di strutture. Ma nel clima dei nuovi fermenti si è manifestata anche la tendenza, anzi l'espressa volontà di sollecitare la Chiesa a riesaminare questo suo istituto caratteristico, la cui osservanza secondo alcuni sarebbe resa ora problematica e quasi impossibile nel nostro tempo e nel nostro mondo.

14. Noi dunque riteniamo che la vigente legge del sacro celibato debba ancora oggi, e fermamente, accompagnarsi al ministero ecclesiastico; essa deve sorreggere il ministro nella sua scelta esclusiva, perenne e totale dell'unico e sommo amore di Cristo e della consacrazione al culto di Dio e al servizio della Chiesa, e deve qualificare il suo stato di vita, sia nella comunità dei fedeli, che in quella profana.

19. Il sacerdozio cristiano, che è nuovo, può essere compreso soltanto alla luce della novità di Cristo, Pontefice sommo ed eterno Sacerdote, il quale ha istituito il sacerdozio ministeriale come reale partecipazione al suo unico sacerdozio (15). Il ministro di Cristo e amministratore dei misteri di Dio (16) ha dunque in lui anche il mode1lo diretto e il supremo ideale (17). Il Signore Gesù, unigenito di Dio, inviato dal Padre nel mondo, si fece uomo affinché l'umanità, soggetta al peccato e alla morte, venisse rigenerata e, mediante una nascita nuova (18), entrasse nel regno dei cieli. Consacratosi tutto alla volontà del Padre (19), Gesù compì mediante il suo mistero pasquale questa nuova creazione (20), introducendo nel tempo e nel mondo una forma nuova, sublime, divina, di vita che trasforma la stessa condizione terrena dell'umanità (21).

26. Preso da Cristo Gesù (43) fino all'abbandono totale di tutto se stesso a lui, il sacerdote si configura più perfettamente a Cristo anche nell'amore col quale l'eterno Sacerdote ha amato la Chiesa, o Corpo, offrendo tutto se stesso per lei, al fine di farsene una posa gloriosa, santa e immacolata (44). La verginità consacrata dei sacri ministri manifesta infatti l'amore verginale di Cristo per la Chiesa e la verginale e soprannaturale fecondità di questo connubio, per cui i figli di Dio né dalla carne né da sangue (45) sono generati (46).

49. Non si può senza riserve credere che con l'abolizione del celibato ecclesiastico crescerebbero per ciò stesso, e in misura considerevole, le sacre vocazioni: l'esperienza contemporanea delle Chiese e delle comunità ecclesiali che consentono il matrimonio ai propri ministri sembra deporre al contrario. La causa della rarefazione delle vocazioni sacerdotali va ricercata altrove, principalmente, per esempio, nella perdita o nella attenuazione del senso di Dio e del sacro negli individui e nelle famiglie, della stima per la Chiesa come istituzione di salvezza, mediante la fede ed i sacramenti, per cui il problema deve essere studiato nella sua vera radice.

99. La Chiesa proclama altamente questa sua speranza in Cristo: essa è conscia della drammatica scarsità del numero dei sacerdoti in rapporto ai bisogni spirituali della popolazione del mondo, ma è ferma nella sua attesa, fondata sulle infinite e misteriose risorse della grazia, che la qualità spirituale dei sacri ministri genererà anche la quantità, perché tutto è possibile a Dio (152).
In questa fede e in questa speranza sia a tutti auspicio delle celesti grazie e testimonio nella nostra paterna benevolenza, la Benedizione Apostolica che con tutto il cuore impartiamo.

 

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