Fondamento di ogni sistema morale è il bene che esso intende perseguire e propone come obiettivo pratico da mettere in atto quando si presenti una certa situazione concreta; in base all’idea di bene propugnata si differenziano le diverse scuole di etica (del dovere, dell’utile, etc.). Una distinzione ulteriore nasce quando si considera la differenza tra giustizia e bontà: mentre la prima costituisce il minimo necessario a cui attenersi trasgredito il quale si cade nell’ingiustizia e nel crimine, la seconda è un insieme di azioni in sé buone ma non obbligatorie, che possono essere fatte o non fatte a discrezione del singolo. Quanto vale a livello di definizioni non ha la stessa pregnanza in ogni sistema etico, poiché in alcuni tale distinzione sfuma fino a far sì che una delle due realtà inglobi in sé l’altra (o quasi), generando diversi problemi.
Può accadere che la bontà inglobi in sé la giustizia o viceversa che la giustizia inglobi in sé la bontà; nel primo caso un atto di giustizia necessaria diventa atto di bontà facoltativo, nel secondo un’azione di bontà non è più facoltativa ma assume la necessità dell’atto di giustizia; tralasciando il primo caso sulla cui nocività c’è un generale consenso, mi soffermo sul secondo poiché non è un semplice problema di scuola, è anzi palese nel caso della politica riguardo i flussi migratori verso il nostro paese.
È sotto gli occhi di tutti quanto gli intellettuali di sinistra si siano sforzati per inculcare nel popolo l’idea che l’accoglienza è un atto di giustizia obbligatoria a cui siamo tenuti per svariati motivi. Al di là delle varie considerazioni che si possono fare sul tema, mi preme sottolineare come in questo caso si confonda un atto di bontà a cui non si è obbligati né come cittadini né come nazione con un atto di giustizia che si avrebbe il dovere di compiere. Non solo perché a livello pratico non è materialmente possibile accogliere chiunque (e un dovere impossibile da attuare si nega da solo), ma anche perché a livello puramente teorico il confine non è solo una linea, ma segna un luogo abitato da persone che possono benissimo rifiutare a chiunque di entrare nel territorio, poiché gli stranieri – per definizione – non vantano alcun diritto nei confronti di un altro paese. Dire che si ha il dovere di accogliere tutti implica che tutti vantano il diritto di entrare, soggiornare e vivere in un altro paese. Ciò comporta il caos totale per chiunque abiti in un territorio che si trova invaso da miriadi di alienigeni, e nessuno è obbligato a vivere in tali condizioni disumane; anzi lo Stato e il governo hanno il DOVERE di garantire la tranquillità nell’ordine alle proprie popolazioni (non a quelle estere) le quali hanno il DIRITTO di vivere in pace.
Se ciò non è garantito crolla non solo lo stato di diritto e il significato di ogni governo nazionale – il quale non proteggerebbe più il popolo e non ne farebbe il bene – ma scompaiono anche le nozioni più basilari di bontà e giustizia in nome di una tirannia ideologica fondata su una falsa concezione dei diritti. Quando il governo di un territorio e di una popolazione è indifferente al male che sta compiendo verso i cittadini diventa ipso facto tirannico; perciò la sua stessa “bontà obbligata” si tramuta in un atto di ingiustizia nei confronti della popolazione, togliendo ogni significato oggettivo a bene/male, giustizia/ingiustizia, bontà/malvagità poiché un atto che ha conseguenze negative non può essere considerato oggettivamente giusto o addirittura buono. E se questa “bontà obbligata” viene usata come fondamento di qualche diritto, ne consegue che tale diritto è inesistente e ideologico, poiché fondato su qualcosa di non oggettivo e concretamente buono, ma addirittura foriero di caos civile e negatore di ogni dovere di giustizia dello Stato nei confronti dei propri cittadini. Per cui confondendo giustizia e bontà si giunge a negare contenutisticamente la giustizia.
È tale confusione che ha portato a fondare dei “diritti” disumani che non hanno alcun nesso con la realtà, ma sono utili a certe élite e vanno a svantaggio totale per chiunque non ne faccia parte. Il rischio più grande è che non esistano più dei contenuti di giustizia condivisi e perciò ricadere nel caso in cui la stessa giustizia diventa opzionale e non oggettiva; e questo è l’ultimo confine che separa dalla scomparsa della civiltà.
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