L’Europa occidentale, imbarbarita ed abitata da popoli in continua discordia tra loro dopo la caduta dell’Impero Romano avvenuta nel 476, ritrova finalmente dopo seicento anni un motivo di concordia nella comune fede cristiana Cattolica.
Il Cristianesimo non era riuscito a cambiare l’indole brutale dei conquistatori barbari venuti dall’Europa del nord, ma riesce ad averne la guida attraverso una chiamata generale alle armi, la Crociata come reazione all’invadente strapotere dell’Islam e come riconquista della Terra Santa cioè la Palestina, luogo originario della religione predicata da Gesù Cristo. Quest’impresa induce ad un movimento militare talmente vasto da poter essere giudicato come la vera nascita del continente Europa e l’inizio di un nuovo tipo di cultura, di civiltà e di traffico commerciale, del quale ancor oggi si sente il riflesso.
La massa armata che si muove dai paesi europei verso oriente non forma un esercito organico, si tratta di piccoli e medi signori terrieri, i feudatari, che raccolgono uomini, li armano ma combattono ognuno per la propria individuale gloria e per la sete di preda, né mancano di litigare spesso tra loro.
A questi fanno corona una miriade di guerrieri individuali, cavalieri erranti detti “senzaveri” o “senzaterra” poiché figli cadetti di famiglie nobili nelle quali il titolo ed i possedimenti spettano solo al primogenito.
Un simile esercito può avere una certa forza d’urto in fase di conquista, ma quando il Santo Sepolcro di Gerusalemme è liberato (anno 1098) quasi nessuno pensa di rimanere a difendere ciò che si è conquistato, l’armata crociata si dissolve in breve tempo. Dopo la spartizione del bottino ognuno ritorna alla sua sede in Europa, o corre in cerca di nuove avventure.
Sarà così che la Chiesa, unica vera gerarchia capace di organizzarla, getta le basi di una milizia che possa operare a tempo pieno nelle terre d’oriente per respingere ogni rivalsa dei musulmani. Si rivolge perciò a quei combattenti di mestiere “senzaveri” già menzionati, per i quali la vita è assai grama, non essendo mai molto grande la loro porzione di bottino, costretti a volte a prendere la via del brigantaggio per sopravvivere, se manca loro un ingaggio da parte di qualche signore (ispireranno un celebre film, L’Armata Brancaleone).
Nella chiesa Cattolica esistono già gli ordini formati dai monaci, che basano il loro vivere e agire secondo una regola scritta. Per temperare l’istinto di violenza dei guerrieri e renderlo compatibile con una causa religiosa, sono così formati gli ordini religioso-cavallereschi, che ricalcano l’organizzazione di un corpo militare scelto dal punto di vista bellico, e un ordine monastico con voti e regole dalla parte religiosa.
Questa vera e propria invenzione militare godrà subito di un notevole successo. La classe nobiliare dominante può collocare convenientemente i parenti poveri che campano sugli incerti proventi della guerra. Vi sarà gara d’onore tra ogni famiglia feudale allo scopo di avere uno o più dei propri rampolli tra i frati-cavalieri.
Gli ordini religioso-cavallereschi nel tempo furono vari, basterà menzionare i cavalieri spagnoli di san Giacomo della Spada e di Calatrava, i tedeschi Teutonici e Portaspada, i franco-svizzeri di san Maurizio, gli italici di san Lazzaro e del Santo Sepolcro, internazionali i Templari ed i i Giovanniti, questi ultimi conosciuti come cavalieri di Rodi e successivamente di Malta. Nella letteratura medievale non ci saranno mai racconti di imprese dei frati-cavalieri, ma la loro figura viene spesso rappresentata sotto le sembianze di altri eroi come il paladino Roland (Orlando), che muore combattendo contro i musulmani a Roncisvalle, oppure il cavaliere errante Parzival, che nel poema del tedesco Wolfram von Eschenbach (1210 circa) viene descritto come un puro mistico alla ricerca del sacro Graal, simbolica meta della santità cristiana.
Al contrario, nella letteratura moderna gli ordini religioso-cavallereschi non hanno goduto di buona stampa. Per ignoranza e superficialità è stata avallata l’accusa di corruzione, usura ed eresia usata strumentalmente dal re di Francia Filippo il Bello per distruggere l’ordine dei Templari a suo vantaggio. Primo e più evidente esempio di questa mentalità è il romanziere inglese Walter Scott (1771-1832) uno dei primi letterati del romanticismo europeo. Nel suo romanzo Ivanhoe (1819) dipinge la figura del templare Brian de Bois-Guilbert come cinico, prepotente e debosciato, rapitore di donne e persecutore di Ebrei, sempre pronto a duellare in torneo (tutti comportamenti proibiti dalle regole dell’ordine, pena l’immediata espulsione) e fulminato infine dalla divina collera che protegge invece il prode e generoso Ivanhoe. Assolutamente inverosimile nello stesso libro, il comportamento dei Templari della sede di Templestowe, che giudicano, condannano e cercano di bruciare sul rogo l’ebrea Rebecca accusata di stregoneria. I Templari non ebbero mai potere di inquisizione e giudizio su persone estranee all’ordine stesso. I processi per stregoneria ricadevano sotto il diritto ecclesiastico, che era esercitato esclusivamente dalle autorità vescovili. Nel successivo Il talismano (1825) ambientato in Terrasanta alla fine della terza crociata, il “cattivo” è addirittura lo stesso Gran Maestro, che lungamente tresca contro il “buon” re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, e uccide di propria mano il marchese Corrado di Monferrato suo complice. Subito dopo ne paga il fio, venendo decapitato dal Saladino durante il ricevimento di pacificazione tra cristiani e musulmani.
In tutto questo niente di storicamente provato né verosimile, ma purtroppo certi successivi scrittori hanno troppo spesso ricalcato lo stereotipo del Templare malvagio o magari stregonesco e satanista, senza volersi chiarire le idee con le opere di diversi storici del seicento e dell’ottocento. Costoro, documenti alla mano, avevano già riscoperto e smascherato la montagna di menzogne che portò alla drammatica soppressione dei Templari.
Anche i romanzieri più recenti che pure descrivono l’ordine Templare in maniera positiva, non brillano in verità storica ma tendono ad avallare troppe fantasie esoteriche, come Franco Cuomo nei romanzi Gunther d’Amalfi cavaliere Templare (1989) e Il codice Macbeth (1996). In quest’ultimo è descritto lo sbarco dei Templari in America e i loro contatti con le civiltà indigene precolombiane. Dunque questi libri non appartengono al genere del romanzo storico ma ad una specie di fantasy. Anche i romanzi di Angela Pesce Fassio: Il segreto del sigillo (1995) e I cavalieri del tau (1999) non sono esenti da anacronismi e luoghi comuni antistorici. Molto meglio come ambientazione e storie la serie dei romanzi di Jan Guillou come Il Templare (1998) con protagonista Arn, giovane cavaliere svedese.
Sui cavalieri Giovanniti il nulla quasi assoluto quanto a letteratura. Molto marginalmente i cavalieri appaiono nel romanzo di Edoardo Calandra (1852-1911) La Bufera (1898), che descrive l’invasione francese del Piemonte nel 1796-99, e insieme al crollo del regno di Sardegna con l’esilio dei Savoia c’è la fine delle commende di Racconigi e Murello, sequestrate ed espropriate dal governo napoleonico.
Quasi per sbaglio due cavalieri provenienti da Malta appaiono in uno dei romanzi rosa-storici ambientati nel ‘600, scritti dai francesi Anne e Serge Golon. Ne L’indomabile Angelica la procace marchesa degli Angeli catturata dai pirati barbareschi viene denudata e offerta in vendita sul mercato degli schiavi, dove i cavalieri tentano di riscattarla con i loro denari. Questa è soltanto una pruriginosa scena da feuilleton, ma almeno contiene una verità storica: i cavalieri Giovanniti si adoperarono molto per liberare gli schiavi cristiani catturati dagli scorridori nordafricani, specie attraverso gli scambi con i prigionieri musulmani da loro presi.
Nel cinema un film che ha presentato un ordine religioso-cavalleresco è Aleksandr Nevskij del regista russo Sergej Eisenstein, girato nel 1938 sotto il regime comunista del dittatore Stalin. Viene descritta la sconfitta inflitta nel 1242 da un principe russo di Novgorod contro l’ordine dei cavalieri Teutonici, rappresentato però a tinte molto fosche come precursore della Germania nazista. Questo film, celebrato come opera dell’autore di altri memorabili polpettoni quali La corazzata Potemkin, si riduce a una rievocazione storica molto nazionalista e di parte, riscattata in una certa misura solo dalle musiche di Sergej Prokofiev adattate drammaticamente alle scene di battaglia.
Nel 2000 il regista Pupi Avati, pur non facendo direttamente riferimento ai Templari, ha descritto con molta fantasia e reinvenzione di luoghi e personaggi, una missione da loro realizzata, il trasporto della santa Sindone dall’oriente alla Francia, ne I cavalieri che fecero l’impresa.
Stranamente, neppure uno scrittore esperto del Medioevo, Umberto Eco autore del famoso Il nome della rosa, sa immaginare meglio di una vicenda piuttosto confusa, con tenebrosi misteri e delitti, che coinvolge un gruppo di attuali ricercatori sui Templari, raccontata ne Il pendolo di Foucault (1988).
Per il genere del fumetto si può almeno citare il disegnatore belga Hermann Huppen che sa mirabilmente rievocare gli ambienti, i costumi e le atmosfere del medioevo vero nella serie Le torri di Bois Maury. Il protagonista è Aymar, cavaliere francese del 1100, che in due episodi editi anche in Italia: William e Il Selgiuchida, viaggia verso la Terrasanta scortando una carovana di pellegrini, trovandosi ad attraversare il Kossovo, la Macedonia e poi l’Anatolia, dove combatte contro i Turchi. Nel 2019 esce la biografia a fumetti del pittore Caravaggio, disegnata da Milo Manara. Caravaggio in fuga da Roma dove è stato condannato per omicidio si rifugia a Malta, diviene cavaliere e dipinge alcuni famosi quadri, ma poi deve fuggire per l’inimicizia di un potente dignitario col quale ha litigato.
(continua)
Pubblicato il 05 agosto 2019
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