Negli scritti di Gregorio Magno troviamo informazioni interessanti per quello che riguarda la liturgia e l’inculturazione, parola oggi molto di moda. La sua influenza, seppur non nei termini indicati da certa tradizione, sarà certamente importante nello sviluppo della liturgia e della sua musica e sappiamo qualcosa grazie all’Ordo Romanus I, una collezione di regolamenti liturgici medioevale che ci da una idea concreta di come fosse la liturgia ai tempi di papa Gregorio.
Ma tornando alla cosiddetta inculturazione, in una famosa lettera di Gregorio Magno, apprendiamo di una richiesta dell’evangelizzatore degli Angli, Agostino di Canterbury. Cosa bisognava prendere dagli usi locali? Gregorio Magno, molto saggiamente, dice ad Agostino che poteva prendere ciò che era buono ma premettendo, e questo importante, che lui era stato cresciuto negli usi di Roma. Cioè, se sei ben saldo nella tradizione allora puoi certo aspirare ad un buon e legittimo progresso. Non c’è progresso al di fuori della tradizione, ma solo anarchia, come oggi possiamo ben vedere.
La vera inculturazione parte dal considerare la tradizione che viene inculturata come qualcosa di prezioso, non come qualcosa di cui ci si vuole liberare il prima possibile. Piero Bargellini (in santiebeati.it) ci offre questo bel racconto su Agostino di Canterbury: “Partito da Roma alla testa di quaranta monaci nel 597, fece tappa nell'isola di Lerino.
Le notizie sul temperamento bellicoso dei Sassoni lo spaventarono al punto che se ne tornò a Roma a pregare il papa di mutargli programma. Per incoraggiarlo, Gregorio lo nominò abate e poco dopo, quasi ad invogliarlo al passo decisivo, appena giunto in Gallia, lo fece consacrare vescovo. Il viaggio procedette ugualmente a brevi tappe. Finalmente, con l'arrivo della primavera, presero il largo e raggiunsero l'isola britannica di Thenet, dove il re in persona, spintovi dalla buona consorte, andò ad incontrarli. I missionari avanzavano verso il corteo regale in processione al canto delle litanie, secondo il rituale appena introdotto a Roma. Fu per tutti una felice sorpresa. Il re accompagnò i monaci fino alla residenza già fissata, a Canterbury, a mezza strada tra Londra e il mare, dove sorse la celebre abbazia che prenderà il nome di Agostino, cuore e sacrario del cristianesimo inglese. L'opera missionaria dei monaci ebbe un esito insperato, poiché lo stesso re domandò il battesimo, spingendo col suo esempio migliaia di sudditi ad abbracciare la religione cristiana. A Roma la notizia venne accolta con gioia dal papa, che espresse la sua soddisfazione nelle lettere scritte ad Agostino e alla regina. Insieme con un gruppo di nuovi collaboratori, il santo pontefice inviò ad Agostino il pallio e la nomina ad arcivescovo primate d'Inghilterra, ma al tempo stesso lo ammoniva paternamente a non insuperbirsi per i successi ottenuti e per l'onore che l'alta carica gli conferiva.
Seguendo le indicazioni del papa per la ripartizione in territori ecclesiastici, Agostino eresse altre due sedi vescovili, quella di Londra e quella di Rochester, consacrando vescovi Mellito e Giusto. Il santo missionario morì il 26 maggio del 604 e fu sepolto a Canterbury nella chiesa che porta il suo nome”. Un bel racconto di vera eroicità missionaria!
Pubblicato il 05 luglio 2019
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