02 maggio 2019

Spezzo una lancia a favore dell'Erasmus

di Grozio
Ogni tanto qualche sedicente filosofo / intellettualoide / opinionista improvvisato con il cappello del “sovranista” si mette a stigmatizzare il progetto Erasmus come una delle cause della rovina di un’intera generazione, con toni apocalittici che nemmeno sulla soglia di  un precipizio si possono utilizzare.

Naturalmente il più delle volte chi interviene in questo modo prepara il passaporto per andare il Val d’Aosta, e a malapena pronuncia 4 parole di inglese, stigmatizzando a sua volta la perfida Albione perché a parer suo occorre parlare solo italiano (o il russo, di questi tempi).

L’esempio classico per dimostrare l’inutilità dell’Erasmus è rappresentare un branco di studenti obnubilati dal sesso facile e dalle canne, vogliosi di divertirsi e perdere tempo, a discapito dello studio.

Ora: l’argomentazione è fin troppo facile. E’ come vietare universalmente l’utilizzo del coltello perché fa male. Se serve per sgozzare una persona è pericoloso, ma se serve per tagliare una bistecca, credo sia più che opportuno.

A beneficio di codesti censori (che, ripeto, parlano il più delle volte per pre-giudizio), l’Erasmus è uno strumento straordinario per studiare all’estero, per avere una visuale su un paese straniero, imparare una o più lingue straniere, confrontarsi e crescere maturando nuovi stimoli e facendo conoscenze che nella vita potranno rivelarsi fondamentali. Tutto sta a come si utilizza lo strumento, e a quale fine gli si dà.

Se qualche cretinetto lo spreca per perdere del tempo, non vedo perché si debba squalificare il progetto.  

Chiaramente, nello storytelling del sedicente “sovranista” è più opportuno esaltare l’università italiana e la classe dei professori italiani, lasciare che i figli giochino al Fantacalcio durante lezione, mentre un professore italiano sessantottino fornisce una spiegazione ansiosamente studiata la  notte precedente. Ollalà, mi si accuserà di aver usato lo stesso criterio?

Racconterò un’esperienza personale che trovo esemplificativa. Qualche anno fa ho tenuto un seminario in inglese in una università romana, e sono rimasto piacevolmente colpito dal fatto che fossero tutti studenti stranieri (del programma Erasmus e non solo), estremamente interessati e attenti, i quali mi hanno addirittura chiesto di fare un’ora in più, essendoci dilungati su un tema di loro particolare interesse.
All’uscita dalla lezione, dopo 4 ore piuttosto intense siamo passati davanti al bar dell’università dove un manipolo di studenti italiani marcati Ralph Lauren da capo a piedi facevano la formazione per il calcetto con la Gazzetta davanti.

Temo che i soliti sedicenti “sovranisti” (povero sovranismo, se viene rappresentato da costoro) debbano anzitutto rivedere le etichette che si sono conferiti, ma soprattutto imparare a fare domande. E’ dalle domande che si pongono che si coglie l’intelligenza e l’acume di una persona. In secondo luogo: leggere un po’ di più (e meglio), e scrivere un po’ di meno.

Ben vengano strumenti come l’Erasmus, ben vengano opportunità intelligenti che creano occasioni per i ragazzi che vogliono crescere e imparare in un mondo che sta fortemente cambiando e che richiede preparazione e conoscenza. Opportunità e occasioni da sfruttare con discernimento e impegno, lo stesso impegno che in età scolare si impiega per qualunque altra scelta, di formazione o professionale.

E’ per questo motivo che uno strumento del genere ritengo debba essere obbligatorio.

Un accenno sul tema Patria vs Globalizzazione, tanto in voga tra i sedicenti di cui sopra (da una parte e dall’altra, sia chiaro). Qui il dibattito sfocia nell’umoristico: stesso errore di metodo di cui sopra. Assolutizzazione dell’una e dell’altra, come se in verità l’una non potesse avere bisogno dell’altra. Anacronistico un certo concetto della prima (rinuncino i nostalgici a ripercorrere delle nozioni irreali, superate, fuori dal tempo), insensata e dannosa la seconda se declinata come globalismo e pertanto annullamento del concetto di identità.


Ma tant’è, se il dibattito non fosse così basso e i suoi protagonisti così ottusi, non saremmo un paese eterodiretto.


 

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