08 febbraio 2019

Appunti sulla storia della musica sacra/15

di Aurelio Porfiri
Alcune testimonianze sugli usi musicali del quarto secolo ci vengono anche dai padri della Cappadocia, nell’attuale Turchia come Basilio Magno (329-379), che in una sua lettera all’amico Gregorio di Nazianzio avverte come “gli inni soavi possono ricomporre la mente in uno stato lieto e calmo”. In una lettera al suo clero dice: “Tra di noi la gente va di notte nella casa di preghiera e, con angoscia, afflizione e lacrime continue, facendo confessione a Dio, alla fine si alza dalle sue preghiere e comincia a cantare salmi. E ora, divisi in due parti, cantano antifonalmente l'uno con l'altro, confermando così subito il loro studio dei Vangeli, e allo stesso tempo producendo per se stessi un temperamento attento e un cuore libero dalla distrazione. (...) e così dopo aver passato la notte in varie salmodie, pregando ad intervalli mentre il giorno comincia a sorgere, tutti insieme, come con una sola voce e un solo cuore, elevano il salmo della confessione al Signore, ognuno formando per sé le proprie espressioni di penitenza”. 

Gregorio di Nazianzio (330-390), nel suo “Contra Julianum” ci informa: “In primo luogo, fratelli, celebriamo la festa, non con gioia carnale, né con stravaganze e frequenti cambi di vestiti, né con baldoria e ubriachezza, né circondati dal suono di auloi e percussioni; perché questo è il modo dei riti mensili greci ...”. Insomma, ritorna l’esigenza di differenziarsi dal culto e dalla musica pagana. 

Gregorio di Nissa (330-395), nella sua “Vita di Macrina” ci fa capire in un passaggio come l’uso dei salmi fosse molto diffuso: “E in nessun modo ignorava il Libro dei Salmi, completando ogni porzione di salmodia nei momenti appropriati; e quando si alzava dal suo letto, quando iniziava le sue faccende e quando le abbandonava, quando cominciava a mangiare e ad abbandonare la tavola, quando amdava a letto e si alzava per le preghiere - ovunque aveva con sé il Salterio, come un buon compagno dal quale non ci si allontana neanche per un momento”.  Insomma, varie testimonianza che inquadrano l’importanza che la musica ricopriva nella riflessione dei padri della Chiesa.


 

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