Ci
avviamo verso gli ultimi giorni dell’anno liturgico e verso l’Avvento (già
iniziato per ambrosiani e greci), e la Liturgia ci fa leggere gli ultimi
discorsi di Gesù e ci fa meditare con le parole del Dies Irae e del Te Deum; e
certo gli ultimi giorni non sono solo quelli dell’anno liturgico, o del titolo
dell’articolo, o QUEGLI Ultimi Giorni, ma, anche, quelli vissuti in questa
settimana a Parigi e in Europa.
Ovunque
vediamo guerre, attentati e disastri, uniti al dilagare di immoralità e
perversioni: sono dunque giunti gli ultimi tempi? Apparentemente sì: come se
non bastassero lutti, tragedie e immondizie, ecco che sempre più leggiamo di
profezie e messaggi, sia nuovi e contemporanei che risalenti, che ci mettono in
guardia da un castigo e dalla prossima fine. Apparentemente no: la Chiesa è
divisa in sé stessa, il messaggio cristiano non ha conquistato l’universo
mondo, gli Ebrei non si sono convertiti; e, del resto, il Giorno del Giudizio
non lo conosce nemmeno Gesù, ma solo il Padre. Che fare? Pregare, digiunare,
pentirsi e perseverare, che la fine di tutto venga domani o tra cento o
diecimila anni. A maggior ragione, ora, che siamo in tempo di difficoltà e alle
porte dell’Avvento, Quaresima invernale.
Per
citare San Giovanni Paolo II, sempre più, oggi, siamo invasi dalla perdita di
senso, dal tormento, dal dubbio, dalla disperazione, e davanti alle difficoltà
sembriamo arrancare. Dov’è Dio davanti alle nostre debolezze? Dov’era Dio a
Parigi? Onestamente, ce lo chiediamo pure?
Lo
abbiamo detronizzato, Lo abbiamo cacciato, non abbiamo più permesso che
regnasse nelle nostre società, nelle nostre famiglie, prima di tutto nella
nostra vita (e questo vale in primis per me); Lo abbiamo scacciato dalle
legislazioni (che diventano sempre più perverse e senza Dio, come temeva e
paventava Pio XII), dalle istituzioni, dalle scuole (che, queste ultime, sempre
più diventano luogo o di corruzione dei piccoli o di violenza), e ci chiediamo
dove sia Dio? Non Lo vogliamo più quando dobbiamo fare i cavoli nostri, e poi,
però, chiediamo perché non ci protegga? Proprio per amor nostro, proprio per
rispettare la nostra (usata male) libertà Dio, pur soffrendo, si ritira.
Anche
la stessa Chiesa pare, a volte, dimenticarLo e metterLo da parte, pare non
trovare e offrire risposte e rimedi; eppure, di rimedi, Cristo ne ha offerti
tantissimi: il Rosario e lo Scapolare della Sua Santa Madre, il Suo Sacro Cuore
(e anche il Cuore Immacolato di Maria), la Sua Divina Misericordia e la
relativa Coroncina. E noi come abbiamo risposto? Siamo ricorsi a questi rimedi?
Siamo ricorsi, soprattutto, ai Sacramenti, medicine delle nostre anime e
strumenti per far regnare Cristo nelle nostre anime? Come leggiamo nel Diario
di Santa Faustina Kowalska, dopo i rimedi (e la Divina Misericordia è l’ultimo rimedio),
se non spesi, viene la Giustizia; e se Cristo è il Re di Pace (come canta
l’Epouro, un bellissimo inno copto), è, anche, Il Re di Tremenda Maestà (come
cantiamo nel Dies Irae).
Questa
è l’ultima settimana dopo Pentecoste, la settimana prima dell’Avvento, e, in
questa Domenica la Chiesa ci fa leggere il Vangelo di Matteo con il brano
relativo ai segni nel cielo e al Segno dei Segni, l’apparizione del Figlio
d’Uomo; nel rito moderno, questa Domenica è dedicata alla Regalità di Cristo
(festeggiata, invece, nel rito tradizionale, nell’ultima Domenica di ottobre),
Cristo che è Re e centro di tutta la Storia come di tutte le nostre piccole
storie. Torniamo a Lui, a questo Re dei Re grande e misericordioso,
(ri)diamoGli le nostre società e i nostri Stati, le nostre famiglie,
soprattutto noi stessi e le nostre vite! Ricordiamoci: Lui ha vinto il mondo!
E, come leggiamo nel Vangelo odierno, il cielo e la terra passeranno, ma le Sue
parole non passeranno mai!
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