«Non è che questo Sinodo si riunisce per non dire nulla. Abbiamo l’attenzione pastorale che ci preme fortemente», ha dichiarato monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario speciale del Sinodo
intervenuto al briefing di ieri. Ed anche padre Federico Lombardi, da
parte sua, ha rincarato la dose facendo presente che il Sinodo «comincia oggi, non finisce oggi».
Ben due esternazioni che sembrano tradire un certo nervosismo. Che
bisogno c’era, infatti, al primo giorno, di ribadire una cosa ovvia come
il fatto che il Sinodo fosse appena iniziato? Quale il motivo?
Semplice: l’intervento introduttivo del relatore generale, il
cardinale Péter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest, il quale ha
aperto le danze sbarrando senza tentennamento alcuno la strada sia
all’ipotesi di eucaristia ai divorziati risposati («L’integrazione
dei divorziati risposati nella vita della comunità ecclesiale può
realizzarsi in varie forme, diverse dall’ammissione all’Eucarestia»), sia al riconoscimento alle unioni dello stesso sesso («La
Chiesa insegna che: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare o
stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il
disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”»).
Da simili, cristalline precisazioni non si può dedurre – ha ragione
Lombardi, su questo – che il Sinodo, quello vero, sia finito, ma
certamente è già terminato quello dei mass media i quali hanno
fatto il possibile, fino alla tarda mattinata di ieri, per accreditare
l’ipotesi di un Sinodo rivoluzionario in materia di dottrina quale molto
difficilmente, a questo punto, sarà. Anche perché le parole del
cardinale Péter Erdö – uomo scelto personalmente da Papa Francesco,
ricorda il vaticanista Sandro Magister, e dunque arduo da immaginare su
posizioni divergenti da quelle del Pontefice – non sono state le sole,
ieri, a tracciare una direzione netta.
Si è infatti espresso chiaramente anche il cardinale Vingt-Trois,
arcivescovo di Parigi e presidente di turno del Sinodo, lanciando una
sorta di avvertimento: «Se siete venuti a Roma con l’idea di un cambiamento spettacolare della dottrina, ve ne andrete delusi» (Vaticaninsider.LaStampa.it,
5.10. 2015). Si sta parlando, anche in questo caso, delle dichiarazioni
di un uomo di Chiesa non certo guardato con sospetto dal Papa
argentino, che meno di due mesi fa – l’8 agosto, per la precisione –
l’ha nominato suo inviato speciale alla consacrazione della nuova
cattedrale della diocesi di Créteil.
Da ultimo, a smorzare certi entusiasmi – per chi sa cogliere le
sfumature – ha provveduto anche il Cardinal Menichelli che, avvicinato
dallo stesso quotidiano che l’altro giorno ha ospitato l’intervista
scoop di monsignor Charamsa, ha dichiarato: «Il Sinodo dell’anno
scorso era più rivolto alle “sfide” pastorali, come vengono chiamate: i
problemi, le ferite. Questa volta il clima è più intenso perché al
centro c’è la vocazione e la missione della famiglia. E’ totalmente
diverso dal primo» (Corriere della Sera, 5 ottobre 2015, p. 5).
E’ interessante rilevare come anche le parole di Menichelli non
possano – neppure queste – essere ritenute sideralmente distanti dal
pensiero del Pontefice dal momento che, nel gennaio 2014, costui è stato
fatto cardinale – a sorpresa, e dopo essere stato osservato nel
precedente concistoro – da Papa Francesco. Ce n’è insomma abbastanza,
nonostante le pressioni dell’«attenzione pastorale» evocate da
monsignor Bruno Forte quasi a voler sottolineare l’obbligo di voltare
pagina, per pronosticare che, se sarà un Sinodo con cambiamenti positivi
– e questo tutti, in fondo, se lo augurano -, di certo non ne
introdurrà di copernicani.
Anche perché la stessa, assai dibattuta questione dell’eucaristia ai
divorziati risposati si scontra con altre due dichiarazioni di
limpidezza inequivocabile. La prima – recentissima, dato che risale a
l’altro ieri – è tesa a rimarcare che la verità «non muta secondo le mode».
La seconda, di qualche mese fa ma sempre riguardante l’ipotesi di
allentare i vincoli di accesso all’eucaristia – da non confondersi per «una coccarda, una onorificenza» -, è ancora più netta: «Con questo non si risolve nulla».
In entrambi i casi, sono parole di un uomo riconoscibilissimo, dove si
svolgono i lavori sinodali. E’ quello vestito di bianco.
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