di Enrico Maria Romano
La legittimità della pena
capitale dovrebbe essere un tema ovvio e scontato per un cattolico, specie per
quei cattolici che si dichiarano ligi alla Tradizione cattolica integrale,
senza omissioni cioè, e discepoli fedeli e convinti sia della Sacra Bibbia (che
la ammette nei due Testamenti) che dell’infallibile Magistero pontificio.
Purtroppo vari e diversi fattori
storici hanno indebolito, almeno da mezzo secolo, proprio questa scontata sicurezza
dottrinale, un po’ come è accaduto con le chiarissime posizioni cattoliche
circa l’illegittimità morale del divorzio, dell’aborto, dell’eutanasia, dell’omosessualità,
dell’uso di droga, della masturbazione, della prostituzione, etc. etc.
I fattori storici incresciosi e concomitanti
che hanno portato a siffatte deviazioni – a ritenere cioè lecito ciò che è
illecito e illecito ciò che è lecito – stanno da un lato, all’esterno della
Chiesa, nel predominio della cultura laica e sessantottina, tendenzialmente
anarchica e relativista. All’interno della Chiesa poi, la crisi epocale che ha
fatto seguito al Vaticano II, è andata proprio nella direzione
dell’indebolimento di quanto già acquisito dalla dottrina cattolica, nella
logica di una eterodossa e imprudente “apertura al mondo”.
Sulla pena di morte non c’è molto
da dire, dal punto di vista cattolico. Perché in una questione così generale
non ci possono essere, che io sappia, nuovi elementi o criteri di giudizio. Una
volta che il Magistero ecclesiastico, in forma ordinaria o solenne, si è
pronunciato su questo tema, per il cattolico la questione dovrebbe essere
chiusa per sempre, senza più alcun dubbio possibile: Roma locuta est, causa finita est.
Tra i migliori teologi del XX
secolo spicca senza alcun dubbio il nome di padre Enrico Zoffoli (+ 1996),
eccellente studioso tomista e ottimo religioso passionista, confessore
apprezzato alla Scala Santa, autore di opere di raro valore speculativo e/o di
grande tenore apologetico (come Principi
di Filosofia, Catechismo della fede
cattolica, Corso di teologia cattolica, Incontro
al Mistero, Vita futura e dogma del purgatorio, La Messa è tutto, La vera Chiesa di Cristo, Il
Male, Eucaristia ed ecumenismo, Ebraismo a confronto col Cristianesimo, etc.).
Nel suo Dizionario del Cristianesimo (Roma, 1992, con approvazione
ecclesiastica) padre Enrico dedicata una sintetica voce alla PENA CAPITALE. Mi
è sufficiente riportare le parole di un Grande per mostrare l’assurdità teorica
di qualunque ipotesi di variazioni su un tema come quello in questione. “Praticata
in tutto il mondo antico, compresa la legislazione mosaica, accettata dalla
Chiesa di tutti i tempi, riconosciuta lecita all’unanimità da tutti, Padri e
teologi [se un gigante come s. Agostino
facesse eccezione sarebbe certamente citato, n.d.r.], moralisti e
canonisti. Innocenzo III la sostenne contro i Valdesi; i successori ne hanno
confermato il magistero fino a Leone XIII, Pio XI e Pio XII. La pena capitale è
stata sempre in vigore nello Stato Pontificio […]. Non c’è un solo passo del
N.T. che autorizzi a dubitare della sua liceità; non c’è mai stato un solo
autore di manuali di teologia dogmatica e morale che abbia sollevato obiezioni;
la formula sempre ricorrente in essi è unanime: ‘Constat ex praxi cuiusvis legislationis, ex sacra Scriptura et ex
universali omnium consensu’. La ragione è intuitiva: la difesa, fino alla
soppressione dell’ingiusto aggressore, è lecita non solo al cittadino privato,
ma anche e assai di più ad un’intera Nazione” (p. 386). Fin qui l’ottimo
autore. Il quale scriveva prima della pubblicazione del Catechismo della Chiesa
cattolica che, sia nella prima edizione del 1992 come in quella definitiva del
1997, ribadiva la legittimità della pena capitale, pur con dei distinguo nella
sua applicazione i quali distinguo – l’aspetto cosiddetto pastorale –
rischiavano di produrre confusione proprio circa l’insegnamento secolare che
però vi veniva ripreso e confermato.
Sappiamo purtroppo che la
modernità laica e occidentale da un lato – col suo mito fondatore dei “diritti
per tutti”! – come ha dichiarato violabile la vita dell’innocente (con l’aborto
e l’eutanasia, ma anche con la brutale soppressione del malato inguaribile),
così ha dichiarato inviolabile la vita del colpevole, anche di delitti della
massima entità. Parallelamente a questa aberrazione logica e giuridica, la
guerra è divenuta illecita per ragioni di fede e di morale (cfr. la condanna
unanime delle sante Crociate di Liberazione) ed è diventata lecita per portare nel
mondo la democrazia, la pace, il pluralismo, la laicità, e perfino per far abolire
la pena di morte ed introdurre l’aborto…
Che questa mentalità relativista
e ateista anti pena capitale sia tipica dei movimenti radicali (Nessuno tocchi Caino), anarchici o
laicisti, lo sapevamo bene. Ma che essa ora dilaghi anche negli ambienti
cattolici questo è un tristissimo segno dei tempi.
Addendum. S. Tommaso, il Dottore Comune della Chiesa, cita a più
riprese proprio l’Ipponate per ribadire la liceità della pena capitale. Per
esempio, nella Summa, I-II, q.100, a.8, ad 3um: “L’uccisione di un uomo è
proibita nel Decalogo in quanto è ingiusta: è così infatti che questo precetto
contiene l’ordine essenziale della giustizia. Perciò la legge umana non può mai
concedere che sia lecito uccidere un uomo senza un motivo giusto [come
l’aborto, l’infanticidio o l’eutanasia, ndr]. Ma uccidere i malfattori o i
nemici della patria non è un’ingiustizia. Quindi non è contro il Decalogo: e
neppure si identifica con l’omicidio che il Decalogo proibisce, come spiega S.
Agostino [De lib. arb. 1,4]”.
Pubblicato il 05 giugno 2013
mah, fate un po' come vi pare...
RispondiEliminahttp://www.campariedemaistre.com/2013/06/agostino-primo-oppositore-della-pena.html
Un neo-cristiano si impone nella società del benessere inebetito e bifolco, esibito con abbronzature artificiali, viaggi premio a New York e passeggini per cani.
RispondiEliminaQuesto nuovo cristiano in fuga dal dolore e dalla pena, che reclama il confort materiale per tutti con premio spirituale per se stesso, (che, va da sé, si crogiola nella comoda illusione di un Dio incerto e debole che non giudica e non condanna) davanti alla guerra e alla pena capitale non può che rinnegare i Padri della Chiesa e ritrarsi inorridito.
San Tommaso d'Aquino era scettico circa l'Immacolata Concezione, quindi dobbiamo dire che il dogma proclamato da Pio IX era un "tristissimo segno dei tempi"?
RispondiEliminaNon esiste nessun dogma circa la liceità o l'illecità della pena capitale, quindi il dibattito è libero. Ognuno può dire la sua, possibilmente senza fare i profeti di sventura, e possibilmente evitando la tentazione di essere più papisti del Papa.