a cura di Marco Mancini

Per rispondere a tali quesiti, si può innanzitutto consultare il Codice di
Diritto Canonico, che alla prima domanda risponde inequivocabilmente “sì”. Il canone 332,
comma 2, recita testualmente: “Nel caso
che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che
la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si
richiede invece che qualcuno la accetti”. Si tratta, dunque, di una decisione nella piena disponibilità del
Pontefice, che non richiede neanche l’accettazione da parte di altri
soggetti.
Se questo vale nella teoria, nella
storia della Chiesa i precedenti di
rinuncia all’incarico di Sommo Pontefice si contano quasi sulle dita di una
mano. Diversi di loro si sono verificati nell’Antichità o nell’Alto Medioevo (nessuno nell'epoca moderna) e presentano contorni confusi, spesso legati a vicende di martirio o di lotte
interne alla Chiesa. Proviamo, dunque, a farne un breve elenco:
Clemente I: santo, quarto vescovo di Roma, avrebbe abdicato nel 97
d.C. per cause di forza maggiore, dal momento che la sua condizione di esiliato
per ordine dell’imperatore Traiano non gli consentiva di prendersi cura della Chiesa in maniera adeguata. In realtà, nessuna certezza è stata mai raggiunta a
riguardo, anche se la collocazione della sua morte per martirio nel 99 d.C. avvalora
tale ipotesi.
Ponziano: santo, 18° vicario di Cristo (dal 230 al 235), fu anch’egli
costretto ad abbandonare l’incarico di Pontefice, perché deportato in Sardegna
nel corso delle persecuzioni ordinate da Massimino il Trace. Morì due mesi
dopo.
Silverio: santo, 58° vescovo di Roma, Pontefice per neanche un anno
dal 536 al 537. La sua è una vicenda piuttosto complicata: era stato
dapprima illegittimamente deposto su iniziativa dell’imperatrice bizantina Teodora e del
generale Belisario, con l’ingiusta accusa di aver tramato a favore ai Goti nel
corso della guerra greco-gotica. Deportato in Licia, tornò in Italia ma qui
firmò, probabilmente perché a ciò costretto, un documento in cui abdicava a favore del
successore Vigilio. Non è chiaro, dunque, quanto si possa parlare di una
rinuncia volontaria.
Benedetto IX: si tratta sicuramente del caso più inglorioso e meno edificante tra
quelli citati. Fu il 145° Papa della Chiesa Cattolica dal 1033 al 1045, poi ricoprì
nuovamente la carica di Pontefice nel 1045 (147°) e un’ultima volta nel 1047-8
(150°). Eletto Papa in giovanissima età, condusse un’esistenza dissoluta che lo
portò addirittura a vendere il proprio ufficio al momento della sua rinuncia, nel
1045. Tale atto gli costò la scomunica per simonia al termine del suo terzo e
ultimo pontificato.
Celestino V: santo, 192° vescovo di Roma. Eremita, nel 1294, all’età
di circa 80 anni, fu incoronato Papa dopo una sede vacante di oltre due anni,
nel tentativo di superare l’impasse di un Conclave caratterizzato da profonde
divisioni. Il suo pontificato durò appena quattro mesi: si dimise nel
dicembre dello stesso anno, motivando la decisione con “legittime ragioni, per
umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe”. Imprigionato
dal successore Bonifacio VIII, morì due anni dopo nella rocca di Fumone, in
Ciociaria, ed è sepolto all’Aquila, nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio
dove era stato incoronato. Si tratta del caso di rinuncia più noto in assoluto, spesso
associato – non si sa quanto fondatamente – alla figura dantesca di “colui che fece
per viltade il gran rifiuto”.
Gregorio XII: 205° Pontefice romano, Papa dal 1406 al 1415. La sua
abdicazione avvenne durante il Concilio di Costanza e contribuì alla soluzione
del lungo Scisma d’Occidente, che durava dal 1378 e aveva visto addirittura negli
anni precedenti la presenza di ben tre Pontefici in lotta tra loro. Lo scisma terminò
ufficialmente nel 1417, con l’elezione del nuovo Papa Martino V.
Pubblicato il 11 febbraio 2013
D’accordo, un signore di 86 anni che si autorottama – rompendo una tradizione durata sei secoli secchi – merita umanamente ogni rispetto, specie se visto dall’angolatura localissima di un Paese dove nessuno molla mai niente a nessuna età – e preparare la successione a se stessi è considerato impensabile anche per il direttore di un ufficio postale.
RispondiEliminaCiò detto, oggi mi venivano in mente quelli – tanti – che nell’aprile di otto anni spalmavano in giro lo slogan ‘Ratzinger vi sorprenderà’, insomma si dicevano sicuri che non sarebbe stato un pontificato reazionario e retrivo, anzi «vedrete, è un intellettuale di tale peso e di tale forza che che porterà davvero la Chiesa Cattolica nel XXI secolo».
Invece, diciamocelo, su: è stato un pontificato perdente e fallimentare fin dall’inizio.
Perdente nel confronto impietoso con il robustissimo carisma mediatico del predecessore, perdente nell’ossessione triste per i divieti sessuali, perdente nel tappare i buchi dello scandalo pedofilia in mezzo mondo, perdente nel recupero nostalgico di liturgie sepolte dai secoli, perdente nell’immagine finale di una Chiesa dilaniata tra lotte di potere talmente furiose che alla fine il capo se ne va, sbrigatevela un po’ voi, io mi ritiro a pregare e non rompetemi più le scatole con le vostre beghe.
E allora, va bene, certo, togliamoci tutti il cappello davanti all’anziano coraggioso che abdica, tanto in Italia il cappello davanti al Papa se lo levano sempre tutti, per carità, specie prima delle elezioni.
Ma questo Papa ha rumorosamente fallito, e questa è la vera notizia, e pure lui probabilmente lo sa.
Dato il titolo pensavo a qualcosa di meglio di quest'ammasso di stucchevoli recriminazioni tratte di peso da un qualsiasi articolo di Repubblica.
EliminaDomanda: ha Lei mai letto alcunche' di Ratzinger/Papa Benedetto? Evidentemente no.
Seconda domanda. Se dovessimo seguire i suoi criteri su successo/fallimento per il ministero di tal Gesu' di Nazareth che voto finale otterrebbe il suddetto?
Infine se c'e' un avverbio che manca completamente il bersaglio, volendo parlare del Papa, e' proprio "rumorosamente". In un mondo caciarone e prono all'idolatria della popolarita' il Papa con questa uscita di scena dice esattamente l'opposto di quanto Lei, gentile (mica tanto) signore pensa (mica tanto).
Basta ascoltare e leggere quello che ha detto e scritto Benedetto per capire che il suo pontificato non è stato un fallimento,ha riportato Dio e la Fede al primo posto..per chi l'ha voluto capire è stato un successo..
RispondiEliminaNon è la mediaticità che fa grande un Papa!!!!!!è il messaggio che trasmette!e guidati dalla fede, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno parlato la stessa lingua!
RispondiEliminaPurtroppo il primo commentatore blatera ovviamente senza argomentare...
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