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Il 14 settembre 1440 un araldo bussò alla porta del castello di Machecoul. Lesse il generico capo d'imputazione contro Gilles, improntato prudenzialmente alla sola accusa di eresia dottrinale. Il signore di Rais parve rinfrancato. Accuse tanto generiche volevano forse significare la semplice volontà delle parti di addivenire a una soluzione di compromesso. Scrive Ferrero: "L'uomo che per tutta la vita aveva ignorato le sottigliezze della politica, si ritrovava da ultimo a far sua la scelta di un gesto di prudenza, di conciliazione: un imprevedibile soprassalto di cautela lo rendeva convinto di poter trattare". (p.195).
Condotto a Nantes Gilles si accorse come i giudici – allo stesso tempo suoi ex compratori – non intendessero mercanteggiare. Troppo forti le voci che gli inquisitori del vescovo avevano raccolto nei villaggi del Poitou e della Bretagna. Inizialmente Gilles ostentò un profondo distacco. Asserì che il tribunale non era competente a giudicare lui, maresciallo di Francia e uomo tra i più influenti del Regno. Malestroit si dimostrò però deciso a condurre la causa fino in fondo. Disse a Gilles che sebbene egli non considerasse il tribunale competente esso aveva comunque l’autorità di esercitare la sua giurisdizione. Appurato poi che l’imputato rifiutava di rispondere alle domande sarebbe stato giudicato in contumacia e immediatamente scomunicato. Gilles continuò a manifestare alterigia, eppure in lui qualcosa, fatalmente, cambiò.
Sabato 15 settembre 1440 l’imputato volle dichiarare qualcosa. Il consesso di inquisitori, prelati, nobiluomini e plebei pensò all’ennesima allocuzione contro la giurisdizione del tribunale, invece Gilles, balbettando e mormorando, confessò. "Cominciò a piangere. Disse fra le lacrime che confessava i crimini e i delitti che gli venivano imputati. Sì, li aveva malvagiamente commessi" (p. 213). Sorpresi, i giudici lo interrogarono più volte, sia in pubblico che in privato, volendo conoscere i dettagli dei sui bestiali atti. Profondamente sconcertati non poterono che comminare la sentenza di morte per impiccagione. Vista la collaborazione esibita i giudici risparmiarono al reo confesso il rogo del suo corpo e gli concessero il privilegio di essere tumulato in una chiesa a sua scelta. Non solo. Pressati dalle impetrazioni di Gilles revocarono la scomunica, facendone nuovamente un membro del gregge cristiano. L'esecuzione ebbe luogo a Nantes il 26 ottobre 1440. Il corpo venne poi tumulato nella chiesa del monastero di Notre-Dame des Carmes. Nemmeno dopo la morte Gilles trovò pace. Nelle prime convulse fasi della Rivoluzione Francese numerosi istituti religiosi furono saccheggiati. Tra questi vie era Notre-Dame des Carmes. I resti di Gilles vennero esumati e gettati nella Loira: punizione postuma a un rappresentante di una delle casate più esclusive di Francia. Forse tra i suoi castigatori vi erano i discendenti di quegli infanti miracolosamente scampati alla mattanza.
Di grande interesse è il fatto che il crollo di Gilles sia da associare – almeno in parte - alla scomunica. Per quale ragione egli decise di confessare i suoi misfatti solo dopo essere stato estromesso dalla comunità dei fedeli?
Nonostante i crimini Gilles era un credente. Fu forse la consapevolezza di compiere peccati carnali a rendere l'intera macabra danza un passatempo così gradevole. Gli abusi, le torture e l'attesa del gorgo sanguinario erano sublimate dalla piena capacità di giudizio. Gilles non era un pazzo. Costoro agiscono senza rendersene conto, mentre al processo di Nantes il signore di Rais dichiarò che "aveva seguito la sua immaginazione e il suo pensiero, senza il consiglio di alcuno, e secondo i propri sensi, soltanto per il suo piacere o diletto carnale, e non per altre intenzioni o fini" (p. 219).
Chi fu Gilles de Rais? Come fu possibile che in lui, un uomo che si considerava un pio cristiano, sorgessero simili istinti e che sviluppasse il desiderio di metterli in pratica ? Ferrero sembra iscrivere la parabola sanguinaria di Gilles nel quadro di un epoca, facendo di egli un figlio del suo tempo. Guerre, carestie, pestilenze e crisi istituzionali costellarono, in effetti, la prima parte del '400 europeo e, segnatamente, il Regno di Francia. Il crepuscolo del sistema feudale lasciava ancora il potere alla nobiltà di agire nei propri possedimenti senza timore - o quasi - d'incorrere nel giudizio, laico o ecclesiastico. Dalle viscere di un secolo buio, ottenebrato dalla superstizione, lacerato dallo scisma (terminato formalmente nel 1417) non poteva che sorgere un animo contraddittorio, irrequieto e indefinito.
La parabola di Gilles de Rais mostra quanto un uomo possa allontanarsi dal sentiero della virtù. In assenza di legami che saldino la nostra esistenza all'ultraterreno il ciclo vitale dell'uomo si riduce a semplice presenza biologica, per giunta punteggiata da quegli eccessi di crudeltà che contraddistinguono la sola nostra specie. Non fu un caso che tra i futuri ammiratori del libertino Gilles vi sarà Voltaire, mentore delle schiere illuministiche, pervicacemente in lotta per la secolarizzazione della civiltà europea. Il confine tra tensione mistica ed eresia è spesso labile, sottile: un’effimera patina capace di convogliare le energie umane verso vette di santità e distoglierle dal ventre del male. Erigere spiritualmente quel confine avrebbe evitato la mattanza e fatto sì che il cuore di Gilles si consacrasse a più sacri e nobili propositi.
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