03 ottobre 2018

Divorziati risposati. Un libro fa chiarezza sulla comunione spirituale

di Samuele Pinna
Quando il 16 settembre 2016 Alexandra Diriart mi aveva spedito il suo prezioso volumetto da poco pubblicato Divorziati risposati e comunione spirituale (Cantagalli), aveva precisato nella lettera accompagnatoria che il libretto di cui mi aveva parlato e che avevo in quel momento tra le mani era stato «scritto prima della Amoris Laetitia».

Aveva poi aggiunto: «Anche se non se ne parla più, penso che la comunione di desiderio possa essere una via che faccia del bene alle anime». Ma cosa pensare della pratica della comunione spirituale raccomandata ai divorziati risposati che non possono ricevere sacramentalmente l’Eucaristia? È semplicemente una proposta che evita di affrontare una questione in seguito apparsa come spinosa?

Il libro risponde a queste domande, spiegando innanzi tutto che occorre comprendere correttamente cosa si intenda per “comunione spirituale” nei diversi significati dell’espressione (cfr. in particolare il capitolo II). Ecco il motivo per cui la proposta della “comunione spirituale” per i divorziati risposati – scrive l’Autrice – richiede «una precisazione al fine di essere compresa correttamente e di non prestare a confusione. Questa è davvero comunione a Cristo, non al modo della fruizione della res sacramentale, ma al modo di una grazia di conversione che unisce nella tensione del desiderio, nutre attraverso il cibo dell’obbedienza filiale e guarisce ravvivando la grazia della vita battesimale: grazia dinamica che impegna i fedeli divorziati risposati in un vero cammino ecclesiale e sacramentale di conversione di salvezza» (p. 100).

In tal senso, «la proposta merita di essere incoraggiata poiché offre un autentico itinerario spirituale che non ha nulla dello spiritualismo disincarnato» (p. 100). Per fugare ogni dubbio la Diriart propone un termine diverso rispetto a quello classico e parla di “desiderio di comunione” o di “comunione nella speranza” così da evitare ogni ambiguità: «La “comunione nella speranza” – afferma – non intende sottovalutare la necessità dei sacramenti per la salvezza, né l’importanza della manducazione corporea dell’Eucarestia, poiché è profondamente ordinata alla sua piena ricezione. Essa si inserisce in una dinamica di crescita spirituale e di conversione che riscopre e fa fruttificare la potenzialità del Battesimo. La frequentazione della Parola di Dio, la preghiera, l’adorazione eucaristica, la partecipazione alla Santa Messa, le opere di carità, il dialogo confidente con un sacerdote, l’accoglienza della comunità parrocchiale, i gesti di comunione, sono elementi che intensificano la comunione nella speranza, ossia che uniscono realmente a Cristo nell’attesa di riceverLo un giorno sacramentalmente» (p. 101).

Si tratta di «un cammino di verità e di salvezza, e quindi di consolazione nel Signore: è bene promuoverlo» (p. 101). Tuttavia, tale comunione «non può essere incoraggiata indipendentemente da una pastorale che ricordi a tutti i fedeli cristiani la necessità di convertirsi al vero senso della comunione eucaristica e della comunione ecclesiale in tutta la ricchezza della sua partecipazione» (p. 101). Questo splendido studio può, allora, aiutare nella comprensione a riguardo del cammino dei divorziati risposati, soprattutto dopo l’Amoris Laetitia di papa Francesco e l’acceso dibattito che ne è scaturito.

 

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1 commento :

  1. Una lettura gradevolissima attraverso la crema della letteratura, della filosofia e della teologia.
    Grazie do Samuele.

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