20 luglio 2018

Intervista. Gian Micalessin ci parla della Siria

Gian Micalessin è un giornalista e inviato in zone di guerra, con all'attivo numerose presenze in scenari caldi e certamente pericolosi come la Cecenia, il Ruanda, l'Iraq, l'ex Jusgoslavia e la Siria. Ha lavorato per testate giornalistiche di primo livello, in Italia e all'estero, sia cartacee che televisive. Negli ultimi anni ha seguito lo scenario medio orientale e ha curato inchieste e documentari per l'iniziativa "Gli occhi della Guerra" del Giornale. Ci ha concesso gentilmente un'intervista, riguardo la situazione siriana, con particolare attenzione alla situazione dei cristiani.

In Siria ad oggi come sono disposte le forze in campo?
Si deve analizzare la situazione a partire dal vertice di ieri [16 luglio ndr] fra Trump e Putin, perché siamo di fronte ad una svolta. Fino ad oggi gli USA hanno parlato solo di rimuovere Assad, mentre oggi parlano di un accordo. Se si tornasse ad un bipolarismo fra USA e Russia, i due poli sarebbero determinanti per risolvere le crisi. Quindi la Siria è un banco di prova perché a definire la pace potrebbero proprio essere le due potenze. Anche la posizione di Israele in questo momento si ridiscute, perché ad oggi ha sempre temuto una presenza dell'Iran in Siria, sulle alture del Golan, a minacciare i confini dello stato ebraico. USA e Russia potrebbero contribuire a tenere quindi l'Iran lontano dai confini israeliani e disinnescare il problema.
C'è poi da definire la situazione del Nord Est della Siria, dove sono dislocate le truppe USA. L'incognita maggiore riguarda poi la Turchia, perché Erdogan non è riconducibile né agli interessi degli Stati Uniti né a quelli della Russia. Proprio qui si inserisce la necessità di liberare la zona di Idlib, dove sono posizionati i gruppi jihadisti al confine con la Turchia. Si tratta dell'ultimo tassello per la riconquista del territorio da parte dei siriani. La grande battaglia di Idlib  potrebbe essere decisa proprio da un’intesa fra USA e Russia.

In questo scenario ci sono quindi i cristiani, che erano un'entità importante in Siria. Cosa sta succedendo e quali prospettive ci sono per loro?
I cristiani costituivano il 10% della popolazione siriana, ma ora come comunità sono stati notevolmente ridimensionati. Molti sono stati obbligati a scappare e altri sono rimasti vittime della guerra. Si trattava di una comunità che godeva di un certo grado di benessere che ora deve tornare in zone distrutte, come ad esempio Aleppo, dove mancano i servizi essenziali. L'equilibro religioso in Siria si è rotto e l'Occidente dovrebbe aiutare ad organizzare, anche finanziariamente, un rientro di questa comunità, che è fuggita in parte in Libano e in parte in Europa.

La situazione precedente, nota come esempio di convivenza fra le religioni cristiana e musulmana, sarà quindi difficile da ritrovare?
Assad era il garante di quella situazione, della laicità e della convivenza fra le diverse religioni. La fuga, il frazionamento e il ridimensionamento rendono difficile il ritorno ai vecchi  equilibri. Esiste poi una certa diffidenza da parte cristiana, per via della complicità di alcune comunità islamiche con i gruppi jihadisti. Ad esempio, i cristiani avevano accolto anni fa delle comunità musulmane a Maalula e queste allo scoppio della guerra hanno parteggiato con Al Nusra, la costola siriana di Al Qaida che nel 2013 ha conquistato la cittadina massacrando, terrorizzando e costringendo alla fuga i suoi abitanti .

Fra Occidente e Russia, è corretto dire che i cristiani in Siria vedono in Putin un difensore?
Spesso i cristiani hanno accusato l'Occidente di aver appoggiato i gruppi jihadisti non curandosi dei cristiani. Dall'inizio del conflitto fino all'offensiva di Goutha nei primi mesi di quest’anno, l’Europa e l’Occidente hanno pianto soltanto per le vittime dell'offensiva siriana, dimenticandosi dei cristiani di Damasco e del resto della Siria uccisi dai bombe. Molti rimproverano anche al Vaticano di essersi dimenticato di loro e di aver cercato una posizione troppo bilanciata, ma va ricordato che il Papa sin dall'inizio si era schierato contro l'intervento di Obama e ha sempre ricordato i morti cristiani. Putin per i cristiani siriani è l’artefice e il portabandiera  dell'offensiva contro l'Isis e le altre fazioni jihadiste  che   ha costretto anche gli Stati Uniti ad affrontare con molto più vigore e decisione lo Stato Islamico. Per questo riconoscono al presidente russo un ruolo fondamentale nella loro difesa.

Quando in Medio Oriente si tocca l'equilibrio di uno stato, a cascata si toccano tutti gli altri. Quali sono le prospettive per quell'area?
Prevedere l'equilibrio futuro è difficile. La questione siriana è strettamente legata a quella irachena e anzi qualcuno si chiede se il caos iracheno sia conseguenza di quello siriano o viceversa, visto che per due anni il confine fra i due paesi è stato cancellato.
In generale nell'area si sta assistendo ad una vittoria dell'asse sciita, capeggiato dall'Iran, che oggi controlla parte dell'Irak e in Siria lambisce Israele, mettendolo in apprensione. Israele ha già annunciato che una presenza iraniana in Siria provocherebbe un intervento militare e quindi la Russia di Putin sta facendo il possibile  per  convincere l'Iran a tenersi a distanza di sicurezza dai confini dello stato ebraico . In questo scenario d’instabilità e incertezza non va dimenticata la crisi politica di un  Libano sempre più lacerato dalle divisioni  fra gli sciiti di Hezbollah appoggiati anche dalle comunità cristiane  e i sunniti legati all’Arabia Saudita e alla famiglia Hariri.


 

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