10 marzo 2013

Piccole donne: il romanzo del focolare

di Valentina Ragaglia

Piccole donne di L.M. Alcott, compare sulle scene editoriali nel 1868, e da allora milioni di lettori sono stati immersi nel mondo della numerosa (all'epoca non faceva scalpore) famiglia March.
Mag, Jo, Beth ed Emy sono le protagoniste di una storia che per forza, semplicità, genuinità e bellezza appare ai nostri occhi attualissima; non solo per lo stile dell'Alcott in grado di prendere il lettore per il cuore, ma anche per i sentimenti, che senza eccessi e senza sfociare nello sdolcinato fanno in modo che si possa ritrovare tra le pagine del romanzo un pezzettino di noi stessi.

Piccole donne, senza dubbio, segna il rito d’iniziazione alla lettura, in particolare, delle giovani lettrici in erba. E’ uno di quei libri che compaiono per primi nella libreria personale di chi decide di compiere il meraviglioso ed avventuroso viaggio per i sentieri della letteratura. Ed il risultato è quello di restarne affascinati per il resto della vita. Quando la letteratura suscita questo amore sconfinato per i suoi personaggi, per la trama, per i messaggi di fondo su cui poi si costruisce il castello dell’immaginazione, vuol dire che si è letto un buon libro.
Piccole donne è anche più di questo. Il più classico dei classici. Ritengo che si possa definire il romanzo del focolare perché unisce generazioni di giovani ed adulti. E’ uno di quei racconti che viene tramandato di madre in figlia (è accaduto anche nella mia famiglia) ma anche in figlio, perché abbattendo il cliché del “romanzetto per femminucce romanticone”, Piccole donne è una lettura che dà non solo una chiave di comprensione del mondo femminile (assolutamente attuale e pregnante rispetto a quello che è l’universo in rosa), ma anche una prospettiva particolareggiata agli uomini sull'importanza della famiglia e di tutti quei valori fondamentali come l’amore e l’amicizia.



Il duro Joey legge "Piccole donne" e si commuove (dalla sitcom "Friends")

La trama del romanzo è ben nota anche grazie alle numerose trasposizioni cinematografiche. Si tratta delle avventure vissute da una famiglia di modestissime condizioni economiche che, senza far girare il fulcro della vita intorno al denaro, si spende per il prossimo e fonda la sua esistenza sull'amore e l’unità della famiglia. I caratteri delle quattro protagoniste rappresentano sfaccettature (talvolta descritte con più intensità, ma senza forzature) del carattere delle donne: Meg con i suoi modi eleganti ed aggraziati, incarna il simbolo della bellezza femminile; Emy, invece, l’ingenuità mista ad una vanità infantile, mentre Beth la dolcezza e lo spirito di servizio verso il prossimo; infine, Jo è il prototipo della donna dal carattere forte, determinato e agguerrito, ma che non perde di dolcezza verso le persone che ama, anzi sarebbe disposta a dare la vita per esse e lo dimostra tagliando e vendendo i suoi bellissimi capelli per aiutare la sua famiglia in un momento di difficoltà. Tra le sorelle è sicuramente quella che all'epoca deve aver suscitato maggiori perplessità e che col tempo è stata fatta anche oggetto di strumentalizzazioni femministe. Ma Jo, con quella sua indole libera, non aveva certo in mente l’idea di scardinare qualsiasi distinzione tra uomo e donna. Il suo essere impavida è di altra natura: voleva dimostrare la sua indipendenza intellettuale, senza rinunciare al suo essere donna, tanto che non rinnega neppure la chiamata al matrimonio e alla maternità.
L’esempio di Jo conferma con semplicità che la bellezza di essere donna risiede nell'accettare la propria femminilità e nel farla rifiorire non solo con la maternità, ma nell'arricchirla con la cultura, e l’impegno lavorativo. Accadeva in tempi non sospetti e non inquinati da un relativismo dilagante né da un appiattimento nichilista che mira ad annullare anche le differenze congenite, quelle naturali, per un ideologico “siamo tutti uguali”. Perciò non c’è nulla di scabroso nella donna che sia aperta alla prospettiva generatrice ed a quella lavorativa. Diffidiamo da modelli altrettanto ideologici che vedono nella donna un oggetto ad uso e consumo (e riciclo), oppure un soggetto finalmente autonomo che ha combattuto per un'emancipazione dai frutti dolorosi. 

Noi, donne del nuovo millennio, possiamo proporre un modello che tenga presente tutti i nostri talenti e che metta a disposizione della società il suo genio. Siamo chiamate ad un compito più arduo di quel che si creda: sganciarci dagli orrori del passato, per dare nuova luce al nostro presente. E possiamo farlo solo se sapremo accettare il nostro essere nel mondo (e non per il mondo), portando la nostra gioia di vivere come la più forte delle testimonianze. Esser donna è bello.
 

1 commento :

  1. "E’ uno di quei libri che compaiono per primi nella libreria personale di chi decide di compiere il meraviglioso ed avventuroso viaggio per i sentieri della letteratura" ma chi apprezza il libro poi scrive così per tutta la vita?
    Luca Di Mauro

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