09 marzo 2013

Infatuarsi di Chavez: una mancanza di realismo

di Paolo Maria Filipazzi
Dopo la morte di Hugo Chavez si sono succeduti diversi giudizi. Interessante è la schizofrenia registratasi in seno alla cosiddetta Destra, dove ai liberali e ai conservatori che hanno brindato alla morte del “nemico del mondo libero” si affiancano i “sociali” (nonchè il popolo di quelli che “Non sono di Destra, sono fascista e il Fascismo è una via al socialismo) che hanno pianto con toni lirici la morte del Caudillo.

Ora, cerchiamo di fare un po’ di ordine, anche alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. Dicono a sua discolpa che il suo non era comunismo ma socialismo bolivariano, con una componente cristiana.  Dando uno sguardo al Magistero della Chiesa Cattolica, a partire dal Sillabo e dalle encicliche sociali di Leone XIII, è il socialismo senza specificazioni ad essere condannato fra le “pestilenze” da sradicare, fra cui sono annoverati anche il comunismo e il nichilismo, tutti assimilati tra loro e considerati come intrinsecamente legati. E se va detto che, in effetti, Chavez non fu un dittatore nel senso classico, ma fu sostenuto da un forte consenso espresso in numerose tornate elettorali, d’altra parte tale consenso fu prodotto e gestito tramite una meticolosa politica di stampo gramsciano, tramite anche la monopolizzazione dell’istituzione scolastica in violazione di quella libertà educativa che per un cattolico è fra i principi non negoziabili. 
E nel 2004, tramite la pubblicazione dei firmatari del referendum che chiedeva la sua revoca dalla presidenza, iniziò anche un’odiosa politica di individuazione di coloro che non erano chavisti, i quali si ritrovarono a portarsi dietro una vera e propria lettera scarlatta, finendo in molti per espatriare, con una fuga dal paese di risorse umane ed economiche cui si rispose con un semplice “que se vayan”.


Anche il cristianesimo di Chavez va visto sotto una luce adeguata: stiamo parlando di un tale che dichiarò tre anni orsono, a proposito del Papa: «È il capo di Stato del Vaticano, non l’ambasciatore di Cristo sulla terra: Cristo non ha bisogno di ambasciatori, Cristo è nel popolo e tra quelli che lottano per la giustizia e la libertà degli umili» e che nello stesso periodo  avanzò l’ipotesi di abolire il Concordato con la Chiesa cattolica che, fra le altre cose avrebbe voluto dire la fine dei finanziamenti alle missioni indigene. Avendo Chavez il suo zoccolo duro fra gli indios, era per lui decisivo avere il controllo esclusivo sulle loro coscienze, e in questo la Chiesa cattolica era un pericolosissimo concorrente, a cui contrapporre le sue “misiones”, in una sorta di gara al controllo ed alla manipolazione del consenso dei ceti meno abbienti. 


Due anni prima, avendo vinto le opposizioni in numerose amministrazioni locali, Chavez aveva pensato di ovviare al problema con una riforma che accentrava le competenze. Da qui lo scontro con la Chiesa, rea (pensa che misfatto…) di invocare il rispetto della sussidiarietà. Senza contare il sequestro e le chiusura della rete cattolica Vale Tv. Vero che in Venezuela l’aborto è proibito se non in casi limite e che le timide aperture a riconoscimenti delle coppie di fatto sono stati poi ritirati per via dello scarso favore incontrato nella pubblica opinione. Siamo qui di fronte al classico atteggiamento del leader pragmatico che non urta le convinzioni della gran parte dei suoi sostenitori, ma che al tempo stesso non tollera nel suo Paese un reale esercizio della libertas Ecclesiae. Anche il fatto che le sette protestanti non abbiano avuto vita facile in Venezuela è dovuto più al fatto che, oltre ad essere concorrenti della Chiesa cattolica, lo erano di Chavez stesso. Nessuno nega che non ci fosse un pregiudizio ideologico anti-clericale e che, personalmente, dicesse di credere in Cristo, ma sicuramente il modello politico perseguito da un cattolico è ben altra cosa.


Stesso discorso con la politica di nazionalizzazioni, con la quale si è perseguito il controllo delle risorse economiche per sottrarle ai privati potenziali oppositori per darle in mano a funzionari incapaci e corrotti (in un paese con la più alta corruzione del mondo): la Pdvsa, l’azienda monopolista, lo scorso agosto ha ammesso il collasso del sistema dovuto allo scadere del sistema di raffinazione ed al contrabbando di petrolio. Oggi la produzione venezuelana di petrolio è più basso di un quarto rispetto a quando Chavez fu eletto la prima volta. Contemporaneamente raccoglieva, in politica estera, il testimone della Cuba di Castro, nella creazione di un asse anti-statunitense in America Latina. Promuoveva progetti di sviluppo e integrazione quali l’ALBA, l’UNASAR e il CELAC, il cui perno era la vendita del petrolio, da parte del Venezuela, agli stati amici a prezzi politici, con interessi bassissimi e scadenza di ventiquattro anni. Misure grazie alle quali si è potuta inaugurare una generale politica di sganciamento degli Stati del Sudamerica dall’influenza dei vicini più a Nord, ma la cui anti economicità ha avuto effetti ovviamente disastrosi sull’economia del Paese. Alla fine una Nazione che galleggia sul petrolio si è trovata a dover importare e razionare benzina, e proprio da quegli Stati Uniti che sono sempre rimasti anche il primo acquirente di petrolio, con buona pace della retorica anti-americana, dei flirt con Russia ed Iran, del supporto ad Hezbollah, rapporti tanto strombazzati a livello di propaganda quanto sterili a livello di risultati concreti.

Aggiungiamo, per completezza, la combinazione esplosiva fra il già citato tasso di corruzione e il livello di criminalità fra i più alti del mondo e la presenza di formazioni paramilitari di fatto immuni da ogni controllo,  con il risultato non secondario che di fatto in Venezuela non esiste più una reale garanzia del diritto di proprietà.
Insomma, l’infatuazione per Chavez da parte di certo “cattiverio” nostrano è giustificabile con la sua innegabile capacità mitopoietica, che si è incontrata, da questa parte dell’Oceano, con una fame di miti con cui riempire il vuoto lasciato da una realtà assai deludente. Ma alla fine si tratta più di un’evasione in una realtà parallela, affascinante e romantica quanto inesistente. Il sano realismo cattolico dovrebbe servire da antidoto.
 

2 commenti :

  1. Tutto vero, tutto giusto: che Chavez perseguisse un totalitarismo neo-comunista attraverso una strategia gramsciana di occupazione dei gangli vitali della società (politici, culturali, informativi, economici) è fuor di dubbio. Altrettanto indubbio è il suo uso strategico della violenza, così come la sua regressiva ideologia nativista, intrisa, come ben rilevato nell'articolo, da conseguente e inevitabile anti-cattolicesimo. Ma, ciò detto, i suoi avversari erano e sono migliori di lui? La borghesia "compradora", come avrebbe detto José Antonio Primo de Rivera, di Caracas, allineata ai desiderata delle multinazionali americane e delle lobbies oscure e al contempo ben note, rappresentava e rappresenta un'alternativa decente? La nazionalizzazione delle multinazionali ha portato inefficienze e perdite. Ma che dire del saccheggio precedente delle risorse nazionali venezuelane? Il concetto di "giustizia sociale" è stato validamente contestato da von Hayek. Sono d'accordo con lui. Tuttavia questo termine, ben rettificato, non può essere totalmente ignorato. Chavez è stato un dittatore para-comunista? Vero. Però ha cercato di ridare dignità nazionale a un popolo sfruttato dalle multinazionali americane e privato della sua indipendenza dall'arroganza statunitense. Non penso che l'ideologia capitalistica-massonica-protestante della Trilater o del Bildberg Group sia più accettabile di quella di Chavez. Sono entrambe esecrabili. Però, se proprio proprio devo fare il gioco della torre, io che mi riconosco in questa confusa, e così severamente valutata dall'articolista, definizione di "Destra Sociale", indovinate chi butto giù?

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    1. Senza libertá di pensiero e impresa solo si aiuta i poveri materiali a rimanere tali ed in piú diventeranno inevitabilmente poveri spirituali.

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