Il 25 aprile 1929, novant’anni fa, tornava a Casa Egidio Bulesich, poi italianizzato in Egidio Bullesi, giovane ragazzo di Pola, in quella che sarebbe stata l’Istria italiana; la sua fu una vita breve (23 anni appena), ma ben spesa, carica di fede e di buone azioni. Giovane operaio dei cantieri navali di Pola, animato da ardente fede, desiderava portarla ai suoi compagni di lavoro e coetanei, e per questo, quando durante un pellegrinaggio a Roma conobbe gli scout cattolici dell’ASCI, ne rimase folgorato, e decise di fondare un gruppo dell’ASCI nella sua città, che fiorì e prosperò fino alla soppressione dovuta alle leggi speciali del regime fascista; in seguito a ciò, e allo studio della vita di San Francesco e grazie all’incontro con alcuni frati francescani, decise di seguire del Serafico Patriarca nel mondo, divenendo terziario francescano.
Lasciata Pola per adempiere il servizio militare, si arruolò in Marina, sulla nave da battaglia “Dante Alighieri”, e qui organizzò un gruppo di riflessione e preghiera con i suoi commilitoni. Terminato infine il servizio di leva, nel 1927 trovò lavoro come disegnatore tecnico presso i cantieri navali di Monfalcone, e nella stessa città si dedicava con forza all’assistenza delle famiglie povere ed emarginate e all’educazione dei bambini e dei ragazzi analfabeti, ma al termine dell’anno si ammalò di tubercolosi, malattia accettata con grande serenità e che lo porterà all’incontro con la morte il 25 aprile 1929.
Egidio Bullesi, scout e francescano, buon cristiano e buon cittadino, è un esempio incarnato di scoutismo di ieri, e lo è ancora per l’oggi; è un magnifico esempio di fede viva, gioiosa e incarnata, che pur in un contesto temporale e sociale diverso, può ancora dire molto a noi, e soprattutto a chi è giovane o impegnato con l’educazione dei giovani.
“La mia vita segue una stella”, scriveva, e basta questa frase per introdurci alla sua spiritualità e nella sua interiorità; se le stelle erano e in fondo ancora sono indispensabili al marinaio, all’esploratore e al viaggiatore, lo sono in realtà per qualsiasi cristiano, che è homo viator. Ancora, “Sento che è necessario infiammare i giovani e avviarli all’apostolato”, scrive, stilando un programma non passivo o da spettatore, ma attivo e dinamico, e, soprattutto, “questa vita è tanto bella e quindi perché rattristarci? Allegria, sempre allegri, ma nel Signore”; sembra di sentire B.-P., il fondatore degli scout, e soprattutto San Francesco, Frate Francesco, e San Filippo Neri, Pippo Buono, il santo della gioia. Diceva infine: “L’Italia sarà grande solo quando sarà veramente cristiana!”; meraviglioso slancio ed esempio di chi è credente e patriota, di chi promette di fare del proprio meglio per servire Dio e la Patria, la Chiesa e la Famiglia.
Rivestito con il saio francescano nel cimitero di Pola, per le note vicende della Seconda Guerra Mondiale, dell’Esodo Giuliano-Dalmata e della Guerra Fredda, si dovettero traslare le sue spoglie a Grado, nell’isola di Barbana, e dal 1974 se ne poté aprire il processo di beatificazione; San Giovanni Paolo II, nel 1997, lo ha dichiarato venerabile: potrebbe diventare il primo Beato e poi Santo dello scoutismo italiano, e certamente lo scoutismo cattolico italiano avrebbe un gran bisogno di esempi e intercessori! “Si tratta di salvare molte anime di fanciulli: si tratta di orientarle per tuta la vita verso Nostro Signore, verso il suo Cuore. Si tratta di dare all'Italia nostra la giovinezza di domani, forte e pura, colta e pia, si tratta di popolare il Cielo di Santi”, ecco come si esprimeva Egidio.
Dal 1974 è sepolto nell’Isola di Barbana, presso Grado, e proprio a Barbana, il 25 aprile di quest’anno, i francescani e gli scout italiani lo commemoreranno solennemente; ecco un appuntamento cui, se possibile, non mancare!
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