06 novembre 2021

Un esperimento sul conformismo

di Giorgio Salzano

Qualche decina di anni fa lessi un libro di Solomon Asch, Psicologia sociale, originariamente pubblicato negli anni cinquanta. Benché non ne ricordi gran che, so che lo trovai interessante, anche stimolante. Ma una cosa mi rimase impressa, che ora, cercando su Wikipedia per verificare le date dell’autore e del libro, ho scoperto essere famosa: l’esperimento sul conformismo. Non sono andato a riguardarlo e riporto a memoria.

La cosa andava più o meno così. Dieci persone vengono sottoposte a un esperimento apparentemente sulla percezione: si tratta di dire quale, di un certo numero di rette verticali proiettate su uno schermo, fosse la più corta. Uno dei dieci la individua subito, ma gli altri nove non sono d’accordo. Ne segue una discussione, con quello che è nel giusto che insistentemente dice agli altri cose del tipo, “ma come non vedete?”; no, non vedono, sono fermi nel sostenere che non è quella la retta più corta; batti e ribatti, quello che è nel giusto comincia a dubitare di veder bene. Il fatto è che l’unico soggetto all’esperimento era lui, mentre gli altri erano coadiutori dello psicologo, poiché lo scopo era vedere quanto uno fosse capace di resistere alle suggestioni contrarie all’evidenza.

Qual è la morale della storia? La risposta più semplice è suggerita dal nome con il quale l’esperimento è diventato famoso: che non bisogna essere conformisti. Bene, ma, come si suol dire, non è così semplice.

Quel che mi ha fatto tornare in mente il famoso esperimento di Asch, in effetti, è il conformismo “de sinistra”, in particolare come si è manifestato in occasione del disegno di legge Zan – del cui affossamento l’altro giorno al Senato rendo grazie a Dio.

La retta più corta, evidente, è in questo caso che gli esseri umani sono maschi e femmine, sono cioè, come si suole anche dire, o di genere maschile o di genere femminile. Sono, in quanto tali, fatti gli uni per le altre e viceversa, anche se sappiamo (lo sapevamo prima e ora non fanno che ricordarcelo) che per qualche ragione (sulla quale non mi pronuncio) vi sono maschi attratti sessualmente dai maschi e femmine dalle femmine. La negazione di quale sia la retta più corta è cominciata negli anni sessanta del secolo scorso con il femminismo, così detto perché denuncia del maschilismo nell’atteggiamento degli uomini nei confronti delle donne, relegate alle loro funzioni materne e casalinghe e altrimenti discriminate. Si negava la sclerotica ruolizzazione della differenza dei sessi; ma affermarne la parità è presto scaduto nella neutralizzazione delle differenze, anche quanto all’attrazione sessuale. Seguiva quindi il coming out, il palesarsi degli omosessuali, che rivendicavano il loro essere accettati in quanto tali, il che ha poi significato anche l’omologazione dell’omosessualità come normale. Ma ci sono pure quelli che, maschi o femmine, non si accettano in quanto tali e vogliono cambiare sesso, trovando una chirurgia compiacente che fa finta di farlo (in effetti cambiando solo gli aspetti più superficiali dell’apparato sessuale). A questo punto, tornando all’analogia con l’esperimento di Asch, i nove che collaboravano con lo psicologo hanno raggiunto il loro scopo, rendere l’unico soggetto dell’esperimento incerto sull’evidenza. Siamo resi incerti, nel nostro caso, dell’evidenza che l’essere maschi o femmine fa una differenza che non è solo corporea, non è quindi proprietà di un “io”, spirito asessuato che ne dispone come vuole.

Il d.d.l. Zan voleva trasformare legalmente quell’incertezza nella certezza di segno opposto. Introduceva per questo una inesistente differenza di sesso e genere, e subordinava l’identità di genere al sentire individuale. Senza definire con precisione fattispecie delittuose, introduceva un reato di opinione, esponendo chi esprimesse idee diverse alla possibile imputazione di istigazione alla violenza nei confronti degli omo-trans. E, ciliegina sulla torta, voleva fare della propria discutibile teoria sessuale l’oggetto di una lezione annuale nelle scuole.

In conclusione, mi sono reso conto scrivendo queste righe che con il richiamo all’esperimento di Asch il discorso era troppo diretto, non andava al nocciolo della questione. Esso mostrava efficacemente la dinamica del conformismo, ma c’è il rovescio della medaglia. Immaginiamo un esperimento opposto, in cui nove dicessero la cosa giusta e uno solo quella sbagliata, ma questo si intestardisse e cominciasse lentamente a convincere gli altri del loro conformismo. Avremmo allora quello che sperimentiamo oggi: il conformismo dell’anti-conformismo.


 

1 commento :

  1. Questo spiega quanto sia importante la virtù della fortezza...

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