di Fabrizio Cannone
In un recente intervento video,
inviato ad un convegno contro le armi nucleari, il cardinal Pietro Parolin, segretario di Stato, ha
detto che è necessario “Riconsiderare il nostro concetto di sicurezza”. Perché
la sicurezza dei cittadini, “non si può basare sulla minaccia della distruzione
reciproca e sulla paura, bensì deve trovare il proprio fondamento nella
giustizia, nello sviluppo umano integrale, nel rispetto dei diritti umani,
nella cura del creato, nella promozione di strutture educative e sanitarie, nel
dialogo e nella solidarietà”.
Il titolo del convegno era “La
conversione delle armi nucleari? Conviene!”. E all’intervento di Parolin ha dato risalto il Sir,
l’agenzia di stampa della Cei. Tutto il messaggio del presule era incentrato, e
giustamente, sul superamento della politica della paura (nel rapporto tra Stati).
Ma verrebbe da porre, con filiale
franchezza, una domanda a sua eminenza. Chi è che in nome della politica
sanitaria ha fatto di tutto, dicasi di tutto, per diffondere la paura, il
terrore, il panico morale? Chi ha detto e ripetuto che davanti all’epidemia “siamo
in guerra”, creando tensioni che erano sopite dal ’45 o almeno dalla fine della
guerra fredda? Chi ha usato la paura in tutte le maniere e forme, e la sta
ancora usando per terrorizzare la cittadinanza contro il diavolo Covid, fino a
causare – come ora sappiamo con certezza – aumenti di depressioni, istanze di
suicidio, incubi, insicurezza, autolesionismo, specie nelle fasce più deboli e
nei bambini?
Del resto, il cardinal Pariolin, contro la proliferazione
delle armi atomiche, invoca, da uomo di Dio, “il dialogo, il rispetto dei
diritti umani e la solidarietà”.
Ma chi è che ha diviso la
cittadinanza in pro vax e no vax, negazionisti e affermazionisti, scientifici
e fanatici (tra cui però militano molti medici e oltre 1000 docenti
universitari, solo in Italia)? Per non parlare delle altre stoltissime categorie
che mascherano la realtà e servono solo a ghettizzare la parte minoritaria e
scettica. E ad imporre una politica finora piuttosto insalubre e anti-economica,
che pare far acqua da tutte le parti.
Come già notato da Alessandro Rico su La Verità, nel Messaggio per la 43esima Giornata della Vita 2022,
giornata che è sorta per denunciare la legalizzazione dell’aborto avvenuta nel
1978, i vescovi italiani affermano: “Non sono mancate, tuttavia, manifestazioni
di egoismo, indifferenza e irresponsabilità, caratterizzate spesso da una
malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti”.
E questi egoisti sarebbero coloro
che espresso perplessità davanti al Green pass e alla politica di vaccinazione
obbligatoria? Sì, perché si tratterebbe di “comportamenti e discorsi [che] hanno
espresso una visione della persona umana e dei rapporti sociali assai lontana
dal Vangelo”.
Ma la sola ed unica Nota vaticana che fa fede in materia di
vaccinazione anti Covid 19, uscita nel dicembre 2020. Se da un lato ammette,
coerentemente coi cardini della teologia morale, la legittimità dell’uso dei
vaccini finora prodotti (n. 3-4), ribadisce a chiare lettere, che “la
vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale e che, perciò, deve essere
volontaria” (n. 5).
Si potrebbe così sostenere che le
manifestazioni anti Green pass e anti vaccinazione obbligatoria (e
ricattatoria), sono una chiara eco del testo vaticano. Visto che la Chiesa ha
affermato che il vaccino è lecito, ma non è moralmente e giuridicamente obbligatorio,
molti cattolici sono scesi in piazza proprio per appoggiare questa logica.
Eppure, il Vangelo (non si sa in
quale capitolo e versetto) li condannerebbe!
Ben altra visione hanno espresso
i Vescovi croati, alcuni giorni fa.
In un comunicato ufficiale la
Conferenza episcopale croata guidata da monsignor Želimir Puljić scrive
che “In questi giorni si è creata un’atmosfera di pressione sulle persone che
hanno manifestato un problema di coscienza [sulla vaccinazione]. Il fatto di
aver posto a tema la perdita di posti di lavoro e lo status sociale a causa del
fatto che alcuni non sono stati vaccinati, ha ulteriormente gravato e scosso la
fiducia e il clima sociale. Tenendo presente che alla base dell’ordine sociale
c’è il rispetto dell’uomo e della sua dignità, si ritiene necessario tenere
conto delle argomentazioni e delle ragioni dei soggetti che, per giustificati
motivi, escludono la possibilità della vaccinazione”.
Se per i vescovi italiani sono i
critici sul Green pass e sulle limitazioni coloro che manifesterebbero
irresponsabilità ed egoismo, per i presuli croati, al contrario, è l’atmosfera
della politica sanitaria ad aver “scosso la fiducia” e minato “il clima
sociale”. Riconoscendo inoltre che esistono dei cittadini che con “giustificati
motivi” escludono di vaccinarsi. I quali quindi non vanno demonizzati,
maltrattati o dichiarati nemici del Vangelo.
E aggiungono, con equilibrio e
misericordia, che “In questo contesto, tutte le misure e le decisioni per
prevenire la diffusione del contagio da Coronavirus dovrebbero essere prive di
coercizione e condizionalità […] in particolare per quanto riguarda il diritto
al lavoro, ai servizi e alla partecipazione alla vita sociale”. Esattamente le
ragioni per cui scendono in piazza da mesi moltissimi italiani e molti
cristiani.
Sant’Agostino, citato nel 1959 da Giovanni XXIII, scriveva “In necessariis unitas, in dubiis
libertas, in omnibus caritas”. Ciò che è necessario è la fede e in essa (e solo
in essa) va cercata l’unità del gregge, non nelle fazioni della politica. Ciò
che qui è dubbio è la politica sanitaria, che è variabile, contingente, arbitraria,
e non è materia di dogmi. E ciò che sta mancando da parte di tutti è la carità,
al di là delle opzioni che ciascuno in coscienza può avere.
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