09 dicembre 2021

Patrick Zaki, perseguitato perché cristiano



di Paolo Maria Filipazzi

In molti, in queste ore, stanno seguendo con trepidazione le sorti di Patrick Zaki, studente egiziano dell’ Università di Bologna che, tornato in patria per fare visita ai familiari, nel febbraio 2020 è stato arrestato con l’accusa di “diffusione di notizie false contro lo Stato”.

Ora, finalmente, lo studente è stato scarcerato, anche se il processo non si è concluso e Zaki rischia ancora la condanna.

I media hanno dato enorme risalto alla faccenda, ma, cosa curiosa, hanno descritto in modo molto vago le ragioni della carcerazione, limitandosi a dipingerlo come un generico “oppositore del regime”.

Gioverà, quindi, approfondire la questione.

Patrick Zaki è un cristiano copto e il crimine che gli viene imputato è quello di essere l’autore di un articolo, pubblicato nel 2019 sul sito Darraj, in cui denunciava le discriminazioni cui la sua comunità di appartenenza era (ed è) oggetto nel paese.

L’articolo inizia dicendo: “Non passa un mese per i cristiani in Egitto senza che vi siano 8 o 10 episodi contro i copti egiziani, da tentativi di spostarli in Alto Egitto a rapimenti, chiusure di chiese o attentati dinamitardi” . Zaki, denuncia, inoltre, come, ogni volta che viene ucciso un cristiano, quest’ultimo venga dipinto come “una persona mentalmente disturbata”.

L’articolo prosegue descrivendo tutti gli episodi di discriminazione subiti da cristiani in una settimana, soffermandosi su tre casi.

Il primo è quello delle proteste contro l’intenzione di intitolare la scuola del villaggio di Bani Qurra ad Abanoub Marzouk, soldato morto in un attentato dinamitardo, originario del luogo. Le proteste da parte degli stessi concittadini di Abanoub sono state motivate dal fatto che quest’ultimo fosse cristiano. Alla fine il governatore della regione si era piegato, ripiegando sull’intitolazione al soldato di un ponte, nonostante numerose siano in Egitto le scuole, strade e piazze intitolate ai soldati caduti.

Il secondo caso è quello dell’avvocato Huda Nasrallah (che oggi difende Zaki) e della causa da lei intentata contro i fratelli per l’eredità del padre. La questione era di grande importanza perché in Egitto ogni cittadino è soggetto alle regole della propria comunità religiosa di appartenenza ma, in materia di eredità, i tribunali da sempre generalizzano la norma di diritto islamico per cui un uomo eredita due volte tanto rispetto ad una donna, applicandola anche alle successioni fra non musulmani, nonostante il diritto copto stabilisca che uomini e donne debbano ereditare in egual misura. Alla fine l’avvocato Huda ha vinto la causa e ha dichiarato di ave combattuto per i diritti di tutte le donne copte.

Sempre in un tribunale si è svolto il terzo caso. Un medico, Mark Estefanos, aveva, infatti denunciato attraverso Facebook come il padre, uno stimato ingegnere civile, si fosse visto respingere come testimone nell’ambito di un processo in cui avrebbe dovuto deporre contro un musulmano, a causa della sua appartenenza alla Chiesa copta. Anche in questo caso era stato, di fatto, applicato il principio islamico che impedisce a un non musulmano di testimoniare nei confronti di un musulmano.

In conclusione, quello di Patrick Zaki è, a tutti gli effetti, un caso di persecuzione anticristiana. A lui la nostra solidarietà e, soprattutto, le nostre preghiere.

 

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