di Monica Cesti
Reporters sans frontières (RSF) è una “organizzazione indipendente basata a Parigi”. Fondata nel 1985 da 4 giornalisti francesi, si è fatta una magnifica fama nella difesa e nella promozione, nel mondo intero, della “libertà di informazione”.
In tal senso ha ottenuto anche uno “statuto consultativo” ufficiale presso l’Onu, l’Unesco e il Consiglio d’Europa. Anche se, allo stesso modo di altre organizzazioni similari (cf. Amnesty international, Nessuno tocchi Caino o Greenpeace), appare piuttosto sbilanciata ideologicamente.
Un’ulteriore prova di ciò la si ha nel Dossier del 2021, appena uscito, dedicato ai "Predatori della libertà di stampa". Vi figurano, una dopo l’altra, una serie di autorità politiche che intralcerebbero il lavoro ai giornalisti, facendo regnare la censura o comunque impedendo la piena circolazione delle libere opinioni.
Dei 37 capi di Stato e di governo menzionati, alcune denunce appaiono assolutamente sensate. Come quelle verso Nicolas Maduro in Venezuela, Kim Jong-Un in Corea, Erdogan in Turchia o Mohamed Salmane in Arabia Saudita. Altre concernono personaggi piuttosto ignoti, come i presidenti di Camerun, Uganda, Bahrein o Cambogia.
Ma poi, tanto per restare in una logica di progressismo occidentale, ecco dei nomi che stanno benissimo in articoli al vetriolo su Repubblica, ma che con la censura di Stato hanno ben poco a che fare. Si tratta dei presidenti conservatori (o non sufficientemente progressisti) Vladimir Putin, Viktor Orbàn e Jair Bolsonaro. (Donald Trump, censurato dai colossi Youtube, Twitter, Facebook, non c’è ma solo perché ora non comanda più).
La descrizione di questi 3 presunti "predatori" è del tutto strumentale e cerca di coprire un vuoto di fatti concreti, con una bella prosa. Vediamo il caso del presidente ungherese eletto democraticamente al ruolo che ricopre sia nel 1998 che nel 2010.
Si dice che Orbàn, sarebbe il promotore di una “democrazia illiberale” giocando sulle parole. Illiberale, detto da Orbàn, non significa infatti l’opposto di liberale (e quindi sinonimo di autocratico). Ma l’opposto di liberal, cioè di progressista-laicista-relativista: il che non è la stessa cosa. Il suo partito, secondo RSF, controllerebbe “l’80% del paesaggio mediatico”. Il dittatore ungherese avrebbe addirittura in mente di controllare e sabotare “il canale RTL, il quotidiano Népszava, i settimanali HVG, Magyar Hang, Magyar Narancs”.
RSF, basato a Parigi e piuttosto “gallocentrico” ha forse preso il virus della “macronite” in modo asintomatico. Al punto da non immaginare che l’informazione, in Francia, è ancor più omogenea, unilaterale e monocolore di quanto non sia in Ungheria o in Brasile.
Il parlamento francese ha accumulato negli ultimi decenni un arsenale giuridico spietato (leggi Gayssot, Rossignol, etc.) contro quelli che chiama negazionisti, revisionisti e antiabortisti. A cui di recente si sono aggiunti i Savi Anziani del Complotto mondiale No vax/No Covid. E pare una lotta di Stato per far tacere i suoi oppositori.
E l'UE sembra andare in tale senso sui temi dell'immigrazione, dell'aborto, del patriottismo assimilato al razzismo, della difesa della famiglia tradizionale associata all'omofobia, etc. etc.
Giustissimo segnalare l’assenza di libertà nei paesi dove esiste. E guarda caso si tratta di norma di Stati con storie segnate dal comunismo o dall’islamismo. Guai però a servirsene per la difesa dei propri interessi di bottega. Oggi come oggi, in tutta Europa è molto più difficile essere cattolico che laico, di destra o anti Ue che il contrario. E questo in primis per politici, blogger e giornalisti. Ma questo viene dimenticato dai paladini della “libertà di informazione”.
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