di Giorgio Salzano
Ero indeciso tra esordire con, sarò breve succinto e compendioso; oppure, sarò breve: Adamo ed Eva …
Con il primo esordio, osservo che la nuova enciclica del Papa solleva un interessante problema: perché dovrei starla a sentire? Essa presenta infatti un evidente paradosso (come d’altronde era il caso di quella precedente). L’enciclica è un atto di autorità papale, e il Papa è il successore di San Pietro, che era il vicario di Cristo, per cui per brevità si dice che è il vicario di Cristo, parla cioè a suo nome. Bene. Ma se poi l’enciclica si lancia in analisi socio-politiche del mondo di oggi, in cui non dico che quel nome non compare esplicitamente, ma che l’argomentazione è condotta con stile squisitamente laico, allora essa contrasta l’autorità papale dalla quale promana. O no? Di fronte alle sue argomentazioni da parte di un laico, “credente o non credente”, io mi sentirei pienamente autorizzato a criticarle, come erronee, frutto di incompetenza e di ignoranza. I suoi errori laici dovrebbero essere dunque coperti per me cattolico dal fatto che egli sia il Papa? Mi si potrebbe replicare che sì, perché l’autorità papale è pur sempre in materia di dottrina e di morale. Ma quando il Papa parla laicamente, senza evidenti richiami o echi dottrinali, di morale, su materie delle quali mi sono occupato da studioso in tutto il corso della mia vita adulta, che autorità la sua enciclica dovrebbe rivestire per me? Certo, stare a sentire si sta a sentire chiunque …
Ma che autorità hai tu per dire che non vi sono echi dottrinali nell’enciclica? E allora:
Sarò breve: Adamo ed Eva – la Bibbia racconta, e con essa il catechismo sentito fin da che ero bambino – creati integri nella grazia di Dio, si lasciarono ingannare dal serpente, mangiarono del frutto che gli era stato proibito, e furono cacciati dal Paradiso terrestre. Sì, tutti fratelli. Ma ricordiamo quel che il nostro catechismo ci racconta dei primi fratelli, Caino ed Abele. O ricordiamo più semplicemente le rivalità che spesso ci oppongono ai nostri fratelli. La storia dell’umanità è quella di fratelli-coltelli, coltelli proprio perché fratelli. Di che fratellanza va dunque cianciando Bergoglio nella sua enciclica, quando pare richiamarsi esclusivamente alla comune creazione? Mi sembra anche di ricordare, ma non è più il primo catechismo, che San Paolo dica che, guastata la nostra eredità in Adamo a causa della sua disobbedienza, siamo ricreati in Cristo, nuovo Adamo: in una nuova fratellanza senza più coltelli. Questa non ha purtroppo sempre retto perfino nella storia della Chiesa. Bisognava perciò forse ricordare che siamo sempre bisognosi di ri-creazione.
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