“La felicità non è un’utopia, ma una possibilità concreta alla portata di tutti”. Così la quarta di copertina del libello scritto da Alberto Maggi due anni fa, “Di questi tempi”.
L’utopia pare essere trovare una visione teologica adeguate e veramente intelligente, cioè capace di guardare dentro alla realtà delle cose. Questo viene in mente leggendo il testo: una riscrittura distorta del nostro mondo alla luce di retoriche progressiste. Riporto una sola sezione, inerente il periodo quaresimale che stiamo vivendo. Non che sia più interessante del resto, ma a noi può servire come esercizio di riflessione sui temi liturgici e teologici.
“Prima della riforma liturgica, l’imposizione delle ceneri sul capo dei fedeli era accompagnata dalle lugubri parole: “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”, secondo la maledizione del Signore all’uomo peccatore contenuta nel Libro della Genesi (Gen 3,19). E con questo funereo monito, nel quale è completamente assente la novità dell’annuncio evangelico, iniziava un periodo caratterizzato da penitenze e digiuni, da rinunce, sacrifici e mortificazioni, più orientato verso il Venerdì santo che alla Pasqua di Risurrezione... L’uomo non è polvere e non tornerà polvere, ma è Figlio di Dio, e per questo ha una vita di una qualità tale che è chiamata eterna, non tanto per la durata, indefinita, ma per la qualità”. (p.89)
Esplicitiamo gli errori contenuti in queste poche righe.
Anzitutto, è sbagliato contrapporre un prima e un dopo riforma liturgica. È infatti difforme alla lettura della riforma teologica nella continuità, insegnata da Papa Benedetto XVI. È poi falso in quanto dall’indulto Quattuor abhinc annos di PP. san Giovanni Paolo II e dal motu proprio Summorum Pontificum di PP. Benedetto XVI il rito tridentino è a tutti gli effetti un rito della Chiesa. Ne consegue che è sacro, valido, attuale e fruttuoso: altrimenti la Chiesa non lo terrebbe tra i propri riti. Rovesciando i quattro attributi appena elencati potete voi stessi derivare la descrizione che spetta a chiunque si opponga a tale rito (e ad ogni rito della Chiesa).
Secondariamente, anche restando nel rito e nell’uso liturgico riformato dal PP san Paolo VI, consta che la formula di Genesi è ancora prevista e spesso viene adoperata. Ugualmente sono raccomandati digiuni e preghiere, rinunce, sacrifici e mortificazioni. A margine di ciò, mi sia permesso uno sgambetto: coi tempi che corrono solo i vip e il clero possono bearsi di trascorrere una vita senza rinunce e sacrifici. La gente normale fa un’esperienza ahinoi ben differente.
Vi è poi il modo di citare Genesi – il Libro della Genesi – che mi incuriosisce, ma è questione secondaria. Primario invece è che si tacci in malo modo un testo rivelato e lo si voglia superare o riformare o accantonare. Un teologo cristiano che screma i testi rivelati: che teologo sarebbe?
Teologicamente siamo alla solita povertà irrazionale tipica dei coscritti di Maggi. Per cui gli ricorderemo che si chiama Quaresima perché sono i quaranta giorni di deserto, ispirati all’esempio di Gesù, e sì, essa serve a prepararci ad accogliere il mistero grande della morte di Dio nel Venerdì santo. Più a fondo ancora: se Gesù ha scelto di passare dalla Croce prima di arrivare alla Pasqua, e anzi è risorto mantenendo i segni della passione, questo vorrà pur dire qualcosa.
Infine, la disamina del vuoto teologico moderno ci porta sempre a qualche simpatico paradosso: la chiesa dei risorti, dimentichi della lugubre Bibbia, etc., è proprio quella che sceglie in massa la cremazione. Per cui, con buona pace di Maggi: i suoi amici diventano polvere. Ovviamente speriamo nella fede che Dio li risusciti a suo tempo.
Sull’eternità che non sarebbe temporale ma qualitativa soprassiedo. Grazie a Dio la storia ci dà secoli di filosofi anche atei che hanno detto cose più intelligenti, se proprio si vuole riflettere su concetti di tale calibro.
Ecco, immaginate un intero libro scritto con tale grossolanità. Per quale motivo? Per regalare false speranze ai lettori? Per restare tutti dei superficiali?
A noi basti quanto letto e detto fin qui, ci sia di aiuto per affinare i nostri strumenti critici e andare a nutrire la nostra autentica gioia spirituale alle fonti della Chiesa quelle vere.
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