15 aprile 2020

A proposito del Mes

di Enrico Roccagiachini

Oggi vorrei invadere un campo che non è il mio, e provare a spiegare in parole povere come ho capito la faccenda del Mes. Avvalendomi di una metafora.

Eccola qua: l’Unione Europea deve confezionare una torta “Aiuti per l’emergenza Coronavirus”; di questa torta dovranno poi nutrirsi quanti non riescono a gestire da soli i disastri economici prodotti dalla pandemia - e qui non consideriamo che costoro non possono farcela da soli non perché non ne abbiano la forza o la capacità, ma perché l’UE li ha caricati di tali e tante catene che non possono muoversi liberamente.

In una prima fase, si riuniscono gli sous-chefs (l’Eurogruppo): devono decidere che tipo di torta preparare, e con quali ingredienti. Poi arriveranno i grandi chefs (il Consiglio Europeo, che riunisce i Capi di Stato e di Governo), che dovranno cucinare la torta vera, quella da mangiare concretamente: quindi doseranno e combineranno gli ingredienti, faranno impasto e farcia, metteranno le decorazioni, inforneranno e daranno in tavola.

Alla riunione degli sous-chefs, l’Italia si è presentata chiedendo di fare una torta al cioccolato, tipo sacher (cioè di impostare tutta l’operazione sugli eurobond, mettendo in comune il debito, facendolo sottoscrivere dalla BCE e, alla fine, stampando moneta), o, almeno, di mettere tra gli ingredienti una buona dose di cacao (un tot significativo di eurobond), e, in ogni caso, di non avere tra gli ingredienti nemmeno un po’ di banane (il MES e le sue inevitabili condizionalità). Che ne è sortito? È stato deciso di fare una crostata di frutta (altro che sacher...), senza nemmeno una scaglietta di cioccolato, e usando le banane (ma a fettine sottili, eh!). Se questo è un buon compromesso, io sono il mago Zurlì.

Adesso la faccenda passa in cucina, tra le mani degli chefs. Vorranno ribaltare le cose? Vorranno buttare la ricetta e gli ingredienti già preparati, e mettere in forno una sacher? Vorranno ricombinare gli ingredienti, e usare anche una buona dose di cioccolato? E se questo non accadesse, riuscirà lo chef italiano ad abbandonare la cucina, rinunciando alla torta, e cercando di aprire - o riaprire - una sua propria e libera pasticceria dove preparare i dolci che preferisce?

Come potete intuire, per quanto mi concerne io allo chef italiano che ribalta forno e pentole non ci credo. Secondo me, fa parte di una brigata di cucina - di una classe sedicente dirigente - che è al comando, già da tempo, non perché ci sappia fare tra i fornelli, ma solo perché è sostenuta dagli chefs stranieri. In Italia usa così sin da i tempi di Carlo VIII di Francia: per rinsaldarsi al potere e sconfiggere gli avversari interni, ci si affida (anzi, ci si consegna) a qualche potente straniero. Il quale, ovviamente, alla fine nella tua cucina vuol cuocere quello che piace a lui. E in tutto questo, ahimè, il bene dei clienti della pasticceria (che poi saremmo noi italiani) non interessa proprio a nessuno.

Sicché io penso che quando la torta sarà stata cucinata, lo chef italiano cercherà di cavarsela dicendo che comunque, lui, ai suoi clienti, la servirà senza banane (ma sarà possibile? Boh!). Come se la torta, essendo una crostata, non fosse indigesta di per se, specie per chi ha già sviluppato una notevole intolleranza alla frutta... Non importa: quella torta andrà mangiata, se non si vorrà morire di fame, dato che si vuol restare pervicacemente nella pasticceria UE (e ti verrebbe da dire: perché vogliamo restarci? Indovinala Grillo! – e la maiuscola sarebbe voluta; ma poi ripensi alla faccenda dell’appoggio indispensabile degli chefs stranieri, e te lo spieghi). Per cui con la torta dovremo sorbirci tutto il bicarbonato (greco) necessario per provare a digerirla almeno un po’, e sarà durissima; anche se è tragicamente assai più probabile che la mappazza si riveli totalmente tossica, e che, lungi dallo sfamarci, ci avveleni definitivamente e ci uccida.

 

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