03 marzo 2019

Cremona. La Messa in latino diventa un caso

Leggendo ciò che riporta la Bussola Quotidiana riguardo la situazione dei fedeli cattolici di orientamento tradizionale a Cremona, non può che sorgere sulle labbra un sorriso amaro. Anche in altre diocesi della Lombardia e in tutta Italia i vescovi continuano a umiliare i fedeli che chiedono semplicemente di applicare le disposizioni papali riguardo il rito tridentino, disposizioni che sarebbero vincolanti. Eppure l'umiliazione è tanta, soprattutto quando si vede che in alcune diocesi vengono concesse chiese a ortodossi, protestanti di ogni confessione, islamici, Emma Bonino, associazioni LGBT e via dicendo. L'umiliazione monta quando, alle domande sul perché ci sia questa avversione, le risposte vanno dal "perché no" ad argomentazioni inaccettabili. L'umiliazione è ancora maggiore quando capita di spiegare il perché a qualche amico avulso da queste dinamiche e mentre si cerca di argomentare, sostanzialmente non si riesce a trovare alcuna argomentazione valida.

A Cremona dunque, leggiamo, articolo intero qui:

Fedeli umiliati: quella Messa (in latino) non s'ha da fare


[dopo varie peripezie e dinieghi un sacerdote barnabita si mette a celebrare e...]
Una messa conventuale dunque, non direttamente sotto la giurisdizione del vescovo, che è moderatore comunque della liturgia della diocesi. Ma anche questa volta è arrivato il no. Ma non solo: il religioso è stato anche chiamato a rapporto dal vescovo. Una volta giunto nel suo ufficio ha così dovuto sorbirsi anche lui il diniego già espresso da Napolioni ai fedeli. Il motivo? Piò o meno la rottura della comunione ecclesiale. Tutto inutile. Al padre - da quanto ci ha riferito lui stesso – due settimane fa è stato sostanzialmente impedito di celebrare la messa sine populo, provvedimento abnorme dato che il Summorum Pontificum vieta espressamente di proibire le celebrazioni private che non hanno bisogno di alcun placet. Così il religioso, in imbarazzo, ha dovuto alzare le mani e il gruppo stabile si è ritrovato per la terza volta con un pugno di mosche.
[in realtà, la comunione ecclesiale con Roma la rompe chi rifiuta i Motu Proprio papali]

Su Corrispondenza Romana invece, un esempio di risposta inaccettabile:

S. Messa tridentina ancora negata a Cremona


Il 27 marzo 2017 ai firmatari della lettera giunse la risposta ufficiale del Vescovo. Che fu risolutamente negativa. Con una motivazione quanto meno curiosa: siccome il predecessore disse di no, no sia. Scriveva mons. Napolioni: «Tali richieste erano già state avanzate, almeno in parte, al mio predecessore, il quale, non ravvisando che vi fossero in Diocesi le condizioni per accogliere favorevolmente le suindicate richieste, vi oppose un diniego, soprattutto alla luce del fatto che, in oltre quarant’anni, l’applicazione della riforma liturgica conciliare, promossa dal beato Paolo VI, è stata serenamente accolta in tutta la Diocesi di Cremona e da parte di tutte le sue componenti “senza resistenze e senza eccezioni, né singolari né collettive”. Condividendo le ragioni allora proposte e non ritenendo che nel frattempo siano emerse nuove motivazioni a sostegno di una diversa valutazione delle attuali circostanze riguardanti la vita liturgica della Diocesi, dopo attenta riflessione sono giunto alla convinzione che, per quanto di mia competenza, non vi siano ragioni per accogliere favorevolmente le vostre richieste». Ma se l’applicazione del Novus Ordo fosse stata così piena, entusiastica e serena, a maggior ragione, perché il Vetus dovrebbe impensierire, preoccupare, spaventare?


 

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