02 dicembre 2018

Vite parallele. Iacopone e Angela, due mistici umbri


di Franco Ressa
Forse non si conoscevano di persona, ma erano molto simili e quasi vicini di casa.
Iacopo De Benedictis era nato nel 1236 a Todi in Umbria da una famiglia aristocratica, era stato mandato a laurearsi in giurisprudenza a Bologna ed aveva partecipato all’allegra vita degli studenti che cantavano “Gaudeamus igitur”: e allora godiamo. Ritornato a Todi apre uno studio da notaio, ma la posizione raggiunta non spegne in lui lo spirito goliardico, e girando per l’Umbria non manca mai di partecipare ad una festa o un banchetto.
Nel 1267 sposa Vanna figlia del nobile Bernardino di Guidone, conte di Coldimezzo (oggi Collazzone). Con lei continua la vita allegra e spensierata, ma tutto finisce quando durante una festa danzante il pavimento della sala non regge il peso dei ballerini e crolla. Iacopo non è coinvolto, ma Vanna è morta schiacciata tra le macerie. Sotto i ricchi vestiti la ragazza portava un cilicio, una fascia di tessuto spinoso usata dai penitenti. Iacopo non sapeva, rimane sconvolto, ma giunge alla conclusione che la sua salvezza dalla catastrofe ha il significato di un avvertimento divino. Nell’inverno del 1268 ripete l’atto di san Francesco, che rinuncia alle sue ricchezze, si veste da povero e inizia una vita vagante da pellegrino senza casa.

Anche Angela, che nasce a Foligno nel 1248, cresce negli agi e nei lussi, fa un matrimonio importante, le nascono dei figli, ma la vita di famiglia le sta stretta. Certamente influenzata dalla madre non si priva di molti piaceri, forse avrà degli amanti.
Pure per lei il cambiamento di vita è repentino. Nel 1285 riesce a confessare i peccati che prima taceva, e si rende conto della propria miseria spirituale. Poco dopo muoiono sia la madre che il marito ed i figli. Rimasta sola passa anni in penitenza e meditazione, compie dei pellegrinaggi e vende le sue proprietà per soccorrere i poveri, la sua ricca famiglia la crede impazzita e la ripudia. Infine nel 1291 arriva l’illuminazione.

Similmente, Iacopo De Benedictis ha rinunciato alla sua casata, e si fa chiamare Iacopone da Todi. Per dieci anni ha campato di elemosine e senza un tetto sopra la sua testa, anche lui viene creduto pazzo, a volte girava carponi con al collo il basto di un asino, e alle nozze del fratello si presentò travestito da pollo: nudo, spalmato di grasso e cosparso di penne di gallina. Questa fase però termina, perché Iacopone non può dimenticare di essere uno dei pochi uomini istruiti. Chiede allora ospitalità ai frati Minori, diventa un terziario francescano e nel convento di Pontanelli presso Terni si immerge negli studi di filosofia e teologia.
I frati fondati da san Francesco d’Assisi si sono diffusi per ogni dove, ma c’è sostanziale differenza tra quelli che fondano conventi e vi risiedono, e perciò sono chiamati Conventuali, e coloro che portano al massimo la povertà assoluta e sono gli Spirituali. Iacopone appartiene al secondo gruppo, e per merito della sua cultura diventa presto il loro migliore ideologo e propagandista.
Nella Chiesa accade in quei tempi l’episodio ben ricordato da Dante Alighieri. Nel 1294 viene eletto Papa a sorpresa l’eremita Pier da Morrone, che prende il nome di Celestino V, ma in pochi mesi il sant’uomo si scopre inadatto alla carica ed alle responsabilità e si dimette. Il successivo conclave elegge il cardinale Caetani che prende il nome di Bonifacio VIII. Celestino aveva approvato la regola dell’ordine francescano Spirituale, Bonifacio annulla il decreto e trattiene Pier da Morrone prigioniero nel castello di Fumone (prov. di Frosinone), dove poco dopo morirà.

Coinvolto dai nobili Colonna nemici dei Caetani, Iacopone nel 1297 firma il “Manifesto di Lunghezza” (presso Roma), dove viene dichiarata nulla l’abdicazione di Celestino e l’elezione del suo successore. Ma Bonifacio risponde con la scomunica e con le armi, nel 1298 la rocca di Palestrina viene assediata, presa e distrutta, tra i prigionieri c’è anche Iacopone, che non potrà ricuperare la propria libertà fino al 1303 con l’invasione francese di Nogaret ad Anagni, e la successiva morte del Papa il mese dopo.

Angela è anch’essa nel terz’ordine francescano, assiste alle turbolenze politico-religiose, ma non vi partecipa, è assorta in una nuova dimensione che le reca sensazioni a volte di ineffabile gioia, altre di profondo dolore. Non sapremmo di questo suo cammino spirituale se il suo confessore Arnaldo non ne annotasse la cronaca e la sottoponesse ai suoi superiori, tra questi quel cardinale Giacomo Colonna in lotta contro Bonifacio VIII, che approva le esperienze di Angela. Questi scritti arrivano anche ad un altro ideologo spiritualista, il migliore dopo Iacopone da Todi, è Ubertino da Casale (1259-1330) noto polemista dell’epoca contro la ricchezza ed il potere terreno nella Chiesa, oggi conosciuto come comprimario del frate-detective Guglielmo di Baskerville nel romanzo Il Nome della rosa di Umberto Eco.
Iacopone da Todi muore a Collazzone il giorno di Natale del 1306, Angela tre anni dopo, il 4 gennaio nella sua povera casa di Foligno, attorniata dai suoi “figlioli” che riconoscevano in lei una madre spirituale. Entrambi lasciano molta letteratura; di Iacopone vengono pubblicate cento “Laudi”, componimenti poetici religiosi, tra i quali l’inno Stabat Mater, ma gliene vengono attribuite più di trecento; questo fa di lui il miglior poeta religioso dell’epoca dopo Dante Alighieri. Angela lascia di mano di Arnaldo il Memoriale, l’Albero della vita e le massime delle Istruzioni salutifere, più La bella e utile dottrina, testi che arriveranno ad ispirare Teresa di Avila due secoli e mezzo dopo.
Ci vorrà parecchio tempo per riconoscere i meriti di entrambi. Iacopone oggi è beato, Angela è santa dal 2013. Doveva essere compresa appieno la validità della sacra follia di entrambi, come Iacopone poetava: “Senno me par e cortesia/ Empazzir per lo bel Messia” (lauda LXXXVII). 


 

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