di Francesco Filipazzi
Leggo, in questi giorni una serie di interventi, dai toni apocalittici, secondo cui l’Italia starebbe andando incontro ad una deriva senza precedenti perché in Parlamento si discute della legge sul “fine vita”, definizione ingentilita dell’eutanasia. Questa pratica è inaccettabile sotto ogni punto di vista, ma mi tocca dissentire nei confronti di una narrazione, proposta da alcuni ambienti pro life, per cui non servirebbe nessuna legge per regolamentarla, anzi sarebbe moralmente illecita, in quanto lo Stato non dovrebbe legittimare l’uccisione degli infermi. Automaticamente i parlamentari e i partiti che parteciperanno alla stesura di questa legge vengono anatemizzati, con i soliti toni da tregenda tipici del mondo polarizzato in cui viviamo.
Eppure questa posizione appena esposta non tiene conto della realtà dei fatti. Oggi la pratica dell’eutanasia in Italia c’è già, è già permessa e praticata. Accanto ad alcuni casi, pompati ad arte dai buoni uffici della Fondazione Luca Coscioni, come quello di Laura Santi, ne esistono molti altri. Siamo infatti in presenza di un vuoto normativo per cui ciò che non è esplicitamente vietato diviene automaticamente implicitamente permesso, per via delle sentenze della Corte Costituzionale che negli ultimi anni hanno stabilito un diritto costituzionale alla morte. Interpretazioni forzate, ma legalmente valide. Un discorso completamente diverso, ad esempio, rispetto alla 194, che legalizzava una pratica, l’aborto, all’epoca vietata.
Dunque se le associazioni provita, che oggi accusano i partiti del centrodestra di essersi illusi di poter arginare un fenomeno, a loro volta si illudono che la deriva non sia già pienamente in atto e che “l’attivismo politico di giudici e magistrati” non sia oggi pienamente in atto. Leggo anche una tesi abbastanza strampalata per cui il Parlamento non dovrebbe legiferare, perché ogni caso deve essere lasciato nella responsabilità del singolo giudice. Eppure questa responsabilità i giudici se la stanno già prendendo, insieme ad intere fette del Servizio Sanitario Nazionale.
Se si vuole fermare la deriva, qualcosa va fatto da un punto di vista legislativo, altrimenti sì che il Parlamento avrà una responsabilità morale nell’essersi girato dall’altra parte e permettendo quella che al momento si prefigura come una vera e propria anarchia.
D’altro canto, la legge attualmente in discussione risulta estremamente restrittiva, distinguendo semplicemente i casi in cui c’è accanimento terapeutico e quelli in cui non c’è, stabilendo quindi di poter agire solo nei primi. Non è un caso che la Fondazione Luca Coscioni stia lanciando strali proprio contro questo disegno di legge, che andrebbe a far fallire i loro piani.
Pubblicato il 27 luglio 2025
La legge che serve è una legge costituzionale di interpretazione autentica, che sancisca che la Costituzione non può essere interpretata nel senso che proibisca allo Stato di punire l'omicidio anche consenziente
RispondiElimina