13 dicembre 2018

La misteriosa devozione popolare a Santa Lucia

di Paolo Maria Filipazzi
Notte fra il 12 e il 13 dicembre. E’ la notte più lunga dell’anno. Nel gelo e nel buio invernali, i bambini si addormentano sognando i doni che troveranno all’indomani, dopo il miracoloso passaggio di Santa Lucia che, a cavallo del suo asinello, percorre le terre a cavallo fra Emilia, Lombardia e Veneto dispensando regali ai fanciulli. Sul tavolo sono stati preparati latte e biscotti mentre, fuori dalla porta, del fieno attende l’asinello. Stiamo parlando di una delle più belle e radicate tradizioni popolari italiane, che ancora la generazione degli odierni trentenni ha fatto tempo a vivere in tutta la sua dimensione fiabesca.

E’ veramente singolare la sorte di questa santa siciliana, nativa di Siracusa, martirizzata nel 304 d.C. perché, avendo consacrato la propria verginità a Cristo, decise di distribuire le sue sostanze ai poveri e rifiutare il matrimonio con un pagano che, offeso dal rifiuto, la denunciò come cristiana nel pieno delle persecuzioni di Diocleziano. Orrendo fu, secondo la tradizione, il suo martirio, durante il quale le furono anche cavati gli occhi. Per questa ragione l’iconografia ce la presenta cieca e con in mano un piattino contenente proprio quegli occhi strappati, mentre la Chiesa l’ha proclamata patrona della vista.

Da quell’angolo di Sicilia, la nostra santa ha fatto tanta strada. L’ha fatta, innanzitutto, fisicamente, date le peripezie delle sue spoglie mortali. Nell’anno 878, per sottrarle agli invasori Saraceni, i cristiani di Siracusa le portarono via dalle catacombe e da allora le vicende del corpo della Santa si perdono in un labirinto di storia e leggenda finchè, nell’anno 1000, fanno la loro comparsa a Costantinopoli. Nel 1205, dopo la IV Crociata, i Veneziani se ne impossessano e le traslano nella loro città, dove ancora oggi riposano. Dopo vari spostamenti, hanno trovato dimora nella chiesa di San Geremia.

Da li la devozione alla Santa si è diffusa in tutta l’Italia settentrionale portando con se numerose tradizioni, fra cui, appunto, quella di Santa Lucia che porta i doni, radicata, oltre che a Venezia, a Verona, Vicenza, Bergamo, Brescia, Crema, Cremona, Lodi, Mantova, Piacenza e Forlì, oltre che in alcune zone del Trentino e del Friuli Venezia Giulia. Numerose sono, però, le tradizioni che, in tutta Italia, certificano una diffusa devozione popolare per la martire siciliana.

Numerose sono anche le tradizioni legate a Santa Lucia nel Nord Europa, non solo nella cattolica Polonia, ma anche in Russia (Santa Lucia è venerata anche dagli ortodossi) e, sorprendentemente, nelle protestante ed ipersecolarizzata Scandinavia. Soprattutto in Svezia Santa Lucia è festeggiata con precisi rituali che, in maniera davvero miracolosa, sono tutt’ora autenticamente sentiti dalla popolazione e celebrati con solennità. La mattina del 13 dicembre, in ogni famiglia, la figlia maggiore, vestiti i panni di Santa Lucia, seguita dagli altri fratelli vestiti da paggetti, serve la colazione a letto ai genitori, mentre a Stoccolma, cortei di ragazze vestite con tunica bianca, guidati ciascuno da una Santa Lucia con una corona sul capo formata da sette candele accese, girano la città facendo raccolta di doni da distribuire ai bisognosi. Colei che raccoglierà il maggior numero di regali, sarà incoronata “Lucia di Svezia”.

Il persistere di questa tradizione, e con questa vitalità, in una Nazione staccatasi dalla Chiesa di Roma da cinque secoli, è un vero e proprio, per quanto felice, mistero. Numerose ipotesi sono state fatte sulla sua origine, ma una parola certa non è stata detta. Sappiamo però che già nel 1912 l’antichità quasi leggendaria della tradizione di Santa Lucia veniva testimoniato in un bellissimo racconto della scrittrice Selma Lagerlöf, “La leggenda della festa di Santa Lucia”, in cui la Santa cristiana viene calata in un’atmosfera da fiaba nordica che non può non affascinare.

Da questa fiaba prendiamo queste parole di augurio: “Il 13 dicembre, al mattino presto, quanto freddo e oscurità regnavano sulla terra del Värmland, fino ai tempi della mia infanzia, Santa Lucia di Siracusa entrava in tutte le case sparse tra le montagne della Norvegia e il fiume Gullspång. Portava ancora, almeno agli occhi dei bambini, una veste bianca di luce di stelle e sui capelli una ghirlanda verde con fiori ardenti di luce e svegliava sempre chi dormiva con una bevanda calda e profumata che versava dalla sua brocca di rame. Mai mi capitò all’epoca visione più meravigliosa di quando la porta si apriva e lei entrava nella mia stanza. E vorrei augurarmi che mai smetta di apparire nelle fattorie del Värmland. Perché è lei la luce che vince le tenebre, è la leggenda che vince l’oblio, è quel calore interiore che rende le contrade gelate ammalianti e piene di sole nel cuore dell’inverno”.

Ed è così anche qui nella Pianura Padana che, nel buio e nel gelo della notte più lunga dell’anno, viene percorsa da questa Santa venuta del Sud col suo asinello, per accendere i cuori di chi non rinuncia alla sua parte bambina di quel calore che è tipico delle cose belle di un tempo.


 

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