14 dicembre 2018

Esercitazione d’arte umoristica 3 (ai danni del migliore amico dell’uomo)

di Samuele Pinna
La tuttologia nasce dal sapere, che – secondo sir Francis Bacon – è potere. Ma come diceva Chesterton: «Coloro che usano l’intelletto non lo venerano, lo conoscono troppo bene. Coloro che venerano l’intelletto, non lo usano, come è dimostrato dai discorsi che fanno quando ne parlano». Non basta sapere tante cose per essere sapienti, al massimo si è intelligenti alla stregua delle macchine artificiali. Il sapiente è quello che conosce a tal punto il reale che lo comprende fin nel suo essere più intimo e profondo. Conosce cioè la verità delle cose. Oggi, purtroppo, non si sa più ciò che è vero. Ognuno dice la sua, ma chi ci rimette e chi ci guadagna? C’è ancora la verità o rimane solo l’opinione? E se la verità esiste, si può conoscere? Chi la insegna? I grandi mezzi di comunicazione dicono la verità? L’informazione è cioè veritiera? Deve esserlo? Domande lasciate a una risposta umoristica.

Il vecchio Arturo, il quale non era vecchissimo, ma sicuramente anziano, aveva compreso che avrebbe dovuto svecchiarsi e l’unico modo era informarsi. “Sapere è potere”, aveva imparato dalla sua amica informata sui fatti e ne era ormai certo, mentre era meno sicuro sul nome dell’autore della frase. 
Lui rammentava solo che aveva qualche assonanza con ciò che traduce il termine inglese che indica il posteriore del suino. Giratela come volete, ma il povero Arturo non aveva tutte le colpe, perché la ciccia della sostanza risulta essere anglosassone per entrambi i soggetti in questione. E la questione era di lana caprina, materia che l’Arturo non possedeva né praticava, avendo solo pecore. 
 L’Arturo aveva preso, così, il brutto vizio di leggere i giornali e più li leggeva e più rimaneva disorientato e più rimaneva disorientato e più la sua amica lo spronava a leggere. «Ma scusa: qui uno dice che è meglio non fare una determinata cosa e un altro dice che è meglio farla. E tutti dicono belle frasi per tirare l’acqua al proprio mulino, ma nessuno spiega con calma i motivi delle loro posizioni…». «Ma non hai una coscienza, un’idea tua?», si sentiva rispondere. 
L’anziano pastore era sempre più scoraggiato e dopo l’errore con le pecore non avrebbe più dovuto fidarsi, ma il dramma si presentò e, ancora una volta, per causa sua. «Quanta carta inutile!», esclamò nei confronti dell’inserto del giornale e, pertanto, fu severamente ripreso e come punizione dovette impararsi per bene quelle paginette, dopo averle lette più volte. 
 Purtroppo per Bill quelle pagine indicavano una dieta proteica per quegli animali di compagnia giustamente definiti i migliori amici dell’uomo. Il povero Bill era il cane che stava dietro al gregge dell’Arturo e, a veder bene le cose, quell’inserto non parlava delle bestie come lui, che lavoravano duramente, ma di quelle cittadine, che vivono in comodi appartamenti o in deliziose villette. Quando l’anziano pastore aveva sollevato dei dubbi sulla dieta, forse non proprio corrispondente ai gusti di Bill, si era preso una bella lavata di capo. «L’inserto è l’inserto: non essere retrogrado!», gli aveva intimato l’amica, come a dire la Bibbia è la Bibbia, chi mai può metterla in discussione? 
Bill ringraziò il cielo di non saper leggere e di non saper leggere soprattutto gli inserti, ma davanti a carne in scatola, crocchette e papponi vegetali comprese senza ombra di dubbio che se lui era il miglior amico del suo padrone la cosa, evidentemente, non era ricambiata.

 

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