Dieci anni fa, e precisamente l’11 novembre 2008, tornava alla casa del Padre il vescovo Alessandro Maggiolini, che è stato – secondo il parere di Paolo Gulisano – «una delle figure più significative del mondo cattolico italiano degli ultimi trent’anni» (La Verità, 10 novembre 2018).
La sua figura, restituita in un’attenta e recente biografia (D. Premoli, Alessandro Maggiolini. Un vescovo fuori dagli schemi, Àncora 2018), è ancora attuale così come il suo volume pubblicato qualche mese prima della morte.
Più nulla da difendere – come spiegava lo stesso Maggiolini nella Prefazione – «è un insieme di appunti disorganici, che seguono però la logica della vita quotidiana di un Vescovo» (p. 5). Non si è dinnanzi a riflessioni sistematiche, anche se di solito “i vescovi stendono i loro documenti in tono aulico e cattedratico”, ma a testi di un credente che vuole esprimere il suo pensiero a beneficio di tutti, soprattutto verso i fratelli affidati al suo ministero.
La lettura del libro è affascinante, ricca, profonda, paradossale persino: è quel gioco di contrasti alla Chesterton, di racconti di vita quotidiana con quel pathos guareschiano che ti tengono incollato alle pagine e ti fanno riflettere parecchio. C’è tanto umorismo, autoironia e un pizzico di dolore nel registrare le “cose” che non vanno all’interno e all’esterno della cristianità, ma insieme molta speranza verso Colui che guida la storia.
Un libro per tutti, insomma. Un libro da leggere. Soprattutto per chi ha avuto la gioia di conoscere questo Pastore e per coloro che hanno apprezzato i suoi numerosi scritti. Aneddoti personali, che però ti si cuciono addosso. E qualcosa di personale c’è anche in chi scrive questa recensione, perché non ha avuto solo il privilegio di conoscere da vicino mons. Maggiolini (e una vecchia foto ritrovata nel libro ne è una felice prova), ma perché tutto nasce dalla domanda di un suo parrocchiano: “Ma di Maggiolini non scrive mai nulla?”. Ho preso spunto da questo anniversario per ricordare – seppur con questa modesta recensione – questa grande personalità. È, allora, preferibile concludere tali semplici righe con le sue parole, sicuramente più significative delle mie: «Non è raro il caso – scriveva il Presule – di persone che mi invitano a essere più diplomatico, più soffice, più carezzante, più cerimonioso. Devo onestamente riconoscere che forse è una grazia l’incontrare sulla strada chi si incarica di insegnarmi a fare il Vescovo. Mio Dio, sono talmente analfabeta in savoir-faire, che sono disposto ad accettare qualsiasi consiglio e a lasciarmi istruire da tutti. Anche quando i suggerimenti sono contrastanti tra loro. Anche quando mi accorgo benissimo che non riuscirò ad attuare le istruzioni che mi si danno, e spesso nemmeno a capirle. Uno è apprendista fino al termine della vita. Anche se da un certo momento in poi è difficile cambiare il carattere. E talvolta le correzioni più opportune e più taglienti e più utili arrivano quando meno le si aspetta magari da persone semplicissime, che contano le parole, che intervengono in punta di piedi e quasi chiedono scusa» (p. 7).
Link: Più nulla da difendere
Pubblicato il 14 novembre 2018
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