Molti anni fa ho avuto la fortuna di essere studente di un padre passionista che insegnava il pensiero tomista a chiunque avesse voglia di imparare. Lo conobbi che era già verso gli 80, mentre io viaggiavo per i 30. Padre Enrico Zoffoli (1915-1996) al tempo era già molto conosciuto per le sue forti posizioni, posizioni che riguardavano alcune deviazioni nella vita della Chiesa. Egli si dedicava instancabilmente alla difesa della dottrina cattolica con i suoi libri, i suoi articoli, il suo insegnamento, divenendo così membro della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino e meritandosi la stima, su cui posso testimoniare di persona, di nomi come Antonio Piolanti, Dario Composta, Luigi Bogliolo, Brunero Gherardini, Raimondo Spiazzi, Antonio Livi, la crema della scuola teologica romana con Cornelio Fabro, con cui fu anche in contatto.
Veniva accusato di essere intransigente. In una sua lettera ho trovato questo passaggio: "Restar "fermi" nelle proprie convinzioni non significa essere "intransigenti", ma solo coerenti, leali, forti, come lo sono stati tutti gli eroi e i martiri d'ogni fede, religiosa o politica...". Ecco, questa fermezza era caratteristica del suo carattere, mite ma forte, direi indomito.
Nato a Marino, per impulso della madre conobbe una conversione negli anni dell’adolescenza che lo portò, su esempio di uno zio, a cercare la pace della sua anima entrando nei padri passionisti, figli di san Paolo della Croce. Visse per molta parte della sua vita presso il convento della Scala Santa, non senza difficoltà per via delle opposizioni che derivavano dalle sue pubblicazioni e delle sue posizioni coraggiose in difesa della fede e anche per le sue (non velate) critiche verso certi sviluppi interni al tempo del Concilio. Ancora oggi la sua biografia in 3 volumi (e svariate migliaia di pagine) di san Paolo della Croce risalente agli anni ‘60 è considerata come un riferimento per gli studiosi del santo.
Me lo ricordo quando ci spiegava san Tommaso d’Aquino, come il suo sguardo si illuminava quasi sopraffatto dalla bellezza e dalla profondità di quel pensiero. Fu scrittore infaticabile, decine e decine di volumi, tomi ponderosi sulla teologia e sulla filosofia e testi più accessibili su temi che erano in auge al tempo e lo sono ancora oggi: la comunione sulla mano, Chiesa e uomini di Chiesa, l’esistenza di Dio, la confessione, il purgatorio...oggi di tutta questa opera è disponibile quasi nulla. Ho ristampato io recentemente un volumetto con il titolo “Abbà. Alla scoperta del Padre”, un saggio di elevazione teologica e spirituale.
Suonai l’organo al suo funerale alla Scala Santa. Aveva espresso il desiderio che in quella occasione fosse cantata O Bella mia Speranza, la canzoncina in onore di Maria SS.ma uscita dalla penna di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Amava molto quella canzoncina.
Oggi, purtroppo, pochissimi lo ricordano eppure è stato un eroe della fede, per cui ha lottato per una vita intera. Se la sua presenza terrena per il momento sembra svanita dalla mente degli uomini, certamente non lo sarà dalla mente di Dio.
Grazie Aurelio Porfiri. Prendo atto di come P. Enrico Zoffoli sia nel ricordo di un laico e non di un passionista. Mi chiedo se noi passionisti ce ne meritiamo più di uomini come Zoffoli, giacché se vivesse oggi lo caccerebbero dal noviziato o dallo studentato e gli darebbero del "tradizionalista", "rigido", "lefebvriano" e tanto altro ancora.
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